L'Italo-Americano

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NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 12 LUGLIO 2018 www.italoamericano.org 3 L'Italo-Americano IN ITALIANO | L 'Italia e gli italiani non sarebbero gli stessi senza le campane. A cominciare dal nome, legato alla regione dove si dice siano nate ufficial- mente nell'alto Medio Evo quan- do il vescovo di Nola, San Paoli- no (409 – 431), avrebbe sostenuto la produzione dei "vasa campa- na", i vasi della Campania. La qualità del bronzo campano era già nota in epoca romana. Plinio il vecchio (23 – 79 d.C.) lo esalta- va, anche perchè particolarmente sonoro. A proposito di suoni va detto che ci sono stili territoriali per suonare le campane: a Nord c'è "l'ambrosiano" in cui i rintocchi si alternano rimanendo rigorosa- mente distinti l'uno dall'altro senza mai sovrapporsi. Poi c'è il "sistema bolognese" caratterizza- to da un'oscillazione veloce che produce rapide sequenze di tocchi alternati. Al Centro c'è il "siste- ma umbro": il suono si ottiene facendo raggiungere alla campa- na più grande la posizione a bic- chiere mentre le altre vengono suonate a carillon. Al Sud si usa lo stile ''a slancio'': il battacchio viene lanciato in velocità fino a colpire la campana, nel punto più alto dell'oscillazione. E se le campane si trovano ovunque, si potrebbero organiz- zare persino tour a tema: Roma è la città con il maggior numero di campane, la Basilica di Loreto ne ha 9, la cattedrale di Parma ne ha 6 (le prime del 1558) ciascuna con il suo nome, il Duomo di Milano ha la più pesante: 150 quintali. Seguono il Campanone di San Pietro (è del 1786 e pesa 140 quintali), la campana del Campidoglio (87 quintali del 1803), quella di Palazzo Vecchio a Firenze (85 quintali). E se la storia parte da Nola e tra le più antiche campane in bronzo c'è quella ritrovata a Canino, presso a Viterbo, ornata di due croci in rilievo e un'iscri- zione del VII secolo, è nel Frusi- nate che nasce la tradizione di una antichissima famiglia molisa- na. Con i primi rintocchi firmati nel 1339 da Nicodemo "Campa- narus" Marinelli, si avvia una dinastia di fonditori a cui si lega una tecnica di produzione rimasta intatta nei secoli per arrivarci così come era nel Medioevo e sfidare "il mondo che va a cento all'ora" per restare fedele a una tradizione manuale e resistere a ogni inno- vazione tecnologica. Seguendo il lavoro di questa famiglia si fa un altro lunghissi- mo viaggio per l'Italia: dalla Torre di Pisa alla Basilica di San Pietro, da San Giovanni Rotondo al Santuario di Pompei alla catte- drale di Montecassino. Il viaggio prosegue nel mondo. Sono stati fusi ad Agnone esemplari dal suono puro e dai decori raffinati che oggi si trovano a Capo Nord e Gerusalemme, a Hiroshima e Buenos Aires, passando per gli Stati Uniti dove si possono senti- re suonare a New York, Atlanta, Indianapolis, Denver in Colorado o Botega Bay in California. Tornando ad Agnone, nel museo attiguo alla Fonderia Marinelli, è esposta la più vasta collezione al mondo di bronzi sacri tra cui la preziosissima "campana dell'anno mille", raro esemplare di campana gotica che la tradizione vuole sia stata fusa 1000 anni fa ad Agnone dove l'arte metallurgica è stata portata nel XI secolo dai mercanti vene- ziani e i numerosi monasteri della zona hanno contribuito alla proliferazione delle fonderie che divengono stabili solo nel 1500. Prima, i fonditori itineranti alle- stivano i cantieri direttamente ai piedi di chiese e campanili in costruzione. Seguire la storia della fami- glia Marinelli è un modo per rac- contare un'Italia sospesa tra pas- sato e presente, innovazione e tradizione, arte e spiritualità, tec- nica e artigianalità. Quello delle campane è poi un Made in Italy assolutamente unico nel suo genere, un artigia- nato millenario di enorme diffi- coltà che usa ancora la tecnica scultorea della cera persa, con il bronzo fuso che viene colato dentro un forellino in uno stampo sepolto sottoterra. E se la Fonderia Marinelli è la reale espressione di come un'arte antichissima possa mantenersi intatta nel tempo, c'è anche un Paese che si può raccontare attra- verso mestieri e professioni in parte dimenticati, che impallidi- Made in Italy unico dove non contano progresso o tecnologie rebbero di fronte alle tecnologie contemporanee, se non fosse per la profonda maestria che hanno alle spalle. Attraverso saperi e arti che riportano indietro nel tempo, ma recuperano la forza, la bellezza e l'importanza delle tra- dizioni locali, è possibile rendersi conto di come l'Italia non possa fare a meno di tutto quel bagaglio storico, culturale, artigianale, che c'è dentro un oggetto estrema- mente comune e familiare. Sapere che ci sono stili per far suonare le campane, che per secoli si è tramandato il mestiere del fonditore come quello del campanaro, che da Nord a Sud non c'è chiesa o palazzo che non abbia la sua campana, che gene- razioni di artisti si sono passati manualità e esperienza, è ricono- scere che senza storia non si va da nessuna parte. Per l'Italia e gli italiani è oggettivamente fonda- mentale conservare il passato. E, come davanti a un'opera d'arte, non si può che pensare che la perfezione può legittimamente appartenere al passato e non c'è progresso o tecnologia che possa migliorare alcunché.

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