L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-4-2018

Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel

Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/1036085

Contents of this Issue

Navigation

Page 20 of 47

GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2018 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | 21 T rovare storie scritte da italiani e scovare talentuosi registi nel Belpaese per aiutarli a farsi strada tra le pro- duzioni cinematografiche e tele- visive americane. Di questo si occupa Isabella Mastrodicasa, giovane italiana che quattro anni fa ha lasciato Viterbo per trasfe- rirsi a Los Angeles, dove lavora come manager letterario e produt- trice. Considerando la grande aper- tura dimostrata negli ultimi anni da Hollywood verso i talenti stra- nieri, da Sorrentino a Del Toro, da Iñárritu a Sollima, la giovane viterbese ha scelto una carriera in espansione e sotto certi aspetti ancora inesplorata. "Il manager è come l'autista di un Uber, il regista e lo sceneggia- tore sono i passeggeri. Loro dico- no dove vogliono andare, io sono la persona che deve capire quale è il tragitto migliore per arrivare a destinazione nella maniera più efficace ed efficiente" mi spiega Isabella, idee chiare e tanta grin- ta. Un lavoro complesso che richiede la comprensione di quel- lo che i talenti italiani hanno da offrire all'industria hollywoodia- na e che da qualche anno Isabella svolge a tempo pieno per Heroes and Villains Entertainment, un'importante società di manage- ment e produzione che si occupa di cinema, tv, videogame, fumetti e new media. Isabella, come si definisce la sua figura professionale? Sono sia manager letterario che produttrice. Il manager lette- rario lavora esclusivamente nel contesto che riguarda la scrittura, a contatto con registi e sceneggia- tori. La scrittura è la fase primor- diale di un progetto, è quando nasce un'idea. Sono anche pro- duttrice perché in molti casi que- sti due ruoli si affiancano nel corso dei progetti, spesso infatti c'è un grande lavoro di sviluppo delle storie insieme, e il manager viene coinvolto molto anche nella fase di sviluppo. Per che società lavora a Los Angeles? Lavoro per una società di management e produzione chia- mata Heroes and Villains Enter- tainment. Ci occupiamo di trovare progetti da produrre (sia film che serie tv), ma soprattutto di guida- re le carriere di registi e scrittori pieni di talento, e di portarle al massimo livello possibile. Tra i nostri clienti ci sono scrittori paz- zeschi che lavorano sulle maggio- ri serie del momento, da A Hand- maid's Tale a 13 Reason Why, Jessica Jones, Cloak and Dagger, The Expanse, Dear White People, ma anche scrittori di progetti per Fox, Universal, Paramount, War- ner Brothers, Netflix e Amazon. Di cosa si occupa esattamen- te? Oltre a supportare il lavoro dei miei colleghi, mi focalizzo sul mercato europeo e sui talenti ita- liani, ho infatti iniziato a collabo- rare con Nicola Guaglianone e Menotti, a mio avviso, due dei più importanti sceneggiatori del cinema italiano. Che differenza c'è tra un manager e un agente? Il manager subentra molto prima dell'agente, è colui che trova il diamante grezzo e cerca di definirlo, di migliorarlo. L'a- gente subentra quando c'è già il prodotto da vendere. Il manager è quello con il quale lo scrittore o il regista si fanno vedere senza truc- co, quello con cui lavano i panni sporchi. Come funziona il processo lavorativo che segue? Quando una persona ha un'i- dea, ci manda una sceneggiatura e noi ci lavoriamo sopra. Dopo di che, quando è perfezionata, subentra l'agente che aiuta a cer- care di vendere il progetto ai network. Gran parte del mio lavo- ro sta anche nel trovare nuovi clienti, quindi vado sempre a festival, cerco costantemente materiale nuovo. Nel mio caso il focus è verso talenti europei e ita- liani. Il tipo di scrittura che arriva dall'Europa è diversa e lontana dai grandi film d'azione o di fan- tascienza. Si basa su una struttura semplice, ma dal forte impatto emotivo. Di che altre cose si occupa? Di I.P., ovvero di proprietà intellettuali: libri o articoli di giornale per i quali i diritti sono disponibili e potenzialmente svi- luppabili in serie tv. C'è molto interesse per storie o casi italiani o europei. Mi piacerebbe che sto- rie italiane che non sono cono- sciute venissero proposte qui tra- mite i clienti dell'agenzia per cui lavoro. Può farci un esempio? Al momento sto lavorando a una serie, di cui non posso rivela- re troppi dettagli, ambientata in Toscana, ma che coinvolge il Vaticano, il Giappone, la Spagna, i servizi segreti. Che tipo di contenuti deve avere una sceneggiatura per piacere in America? Il mercato è saturo di contenu- ti quindi quello che interessa in America è trovare storie nuove, diverse da quelle fatte qui finora, che abbiamo però un fascino internazionale. In Usa piacciono e cercano molto storie di intrighi internazionale, game-ship come dicono qui, con equilibri socio- politici, film con ruoli femminili molto forti e d'ispirazione. Ora c'è molta attenzione sulle diver- sità sia di sesso che di razza. C'è una grande necessità di contenuti diversi ma al tempo stesso non troppo incentrati sull'italianità. E qui entra in gioco il suo ruolo. Che consigli darebbe? Gli sceneggiatori emergenti devono assolutamente parlare e scrivere in inglese. Bisogna esse- re in grado di proporre le proprie idee in maniera sciolta, l'obiettivo è vendere e bisogna padroneggia- re la lingua. Quando si arriva qui, anche con un successo alle spalle in Italia, non si è nessuno. Biso- gna inoltre avere l'apertura men- tale di assorbire ogni singola cosa che si ha intorno, accettare qual- siasi meeting, ascoltare tutti i consigli e anche le critiche. In questo caso, ad esempio, spesso si prendono le critiche in maniera negativa, mentre in America sono qualcosa di costruttivo, vengono fatte con maggiore rispetto. Da tutto bisogna trarre un insegna- mento, con molta umiltà. Le è mai capitata una criti- ca? Sì, per esempio durante le pre- sentazioni delle sceneggiature. Si hanno a disposizione solo 60 secondi e bisogna catturare l'at- tenzione immediatamente. Mi è capitato, a volte, di essere inter- rotta, criticata per l'accento. Biso- gna imparare a farsele scivolare addosso, a non prenderle sul per- sonale e ad assorbirle dal punto di vista professionale. Quali sono alcune delle più grandi soddisfazioni che è riu- scita ad ottenere? Il mio primo lavoro. Ero in una grossa società ed ero l'unica per- sona non americana. Ho faticato così tanto per capire i loro mecca- nismi, per adeguarmi e per farmi prendere seriamente, e quando mi è stato offerto un lavoro che tante altre persone volevano, ho sentito di aver vinto una delle battaglie più toste della mia vita. Il secondo momento magico è stato quando, dopo un pranzo con il produttore Frank Marshall, lui mi offrì di andare a lavorare per la società che ha creato insieme a Kathleen Kennedy decenni fa e con cui ha prodotto i film che hanno accom- pagnato la crescita di ognuno di noi. Grazie a quell'esperienza ho potuto lavorare alla produzione del pluripremiato d o c u m e n t a r i o  F i n d i n g Oscar, sulla guerra civile in Gua- temala. Vedere il mio nome accanto a quello di Steven Spiel- berg, co-produttore insieme a Marshall, è stato impagabile. È quindi possibile essere ita- liani e avere successo nel cine- ma Usa? Sì. Ma non bisogna avere la presunzione che, avendo già fatto qualcosa in Italia, qui non si debba ripartire da zero. Secondo me è possibile ma ci vuole una grande dose di adattabilità, servo- no molta intelligenza e pazienza. Ci sono molti talenti in Italia, siamo molto passionali e viviamo d'ispirazione, ma nel venderci abbiamo bisogno di migliorare le capacità imprenditoriali. Alla ricerca di talenti italiani per il cinema USA Isabella Matrodicasa ha lasciato Viterbo 4 anni fa per trasferirsi a LA dove lavora come manager letterario e produttrice Isabella con il regista Jon Amiel LA COMUNITÀ DI LOS ANGELES

Articles in this issue

Links on this page

Archives of this issue

view archives of L'Italo-Americano - italoamericano-digital-10-4-2018