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23 GIOVEDÌ 6 SETTEMBRE 2018 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | " Questa mostra nasce dal desiderio e dalla neces- sità di raccontare le pro- fessioni dell'arte e della creatività, che sono al centro dell'offerta formativa del- l'Istituto Europe di Design". Così Igor Zanti, critico e curato- re d'arte indipendente, dal 2013 direttore di IED, l'Istituto Euro- pe di Design a Venezia, descrive l'esposizione Not an Artist – Toyboyz Edition arrivata all'Isti- tuto di Cultura di Los Angeles dove resterà aperta al pubblico fino al 2 novembre. NOT AN ARTIST è un pro- getto di ricerca internazionale condotto dallo IED con il coin- volgimento di curatori, artisti, designer e istituzioni culturali nell'ambito di eventi internazio- nali come la Biennale di Istanbul e di Venezia nel 2017. La mostra indaga il fenomeno artistico del Toy Design come simbolo dell'ibridazione tra diverse disci- pline, e nello specifico attraverso il lavoro di quattro artisti: Fidia Falaschetti, Joe Ledbetter/ J.Led, Massimo Giacon, Simo- ne Legno/tokidoki. "Abbiamo individuato delle personalità dif- ferenti, ma legate da un comune denominatore rappresentato da u n d ialo g o f o r te e, talv o lta, esclusivo con la cultura toy." sottolinea Zanti, curatore della mostra insieme a Jacopo Manga- niello, marketing manager dello IED. Gli artisti scelti per la mostra sono Massimo Giacon, docente del corso di illustrazione dello IED a Milano da più di vent'an- ni. Giacon proviene dal mondo del fumetto e dell'illustrazione ma affronta la sfida del product strizzando l'occhio alla toy cul- ture, avvicinandosi al mondo della scultura proprio con questo spirito. Fidia Faleschetti è un artista diverso, che partendo da istanze New Pop, sembra inte- grare la cultura toy nella sua ricerca scultorea, creando quelli ch e p o tr emmo d ef in ir e d ei megatoy. Più legati alla toy cul- ture sono Simone Legno, Toki- doki, ex studente dello IED di Roma, e J Led. Se Tokidoki sembra essere un allievo del maestro Murakami e declina la sua estetica toy in un mondo complesso fatto di pro- getti di comunicazione, immagi- ni coordinate, capsule collection, interventi di product design, catene di hotel e quant'altro, dal- l'altro lato JLEd con i suoi coni- gli, è la personalità che in manie- ra più tradizionale incarna la ricerca toy contemporanea. "Gli artisti selezionati per la mostra, in una visione forse un po' superata, non vengono consi- derati artisti tradizionali e il limi- te, inteso come confine tra la dimensione artistica classica ed una creatività più moderna, o forse sarebbe più corretto chia- marla postmoderna, è veramente s o ttile. " C i d ice Manganiello. "IED è una realtà viva, culturalmente all'avan- guardia. Dare voce a questi tipi di produzione artistica e eviden- ziarne le potenzialità estetiche e culturali è per noi non solo una scelta, ma anche un dovere." Non c'è una data precisa che segni la nascita della toy culture, sebbene si possa porre le sue ori- gini agli inizi degli anni '90 nell'area di Hong Kong. "Ed è proprio nell'ex enclave britanni- co, ideale ponte culturale tra Oriente ed Occidente, che pare p ar tir e l' o n d a lu n g a, la n ew wave della toy culture e di quelli che vengono definiti i toys desi- gner" specifica Zanti, che abbia- mo la possibilità di intervistare. Cosa ha ispirato la toy cul- ture? Questo tipo di produzione, che si pone a metà strada tra scultura, product design e mer- chandising, si nutre e cresce su differenti sedimenti: da una parte l'influenza della street art e della cultura visiva della West Coast americana che, proprio in quel tratto che congiunge Los Ange- les a San Francisco ha avuto, a partire dagli anni '70, una felice e prolifica stagione; dall'altra, invece, un rapporto molto forte con l'universo manga, con l'e- sperienza degli Otaku – giovani ossessivamente appassionati di manga, anime e tecnologia – e con le sottoculture di origine orientale che si sono sviluppate tra Giappone e Corea che hanno portato all'affermazione di artisti e correnti artistiche di calibro internazionale come Takashi Murakami e la Kai kai Kiki, Y o s h ito mo N ar a, M R o , in maniera non diretta, la Kusama, tanto per citarne alcuni. In che ambito si può inseri- re la toy culture? Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di profonda ibridazione culturale, d o v e e l e m e n t i d i q u e l l a c h e potrebbe essere definita la cultu- ra alta si fondono con istanze più tradizionalmente legate a quelle che vengono, in maniera ingene- rosa, definite sottoculture. Il toy stesso, come oggetto che assume una dimensione di collezionismo e, di conseguenza, di feticcio, semanticamente sembra fondere al suo interno diverse ispirazioni o, meglio, diverse origini: sia gli urban vinyl, i resin toys che i designer plush hanno, infatti, una origine comune con la pro- duzione di giocattoli e bambole per l'infanzia ma si ibridano in maniera evidente con il product design, il graphic design e il fashion design. Come è nato il desiderio e l'idea di sviluppare la mostra NOT AN ARTIST? Si è cercato di evidenziare gli elementi di ibridazione culturale ed estetica tra i linguaggi della creatività che, in una visione più tradizionale, non vengono repu- tati squisitamente artistici. Cosa c'è di peculiare dal vostro punto di vista nella toy culture e nell'oggetto toy? Come tutti i fenomeni legati alla creatività anche la nascita della toy culture è difficile da definire in maniera precisa e puntuale. Sicuramente la toy cul- ture risente in maniera fortissima d e l l ' i n f l u e n z a d e l l a c u l t u r a orientale, ma si ibrida fin da subito con esperienze che pro- vengono da quella macro area che è la cultura della street art del lowbrow, dell'illustrazione e della grafica. La mostra metterà in luce anche i modelli di business e le connessioni con le aziende di design come ALESSI, IKEA, KARTELL e le relazioni tra I t a l i a e S t a t i U n i t i . I n c h e modo? Il toy in moltissimi casi tra- scende la produzione più tradi- zionale e artigianale, per essere oggetto di una produzione di massa che ne permetta una diffu- sione su larga scala. In questo senso è fondamentale il ruolo che ricoprono le aziende proprio perché permettono a questo tipo di produzione artistica di avere il massimo della diffusione. Sotto un altro aspetto è interessante notare come colossi quali Ikea, Kartell e Alessi si siano resi conto di come la ricerca estetica nell'ambito della toy culture sia interessante per pubblici che non sono specificatamente interessati al mondo dell'arte contempora- nea. È, sotto certi aspetti, un modo per poter avvicinare anche n u o v i c o n s u m a t o r i a q u e s t a dimensione, specialmente con riferimento a target più giovani. Qual è la visione degli ame- ricani rispetto a questa forma di design italiano? Credo che questo modo di fare arte e design degli italiani sia in buona parte un po' inaspet- tato. Per quanto ci venga ricono- sciuta in maniera forte una pro- pensione alla creatività, l'Italia e la cultura italiana sono viste più legate ad una dimensione classi- ca anche all'ambito contempora- neo. Q u a l è l ' o b i e t t i v o c h e s i pone questa mostra, in partico- lare con l'esposizione di Los Angeles? Trovo interessante mostrare al pubblico americano come anche in Italia ci sia una ricerca artisti- ca aggiornata alle influenze cul- turali provenienti da altri Paesi che si fonde in maniera felice con la dimensione del Made in Italy e di tutto quello che rappre- senta e proprio in questo senso è importante che la mostra sia ospitata dall'Istituto Italiano di Cultura. Arriva a L.A. la mostra Not an Artist – Toyboyz Edition La mostra è incentrata sul lavoro di artisti quali Massimo Giacon, Fidia Falaschetti e J.Led LA COMUNITÀ DI LOS ANGELES