L'Italo-Americano

italoamericano-digital-11-1-2018

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GIOVEDÌ 1 NOVEMBRE 2018 www.italoamericano.org 5 L'Italo-Americano IN ITALIANO | I l faro, un luogo misterioso e poetico, amato dagli arti- sti e dagli scrittori: Virgi- nia Woolf vi ambientò uno dei suoi romanzi più famo- s i , G i t a a l F a r o , e i l g r a n d e James Joyce visse e scrisse per giorni e notti nella maestosa Martello Tower di Sandycove, che un faro a dire il vero non è, ma che del faro aveva l'impor- tanza marinara, l'imponenza e il fascino. La scena iniziale del suo capolavoro, Ulisse, è ambientata proprio qui. Che dire poi del bel- lissimo dipinto di Edward Hop- per raffigurante il meraviglioso f a r o d i C a p e E l i z a b e t h , i n Maine, un luogo dove la gran- diosità dell'oceano incontra il cielo e fa pensare veramente alla poesia del creato. Pensare al faro, vuol dire pen- sare anche a chi per secoli e secoli se n'è sempre preso cura, al suo guardiano, perché come poetica è l'immagine che abbia- mo di queste torri dolci e protet- trici, unica è anche quella dei loro uomini e del loro vivere in simbiosi con il mare e con la terra, custodi gelosi di messaggi profondi che solo la solitudine bella della vita umana riesce a far emergere. E forse è anche per questo fascino un poco malinconico, ma tanto allettante nella vita rapida e senza significato di oggi, che il faro ed i suoi guardiani rimango- no un po' simbolo romantico, un po' materia per le lettere e per l'arte. Ma non bisogna farsi trarre in inganno: per secoli, i fari sono stati strumenti essen- ziali per la navigazione, solidi e r a s s i c u r a n t i , i n d i c a n t i l a v i a v e r s o l a s a l v e z z a q u a n d o l e acque erano in burrasca, prean- nuncio della terra ferma, di casa, dopo lunghi viaggi in alto mare. Hanno contribuito allo sviluppo del commercio e del trasporto v i a m a r e i n o g n i a n g o l o d e l globo, ragion per cui la loro pre- senza è familiare agli Italiani come agli Americani, ai Sudafri- c a n i c o m e a i G i a p p o n e s i : a m o d o l o r o , h a n n o u n i t o i l m o n d o , s e c o l o d o p o s e c o l o , sotto la stessa luce protettrice. E a guida di questi edifici m i t i c i , i g u a r d i a n i d e l f a r o : uomini sapienti, di mare, che s'immagina forti, con gli occhi pieni di storie e profondi come l'oceano. Uomini che salvano, uomini che mantengono viva la luce che protegge le onde e tutti quelli che vi si avventurano. Uomini che vivono in solitudine, spesso. Uomini che imparano a fare della solitudine una ricchez- za. Ma il mondo di oggi corre rapido, troppo rapido. Il mondo di oggi conosce l'universo, ma dimentica l'animo umano e così il faro con il suo custode, una volta essenziali nella vita mari- nara, sono stati in gran parte sostituiti dalla tecnologia GPS, che aiuta le navi a trovare la giu- sta direzione, e da sistemi di controllo luci ed elettricità che, a l l ' i n t e r n o d e l f a r o s t e s s o , vogliono sostituire la mano e la mente dell'uomo. Nel mondo, i guardiani sono rimasti in pochi: la Gran Bretagna e gli US hanno mandato a casa gli ultimi nel 1998; pure l'Irlanda, la Finlan- dia, l'Islanda, il Giappone, l'Au- stralia e la Nuova Zelanda non hanno da tempo più bisogno di guardiani. E anche dove ancora c e n e s o n o , s o n o r i m a s t i i n pochi: uno in Sudafrica, tre in Francia, qualcuno in India e meno di 50 in Canada. Come riportato in un recente articolo della BBC Travel, è pro- babile che non siano rimasti più d i 2 0 0 g u a r d i a n i d i f a r o n e l mondo, ed è un peccato. Un pec- cato perché questo è un lavoro che vuole conoscenza e abilità, mani forti e intelligenza, che spesso è reso difficile dalle con- dizioni di vita e dalla lontananza da centri urbani pieni di como- dità, ma che in cambio ha sem- pre dato tanto. Bellezza e tempo, tanto per cominciare; poi l'odore del mare e l'immenso, incompa- rabile dono di lasciare spazio per ascoltare i propri pensieri. É anche per questo che tanti custo- di fanno fatica ad abbandonare, e si sentono stringere il cuore all'idea. E proprio a questo proposito, qui in Italia, c'è una storia parti- colare da raccontare. Quella del Faro di Punta Carena a Capri e del suo ultimo guardiano, Carlo D' Oriano, uomo di mare che tanto ha vissuto e visto, le cui parole sono poesia anche quando descrivono il lavoro giornaliero necessario per mantenere attiva la sua splendida casa, un faro che è secondo in Italia solo alla famigerata Lanterna di Genova. É con immenso amore che Carlo parla del suo faro e del suo lavo- ro, e della persona che gli ultimi 13 anni a Punta Carena lo hanno fatto diventare: un uomo che pare un libro meraviglioso ad ascoltarlo, perché tante sono le cose che sa, che sente e che ha imparato in questi anni. É da lui che voi lettori de L'Italo Americano imparerete "Affermo in ogni intervista avuta con giornalisti e TV, che mai e poi mai la macchina potrà sostituire l'uomo," dice D'Oriano © Enrico Desiderio - Capri review Il Faro di Punta Carena, sullo sfondo, è stato casa e luogo di lavoro di Carlo D'Oriano per più di un decennio © Enrico Desiderio - Capri review Punta Carena: la luce guida del mare, il suo guardiano e la poesia di una professione che non c'è più NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ Continua a pagina 7

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