L'Italo-Americano

italoamericano-digital-12-19-2013

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GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 2013 La Vignetta della Settimana Parlamento italiano ringiovanito L'Italo-Americano www.italoamericano.com 3 Le microimprese italiane formano e assumono, ma faticano a innovarsi di Renzo Badolisani Nonostante la crisi, una microimpresa su quattro ha assunto personale e una su tre ha fatto formazione. In particolare, il 18% ha assunto nuovo personale dipendente, il 7,7% ha fatto ricorso a nuovi lavoratori autonomi, tra temporanei ex-interinali, collaboratori a progetto e partita Iva, anche se va rilevato un modesto investimento in figure professionali di elevato livello. Le microimprese (un'impresa il cui organico risulta inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro), una delle caratteristiche tipiche del mercato produttivo italiano, adottano strategie quasi esclusivamente difensive ovvero volte al mantenimento della quota di mercato. Solo in alcuni casi cercano di ampliare la gamma di prodotti e servizi o di accedere a nuovi mercati. Anche l'innovazione non è il loro forte. Poco meno della metà delle microimprese reputa l'utilizzo di Internet non necessario o inutile per l'attività svolta (nel 2011 la quota delle piccole aziende che disponeva di una connessione si fermava al 77%). Circa un terzo utilizza un sito web, mentre un quarto ricorre al commercio elettronico. Appena l'11,6% è presente sulla rete at- UNDER 50 ALLA RISCOSSA Finirà che gli ottantotto anni del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, costituiranno un' eccezione. Come pure i settantasette, già compiuti, del leader di Forza Italia, Berlusconi, che pure, in virtù della decadenza sancita dal Senato, non potrebbe più varcare la soglia di Palazzo Madama. Dovunque ti giri scorgi ormai politici di grido che non hanno ancora festeggiato il mezzo secolo. Ricambio generazionale? Può essere, finalmente, aggiungiamo noi. Una scelta fatta in coerenza con quanto vagheggiano milioni di cittadini? Altrettanto vero. È un fenomeno, allora, da approfondire, soprattutto in questi giorni, a poche ore dalla fine di un anno solare italiano enormemente travagliato, sotto il profilo politico e, soprattutto, economico. C'è un Presidente del Consiglio in carica, Enrico Letta, appena quarantasettenne. C'è il nuovo segretario del Partito Democratico, Renzi, che di anni ne ha appena trentotto, a fronte, peraltro, di cariche politiche – da ex-Presidente della Provincia e da attuale sindaco di Firenze – rivestite da quasi tre lustri. C'è il nuovo leader della Lega, Salvini – colui che ha scalzato Umberto Bossi e che sogna il rilancio del movimento – che ha appena valicato la soglia dei quarant' anni. E c'è pure la nuova candidata Premier di Fratelli d'Italia – partito che sembra, per la provenienza degli iscritti, una costola della vecchia Alleanza Nazionale – Giorgia Meloni, ex-Vice Presidente della Camera, che sogna, dall'alto dei suoi trentasei anni (beata lei…), ruoli istituzionali di grande prestigio. Aggiungeteci Angelino Alfano, l'ex-delfino di Silvio Berlusconi, il leader inizialmente designato dal vecchio caimano dell'ex Popolo della Libertà che ha poi deciso di correre da solo, stanco delle lotte intestine in seno al vecchio movimento, demiurgo della nuova formazione chiamata Nuovo Centro Destra. Alfano ha appena quarantatre anni, pur essendo – da vice-Premier e Ministro degli Interni – un politico ormai navigato. È il momento della svolta, auspicabile – se volete – perché gli italiani erano oggettivamente stanchi di confrontarsi con leader imbolsiti, in trincea da vent'anni e passa. Regge Beppe Grillo, sessantacinque anni, che è eminenza grigia del Movimento Cinque Stelle senza essere deputato eletto in Parlamento. A metà strada c'è il Governatore della Puglia, Vendola, nonché leader di Sel, 55enne. È diventato un deputato del gruppo misto – dopo aver sbattuto la porta a Casini e a Scelta Civica – l'ex-Presidente del Consiglio, Monti. Parlamento ringiovanito, grazie ai nuovi innesti del Movimento Cinque Stelle e del Partito Democratico. Della svolta epocale – e della richiesta di svecchiamento della classe politica – deve essersene accorto pure Berlusconi che, nel fortino di Arcore, sottopone a test personalizzati laureati, uomini e donne, che sognano di diventare i prossimi onorevoli di Forza Italia. Addio al Parlamento sclerotizzato. La nuova politica verrà orientata, in entrambi i poli, da Under 50 orgogliosi e decisi. In Italia le microimprese costituiscono il 98% del settore produttiv o nazionale e danno lav oro, record europeo, al 46% degli occupati traverso almeno uno dei social media tra i più diffusi. È il quadro che emerge dal terzo report di approfondimento svolto dall'Istat nell'ambito del 9° Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi. I risultati del report confermano le caratteristiche del nostro sistema produttivo: struttura dimensionale fortemente frammentata e una dimensione media tra le più basse d'Europa. Però è anche vero che le micro imprese, che in Italia sono pari al 94,8% del totale e danno lavoro - un record tra i paesi Ue - al 46% degli occupati (a fronte della media Ue al 29,5%), generano il terzo fatturato più impor- tante tra i 28, pari al 25% (prima l'Estonia con il 31%). Questo approfondimento dell'Istat che focalizza l'attenzione sulle imprese con 3-9 addetti (circa 837 mila, pari al 19% di tutte le imprese dell'industria dei servizi, e occupano oltre il 23% degli addetti (3,8 milioni), mostrano le piccole attività particolarmente presenti nel settore dei servizi (circa il 70%), ma anche nelle attività immobiliari e professionali. Inoltre si rivolgono a un mercato più regionale (63,3% rispetto al 36% delle unità di maggiori dimensioni) e sono a gestione prevalentemente familiare (84,3% rispetto a circa il 70%). Con la crisi cambia la mappa territoriale del sistema produttivo italiano La provincia autonoma di Bolzano presenta il rapporto più elevato tra addetti e residenti (con 47 addetti per 100 abitanti). Seguono la Valle d'Aosta (44), la provincia autonoma di Trento (43), la Lombardia e l'Emilia Romagna (entrambe con 41 addetti per 100 abitanti). Le restanti regioni del Nord e del Centro registrano valori superiori alla media nazionale (pari a 33,6 addetti per 100 abitanti), quelle del Sud si attestano su valori inferiori. Il processo di riduzione della base produttiva industriale, manifestatosi nell'ultimo decennio si riscontra, in Lombardia (-217.700 addetti impiegati nelle unità locali industriali), Veneto (-121.320) e Piemonte (-113.462). In termini relativi, anche la Valle d'Aosta (25,7%), il Molise (-22,6%) e la Basilicata (-20,2%) presentano un calo molto superiore alla media nazionale (-13,7%). Con la crisi è cioè cambiata la mappa territoriale del sistema produttivo nazionale. Anche da un punto di vista occupazionale se da una parte diminuiscono i dipendenti nell'istruzione, nella sanità e assistenza sociale pubblica, dall'altra aumenta il numero degli addetti nel non profit e nelle imprese. Gli operai sono presenti soprattutto nel Sud e Isole, nel Nordovest più quadri (5%) e dirigenti (1,6%).

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