L'Italo-Americano

italoamericano-digital-2-22-2018

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NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 22 FEBBRAIO 2018 www.italoamericano.org 3 L'Italo-Americano IN ITALIANO | N on è una gara ma una staffetta. Le città d'Italia si pas- sano ogni giorno dell'anno un testi- mone importante: raccontare al mondo, e ancora prima agli ita- liani che troppo spesso danno per scontato l'immenso patrimonio su cui continuamente poggiano occhi e piedi, l'enorme scrigno di bellezza, arte e storia di cui da millenni è intrisa la penisola. Perchè per amare un luogo bisogna non solo proteggerlo e valorizzarlo, ma innanzitutto conoscerlo e farlo conoscere. Solo mostrandone il valore, esprimendone i talenti e illumi- nandone la preziosa unicità, si capisce quanto vale e perchè è necessario conservare e traman- dare il complesso Dna che abbia- mo ricevuto in generosa dote. Solo nel momento in cui si diventa consapevoli delle proprie potenzialità, si impara realmente a metterle a frutto. Difficilmente un atleta salterà abbastanza a lungo da battere i record altrui se prima non avrà segnato i propri traguardi, se non avrà capito su quali muscoli fare leva, come correre e quali sono i suoi limiti da superare. Allo stesso modo, le città ita- liane sono chiamate a esibire le proprie bellezze fino a trasfor- marle in volani di sviluppo. Da qualche anno, questo avviene attraverso una cabina di regia nazionale e con la designazione di una Capitale italiana della Cul- tura. Lo Stato mette in palio un milione di euro per stimolare le amministrazioni locali a perse- guire un modello di sviluppo sostenibile che veda la cultura al centro della crescita sociale, eco- nomica e civile del territorio. Edizione dopo edizione, la Capitale italiana della Cultura designata ha dimostrato di sapere dare vita allo sviluppo armonioso di una realtà urbana puntando sul patrimonio storico, artistico e architettonico, sulle esperienze associative, sulla capacità di unire energie pubbliche e private, sul coinvolgimento dell'intera cittadinanza fino a trasformare i suoi punti di forza in attrattori turistico-culturali al servizio di residenti e visitatori. Perchè se si ha un bel monu- mento ma questo è inaccessibile, è come se non esistesse un castel- lo, è come se un arco di trionfo fosse invisibile, è come se nessu- no sapesse che la Torre di Pisa pende. Quando Matera è stata uffi- cialmente designata Capitale europea della Cultura per il 2019, battendo altre cinque città italia- ne, ovvero Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena, si decise che anche l'Italia, come l'Europa (che ha inventato la Capitale europea della Cultura nel 1985 per promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico e culturale dei Paesi membri del- l'Ue), doveva avere ogni anno la sua stella splendente. Così, prima di Matera 2019, prima città del Sud ad essere nominata patrimonio dell'uma- nità, sono state capitali culturali Mantova in Lombardia e Pistoia in Toscana. Palermo, in Sicilia, ha da poco iniziato l'incarico annuale che nel 2018 le regalerà un palcoscenico privilegiato per mettersi in mostra, per spiccare un salto sopra tutte le altre mera- vigliose città italiane e farsi vanto dei propri tesori di famiglia. Dopo Matera invece, toccherà a Parma in Emilia-Romagna. Ma cosa significa essere capi- tale per un anno? Non semplice- mente guadagnare un milione di euro che è poca cosa una volta tradotto in progetti che ne richie- derebbero parecchi di più. Vuol dire che Comuni grandi e piccoli di tutt'Italia decidono di investire sulla cultura come cardine del proprio sviluppo. Se ci si pensa bene questa è già una piccola, grande rivoluzione culturale. E' l'affermazione di un cambiamen- to, la scelta di avere una prospet- tiva più ampia, un orizzonte dif- ferente, un respiro più profondo. Non solo perchè produrre cul- tura è un'attività economica di frontiera: nell'epoca della società della conoscenza e dei mercati globali è un'attività complessa, che si deve continuamente adat- tare a beni e servizi molto diversi per contenuti, per tecnologie, per fruitori eterogenei. Ma perché si investe su se stessi e sui propri valori. Inoltre significa affermare che l'intero arco dei beni culturali, dello spettacolo e delle industrie della cultura è legato alla dimen- sione economica. E questo non Cosa sarebbe l'Italia se non avesse la sua meravigliosa cultura? vuole solo dire che la cultura genera economia, è un motore di sviluppo e crea posti di lavoro e sviluppo locale. Ma vuol dire anche che la cultura è un investi- mento sociale, un capitale rige- nerante che arricchiste le comu- nità. In altre parole significa rico- noscere (e non sembri così scon- tato) che la cultura non solo dà da mangiare ma è cibo per la mente, è crescita di potenzialità. Cioè non solo il denaro non rappresenta uno svilimento della cultura ma se è un macrosettore che vale, solo nel nostro Paese, quasi il 10% del prodotto interno lordo e impiega direttamente quasi due milioni di persone, è evidente che non può nè deve essere trascurato. Però vale anche un'ultima considerazione: premesso che la conoscenza è assolutamente per- vasiva di ogni attività umana e fa parte del nostro welfare, provate a pensare all'Italia senza cultura. Cosa ne resterebbe? Quanta della sua splendida identità si perde- rebbe? Insomma, potremmo mai fare a meno della bellezza cultu- rale dell'Italia?

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