L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-7-2022

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GIOVEDÌ 7 APRILE 2022 www.italoamericano.org 43 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | NOTIZIE SPORTIVE CALCIO MOTORI ALTRI SPORT Italia fuori dai Mondiali: non è bastata la lezione del 2018 e in totale avremo sprecato 12 anni Il ct Roberto Mancini e il portiere Gianluigi Donnarumma (Ph© Agenzia LiveMedia | Dreamstime.com) A 4 anni di distanza dalla mancata qualificazione per Russia 2018, la Nazionale italiana fallisce l'ac- cesso al Mondiale di Qatar 2022. Non era mai successo che gli Azzurri mancassero da due rasse- gne iridate consecutive. Questo vorrà dire che, per (almeno 12 anni) non giocheremo partite in un Mondiale. Danno enorme per i tifosi, ma anche per la credibi- lità del movimento calcistico. TANTE DIFFERENZE TRA I FALLIMENTI - Il risul- tato è lo stesso ottenuto dopo la fallimentare gestione del Ct Gian Piero Ventura, ma percorso e cir- costanze sono decisamente diffe- renti. L'Italia del 2018 era una squadra povera di talenti e piut- tosto vecchia e Ventura, dopo un avvio promettente, nel girone di qualificazione, inaspettatamente incappò nella disfatta in terra spagnola (Spagna-Italia 3-0). Da lì in poi virò su soluzioni tattiche poco propositive e non era riuscì a rimontare proprio la Spagna, l'avversario più pericoloso in un girone di qualificazione, quindi, piuttosto complicato. Lo stesso Ventura, dopo il Ko di Madrid, sembrò aver perso il controllo sulla squadra. La spaccatura con lo spogliatoio si consumò in modo disastroso ed evidente durante il doppio spareggio con la Svezia (avversario comunque ostico). Roberto Mancini, invece, rac- colti i cocci dopo il Mondiale saltato, ha iniziato un faticoso percorso di ricostruzione, pun- tando tutto sul gioco offensivo e il palleggio, unitamente a una grande sintonia con il gruppo dei calciatori. Via, via, poi, la stessa squadra si è andata trasformando, seguendo un tragitto, comunque piuttosto lento, di ringiovanimen- to. Il record di risultati utili con- secutivi e soprattutto la splendida vittoria di Euro 2020 (insensato parlare di "episodio fortunato": l'Italia dell'ultimo Europeo - senza potersi appoggiare a super- star - ha vinto grazie al gioco, alla coesione e ad una grande preparazione tattica) avevano dato la sensazione che la Nazionale avesse svoltato. Invece, nella seconda fase delle qualificazioni mondiali, qualcosa si è inceppato, come se ci fosse un mix di 'pancia piena' e paura a frenare i nostri calciato- ri. A riprova di questa fatica, soprattutto mentale, i singoli epi- sodi - negativi e sfortunati - che non ci hanno permesso di vincere un girone modesto, lasciando incredibilmente il primo posto alla Svizzera. Poi gli spareggi, con il falli- momenti clou, i calciatori con cui si è raggiunto qualche traguardo. È successo, nel recente passato, a Lippi, dopo Germania 2006, si è ripetuto con Mancini contro la Macedonia del Nord. Quasi che perdere con i 'pretoriani' venga concepito meno rischioso di fare altrettanto scegliendo giocatori nuovi o meno esperti. SPAREGGIO DISASTRO- SO - Al netto dei due 'funesti' rigori falliti da Jorginho, nei due scontri diretti contro la Svizzera (episodi sfortunati), essere arri- vati secondi nel girone di qualifi- cazione, dietro gli Elvetici, è inaccettabile per l'Italia, specie se campione d'Europa in carica. Ancora peggio, è quello che è accaduto a Palermo, nella semifi- nale di spareggio per l'accesso al Mondiale. Contro di noi c'era la modestissima Macedonia del Nord (priva, tra l'altro delle pro- prie stelle: Pandev - ritiratosi dalla Nazionale - ed Elmas - squalificato -). Mancini si è affi- dato al gruppo dell'Europeo (tranne gli indisponibili), rele- gando in panchina o in tribuna i calciatori più giovani (che, soprattutto in attacco, avrebbero potuto essere utili). L'Italia ha così giocato una partita piena di paure e con poca cattiveria, evidenziando i limiti caratteriali di molti giocatori, non soliti a giocare partite 'sec- che' così importanti. Verratti - non a caso abituato da anni ai palcoscenici della Champions - è stato il migliore in campo. Le altre stelle più esperte hanno, invece, deluso: troppi i fantasmi per Jorginho, troppa la fatica tat- tica per Immobile. Lo stesso Donnarumma - protagonista assoluto dell'Europeo - è incap- pato in una serata no (possibile ci sia qualche collegamento con la sua annata non propriamente brillante al PSG?). Ne è scaturita una partita dominata dagli Azzurri, ma senza la necessaria determinazione e senza la giusta lucidità. Dato indicativo: se una squa- dra modesta come la Macedonia - che ha scelto di chiudersi in difesa per 90' - ha ricevuto il primo cartellino giallo solo all'80', significa che chi ha attac- cato non l'ha certamente messa con le spalle al muro. Infatti, se si esclude qualche regalo della retroguardia avversaria (sciagu- ratamente sprecato da Berardi), l'Italia non ha creato palle gol clamorose. Al 92', poi, è arrivata la beffa tanto crudele quanto annunciata: il bel diagonale di Trajkovski che, da 30 metri, ha sorpreso Donnarumma, e ha mandato la Macedonia alla fina- le. Uno spareggio col Portogallo (poi perso 2-0), che ha fatto risprofondare l'Italia. STEFANO CARNEVALI mento al primo ostacolo: Ko interno contro la modestissima Macedonia del Nord e, nuova- mente, addio Mondiale. MEGLIO O PEGGIO? - Per quanto il doloroso risultato rac- colto, in ottica Mondiale, sia lo stesso, non si può giudicare il percorso di Mancini negativo come quello di Ventura. La vitto- ria all'Europeo e il record di risultati utili consecutivi 'garan- tiscono' per l'attuale Ct che, però, di contro, avendo a disposi- zione una squadra più forte del predecessore, ha fallito in un girone e in uno spareggio ben più facili rispetto a quelli toccati in sorte a Ventura. QUALI COLPE PER MANCINI? - Pur ribadendo come non si possa dimenticare quanto di buono fatto da Mancini, è giusto analizzare le colpe di Mancini che, in questa fase finale delle qualificazioni mondiali, certamente ci sono. Innanzitutto, va registrata una sorta di testardaggine per il 4-3-3 e per un gioco fatto di reiterato possesso palla e ripetuti passag- gi. S tratta di un sistema che, durante l'Europeo, aveva dato ottimi frutti, ma questo stile di gioco ha spesso messo in diffi- coltà i nostri calciatori offensivi e, contro le squadre più chiuse, ci ha sempre fatto oltremodo fatica- re. Mancini non ha voluto abban- donare questo canovaccio tattico nemmeno quando alcuni dei suoi interpreti più importanti si sono infortunati (Chiesa) o sono molto calati in condizione e mentalità (Insigne). Dopo l'Europeo, essendosi inceppato qualcosa a livello mentale e nella resa offensiva della Nazionale, servivano cambi radicali, per dare uno scossone. Invece il Ct - pure tradizional- mente propenso a inserire giova- ni calciatori nel gruppo azzurro - ha mancato nel cambiare piano tattico e, soprattutto, giocatori. Si è ripresentato uno dei pro- blemi 'atavici' dei Ct vincenti: quella sorta di 'debito di ricono- scenza', che rende sempre molto difficile accantonare, nei

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