L'Italo-Americano

italoamericano-digital-11-15-2018

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GIOVEDÌ 15 NOVEMBRE 2018 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | 21 SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI TERRITORIO TRADIZIONI " Il bello è buono, diceva Gualtiero Marchesi, ed è proprio il Marchesi arti- sta, innovatore, sognatore e rivoluzionario che ho voluto emergesse in questo docu- mentario. Lo ritengo l'eroe romantico della cucina italiana". È Il regista Maurizio Gigola, italiano che però risiede da quat- tro anni a San Francisco, ad aver firmato "Gualtiero Marchesi - The Great Italian", bio-pic che ripercorre le tappe dell'arte culi- naria dello chef italiano più cele- bre al mondo andando oltre gli elementi puramente legati alla cucina ed esplorando la ricerca creativa e la filosofia d'avanguar- dia dietro a ogni suo piatto. Il documentario è raccontato in prima persona dal grande mae- stro milanese e dagli chef che hanno incrociato la sua strada: i francesi Pierre e Michel Troi- sgros, Alain Ducasse, Marc Hae- berlin e Yannick Alléno, ma anche dagli italiani che hanno lavorato con lui, o che da lui sono stati formati, come Davide Olda- ni, Andrea Berton e Carlo Crac- co, oltre a personaggi storici della ristorazione italiana, da Giorgio Pinchiorri ad Arrigo Cipriani, da Antonio Santini a Carlo Petrini. Il film è anche un viaggio tra le città care al maestro, dalla sua Milano a Venezia, da Trieste a Firenze, e, ovviamente, tra i suoi piatti più celebri: il raviolo aper- to, il dripping di pesce, la seppia in nero e il famoso riso, oro e zaf- ferano. Dopo la presentazione all'ulti- mo Festival di Cannes e la distri- buzione in 80 sale cinematografi- che in Italia, il documentario è approdato all'American Film Market. Maurizio, ci parli del pro- getto? In tutto ci sono voluti tre anni. Sono un grande appassionato di cucina e in circa un anno ho scrit- to il trattamento e la sceneggiatu- ra, poi mi sono confrontato con i quattro sponsor: Andrea Illy di Illy Caffè, Matteo Lunelli di Can- tine Ferrari, Parmigiano Reggia- no e S. Pellegrino Waters. E infi- ne per due anni le riprese si sono svolte tra Italia, Francia e Giap- pone. Come è stato trascorrere del tempo con Marchesi? Abbiamo passato molto tempo insieme, siamo entrati in simbio- si. È stato un viaggio in cui ho scoperto tante cose. Nella secon- da fase delle riprese lui ha inizia- to ad avere dei problemi di salute. Nonostante questo è stato diver- tente avere a che fare con la sua energia. Era una persona partico- lare. Cosa l'ha colpita di lui? Non mi aspettavo la sua sem- plicità. Me lo aspettavo più snob, altezzoso, invece era una persona molto semplice e sofisticata nel suo modo di pensare e nel suo approccio all'arte e alla cucina, ma allo stesso tempo era di una semplicità illuminante. Il documentario parte dai suoi inizi? Sì, parte da lontano, dagli anni '30, quelli dell'Albergo Mercato di Milano dei suoi genitori, ma non è una cronistoria della sua vita. Oltre ai suoi inizi parliamo della Francia, che è stata un'e- sperienza determinante della sua crescita come cuoco e artista. Infine il ritorno in Italia e poi la sua tappa in Giappone. Ci sono stati momenti di emozione per lui durante le riprese? La moglie è mancata nel corso del film, era malata da molto ed era legato moltissimo a lei, era stata una forte forma di ispirazio- ne per lui. Ed è stato molto emo- zionante per lui quando ha incon- trato i vecchi amici: Giorgio Pinchiorri,  Pierre e Michel Troisgros. Era visibilmente commosso. Come è stato l'incontro con gli altri chef? A Parigi abbiamo incontrato Yannick Alléno in un modo divertente. Dopo un'intera gior- nata di riprese eravamo tutti distrutti mentre Gualtiero voleva andare a ballare con la mia gio- vane assistente. Mentre cercava- mo una milonga, siccome vole- vano ballare il tango, ci siamo imbattuti nel primo ristorante dove lui aveva lavorato che è quello di Yannick Alléno. Erano le 11 di sera e siamo entrati per salutarlo, sono stati gentilissimi, ci hanno offerto almeno 30 des- sert buonissimi. La serata si è conclusa lì, senza tango! Che messaggio era fonda- mentale che uscisse dal docu- mentario? Io volevo mostrare la cucina come una forma d'arte e non come una disciplina o semplice preparazione dei piatti. E credo che questa cosa sia stata raggiun- ta anche grazie all'aiuto del vio- loncellista Giovanni Sollima, che ha scritto e inciso la colonna sonora. A proposito di musica, Gualtiero ne era un grande appassionato. Amava Bach enormemente. Grazie alla musica ha anche conosciuto la moglie Antonietta, lei era la sua insegnante di pia- noforte. Anche i suoi nipoti sono ottimi musicisti e la figlia è un'arpista di grande qualità. Ha mangiato qualche suo piatto? Molti ma, preparato da lui, solo il Risotto alla Milanese che aveva preparato per le riprese. Il famoso Riso, Oro e Zaffe- rano, il piatto arrivato a quota 100mila piatti venduti? Sì. Era diverso il modo in cui lui faceva la mantecatura per i risotti, usando un burro acido che dopo essere stato parzialmente sgrassato e inacidito veniva suc- cessivamente cotto con della cipolla, poi raffreddato e filtrato. Questo rende il piatto molto leg- gero e morbido. Lui cucinava ancora? No, non cucinava più ma tutte le sere era al ristorante a osserva- re, controllava tutto. "La cucina, come la musica, è fatta di compo- sitori ed esecutori". Lui usava molto questa metafora, diceva che il compositore scrive uno spartito e il bravo musicista deve leggere e rieseguire esattamente come è stato scritto. Supervisio- nava l'esecuzione dei suoi piatti e quella ideologia che aveva creato con molto rigore. Come definirebbe la sua cucina? Una cucina all'insegna della semplicità, fatta di materie prime. Per lui era diventata quasi un'os- sessione negli ultimi anni, aveva tolto dal piatto tutto quello che si poteva togliere. Alcuni suoi piatti recenti erano semplicissimi e basati sul colore, dava importanza alla scelta estetica degli oggetti sulla tavola. La scelta di abbinare la materia prima con il piatto era una cosa molto importante. Dice- va: "Il bello è il buono". E per bello intendeva l'attenzione este- tica che dava alla presentazione del cibo. Chef Gino Angelini mi disse che era una enciclopedia degli ingredienti. Sì, aveva una conoscenza infi- nita della materia. Ha scritto molti libri, il più interessante, dal mio punto di vista, era uno sulla cucina Italiana dove non parla delle sue ricette ma di quelle della grande cucina italiana. Le aveva scritte per tutti, anche per i pro- fessionisti, per approcciarle e capirle nel miglior modo possibi- le perché erano spiegate in maniera estremamente semplifi- cata. Sta lavorando ad altri pro- getti legati alla cucina? Sì, ad altri due: uno è incentra- to sulla longevità e su come il cibo contribuisce alla nostra vita come una sorta medicina preven- tiva; il secondo sulla relazione tra il genere umano e la vite in 8500 anni di storia del vino, partendo dal Caucaso e andando in giro per tutto il mondo. Il gusto del bello di Gualtiero Marchesi raccontato in un documentario Marchesi era un uomo di enorme cultura, un amante dell'arte e della musica, di Bach in particolare Nonostante l'enorme talento e popolarità, Marchesi era un uomo semplice, dedicato al lavoro e alla sua arte

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