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www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 10 GENNAIO 2019 Invenzioni italiane: l'utile forchetta da tavola, che un tempo era un'innovazione "scandalosa" LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA N ella maggior parte delle famiglie occidentali, le forchette sono una componente fonda- mentale dell'apparecchiatura di una tavola, a meno che non si mangi solo zuppa. Il rapporto che gli italiani hanno con la forchetta è certa- mente cruciale. Come potremmo mangiare gli spaghetti senza una forchetta? Quando ero bambina, mio padre ha passato ore ad insegnar- mi a girare la forchetta in modo che nemmeno uno spaghetto restasse appeso mentre portavo quell'incredibile strumento alla bocca. Mi ha anche insegnato a non usare una forchetta e un cuc- chiaio per mangiare la pasta. Girare gli spaghetti contro un cucchiaio è cosa da bambini e a un certo punto h o dovuto crescere. Nel suo libro Il processo di civilizzazione (1939), il sociolo- go Norbert Elias ha descritto la "civilizzazione" dei modi nel- l'Europa occidentale. Ha eviden- ziato l'invenzione italiana della forchetta e il suo sviluppo fisico come una manifes tazione di interazione sociale e una norma di etichetta e decoro. Entrambe le parole "forchet- ta" e "fork" in inglese derivano dal latino "furca", che in realtà si traduce come "forcone", ma i tipi di forchette usate dagli antichi romani (furcula, fuscina e fus- cinula) non erano il tipo di forchette che usiamo oggi. Ave- vano uno o due denti al solo scopo di infilzare o bloccare il cibo mentre veniva tagliato. "La" forchetta fece il suo debutto pubblico a Venezia nel 1003 quando una principessa bizantina di nome Maria sposò Giovanni Orseolo, figlio del doge Pietro II Orseolo. Il memo- rabile pasto al loro banchetto di nozze s candalizzò l' intera Repubblica Marinara perché M aria utilizzò una forchetta d'oro a due punte per mangiare. G li eccles ias tici condan - narono il comportamento della principessa come snob, pecca- minoso e indecente, giudicando il nuovo utensile un diabolico strumento di perversione: evoca- va il simbolismo del forcone associato al diavolo. Nella sua opera De Institu- tione Monialis, San Pier Dami- ani (1007-1072), all' epoca vescovo di Ostia, ne raccontava il comportamento senza prece- denti: "Non ha toccato i piatti con le mani, ma ha fatto tagliare il cibo in piccoli pezzi dagli eunuchi. Poi li ha assaggiati, portandoli in bocca con forchette d'oro a due punte". La parola "forchetta" entrò nell'uso comune alla fine del 1300. Uno dei primi riferimenti bibliografici registrati in letter- atura si trova ne Il Trecentonov- elle (1392), una raccolta di rac- conti brevi composti dallo scrit- tore fiorentino Franco Sacchetti, che ironizzava sulle maniere dei suoi contemporanei. Una novella racconta di un uomo di nome Noddo che cominciava a man- dare giù grandi quantità di mac- cheroni quando gli altri avevano ancora il primo boccone di pasta sulla forchetta. Noddo amava mangiare e mangiare molto. Quando mangiamo bene e in abbondanza, siamo definiti una "buona forchetta". E quando la nostra conversazione è piena di modi affettati - o parliamo "in punta di forchetta" - parliamo come se fossimo seduti sui denti di una forchetta. Le nuove posate risposero ben presto ad un'esigenza sociale e si diffusero velocemente in Italia, grazie al senso di pulizia e raffinatezza proprie della cultura italiana, scrive Elias. A lla fine del 1300, erano comunemente usate dai mercan- ti, che portavano le proprie posate in un astuccio chiamato "cadena", pronto per es s ere aperto ad ogni cena. Nel Quat- trocento i Medici avevano 56 forchette d'argento nella loro cucina. Eppure, raramente, la forchetta venne raffigurata negli innumerevoli dipinti prodotti nella storia dell'arte a causa dello stigma ad essa legato. Ne esistono alcuni esempi, come il terzo della serie dei dip- inti di Sandro Botticelli dal tito- lo Novella di Nastagio degli Onesti, ispirato al Decamerone di Giovanni Boccaccio, che raf- figura una scena dei potenti Medici seduti insieme ai membri della famiglia Pucci davanti ad una tovaglia immacolata, apparecchiata con forchette a due punte. Il dipinto fu commis- sionato da Lorenzo il Magnifico come dono di nozze a Giannoz- zo Pucci in occasione del suo matrimonio n el 1438 con Lucrezia Bini. Allora la forchetta era quasi sconosciuta nel resto d'Europa. Caterina De Medici intro- dusse la forchetta ai francesi nel 1500 quando divenne regina di Francia. La sua dote comprende- va decine di forchette realizzate dall'orafo rinascimentale Ben- venuto Cellini. Il libro fondamentale per l'etichetta occidentale, Il Galateo di monsignor Giovanni Della Casa, pubblicato a Venezia nel 1558, contribuì a formalizzare le regole rivolte alla civile società europea. Tuttavia, gli inglesi furono più lenti ad accettare la forchetta e deridevano questa affettazione femminile degli italiani. Nel 1608, il viaggiatore ingles e Thomas Coryat partecipò al Grand Tour d'Europa e durante i s uoi giorni italiani rimas e sbalordito dal vedere persone che mangiavano con le forchette. "Ho osservato un'usanza in tutte quelle città e paesi italiani, attraverso i quali sono passato che non viene praticata in nessun altro paese che ho visto nei miei viaggi", scrisse nel suo libro Crudities Hastily Gobbled Up in Five Months: "Gli italiani usano s empre durante i pas ti una forchetta quando tagliano la carne". Il modello della forchetta a quattro punte che utilizziamo oggi è stato concepito a Napoli sotto il regno di un re buongus- taio, Ferdinando IV di Borbone (1759-1799). Fu progettato dal camerlengo di corte Gennaro Spadaccini per facilitare il noto "metodo di avvolgimento" che gli italiani eseguono quotidiana- mente. La forchetta Spadaccini ci aiuta ad avvolgere gli spaghet- ti in un intreccio intorno alla forchetta, pronto per il piacere sublime. Fino al 15mo secolo, la forchetta era quasi sconosciuta © Aga7ta | Dreamstime.com Il doge Pietro Orseolo II, a sinistra, padre di Giovanni, la cui moglie Maria usò la forchetta per la prima volta. FOTO Sailko Taken