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www.italoamericano.org 13 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 7 FEBBRAIO 2019 SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI TERRITORIO TRADIZIONI I l Maestro Giuseppe Verdi non era solo un italiano. Era l'italiano. Il grande compositore de La Travia- ta, Macbeth, Otello e di altri inarrivabili capolavori morì al Grand Hotel et de Milan il 27 gennaio 1901 all'età di 86 anni. Da allora è rimasto un tesoro n a z i o n a l e : i l c o m p o s i t o r e d'opera più archetipico d'Italia, u n ' i c o n a d a i c a p e l l i b i a n c h i immediatamente riconoscibile. A d i s p e t t o d e i d i f f e r e n t i argomenti trattati, ciò che acco- muna le opere di Verdi è la loro essenza italiana. "Come artista, Verdi ha sempre raccontato gli italiani", dice Alberto Mattioli, critico d'opera e autore del libro Meno Grigi più Verdi. "Li ha r a p p r e s e n t a t i , r i t e n e n d o l i responsabili senza illusioni né disillusioni". Verdi era curiosamente e inti- mamente italiano. Viveva da italiano, mangiava da italiano. Il cibo era qualcosa per cui avere il giusto rispetto. Non solo ogni pasto era un piacere, ma era anche un'occasione di convivial- ità ovunque si trovasse. In una lettera del 1889, il librettista Giuseppe Giacosa, ospite abituale della villa ver- diana di Sant'Agata, nella pianu- ra emiliana, scrive che "al mae- stro piace sedersi a tavola, ma soprattutto ama vedere gente brillante attorno a lui, l'astuta e sincera allegria dei suoi ospiti c h e a c c o m p a g n a e s e g u e g l i squisiti pasti. La cucina di San- t'Agata merita l'onore di essere al centro della scena - la sua grandezza è così pittoresca e il suo aspetto così vario – che sembra provenire da un labora- torio di alchimia pantagruelica", aggiunge Giacosa. Verdi si vestiva sempre per la cena e indossava il nero, anche quando non aveva ospiti. Nato a Le Roncole nel 1813, dal 1824 visse nella vicina città di Busseto. E' cresciuto nel ter- ritorio che ospita il famoso Pro- sciutto crudo di Parma, il Parmi- giano e il pregiato Culatello di Zibello, dove sono indimentica- bili le tagliatelle fatte a mano c o n q u e l l e s e t o s e f e t t e d i Culatello. Tutto questo basta di per sè. I l g e n i o m u s i c a l e è s t a t o inevitabilmente un buongustaio. "Per il loro viaggio in Russia nel 1862, lui e la sua seconda moglie Giuseppina Strepponi, soprano, riuscirono a portare con sé riso, Parmigiano, Culatel- lo, maccheroni, salumi", dice Mattioli. Dopo la prima di Un ballo in maschera, Verdi aveva assicura- to gli amici che si sarebbe ritira- to, ma non aveva potuto rifi- u t a r e u n a c o m m i s s i o n e d a l T e a t r o I m p e r i a l e d i S a n Pietroburgo, La Forza del Desti- no (1862). All'avvicinarsi della data del primo viaggio del Maestro a San Pietroburgo, sua moglie scrisse alla segretaria dell'illustre inter- prete di tragedie Adelaide Ris- tori che lavorava in Russia sulla necessità di ottenere "tagliatelle fresche e perfette per mantenere Verdi di buon umore mentre il tempo fuori è brutale". " L a c u c i n a v e r d i a n a e r a locale. Amava i piatti tradizion- ali come i risotti, i bolliti e gli stufati di manzo", dice Mattioli. E r a u n g a s t r o n o m o d e l l a cucina emiliano-lombarda. Da amante della carne, il suo gusto salato preferito era quello della spalla cotta di San Secon- do (in provincia di Parma) che, secondo lui, doveva cuocere lentamente per tre o quattro ore. Il maestro bramava quel cibo di conforto. Una volta mandò una spalla di maiale al suo editore e un'altra a Teresa Stolz, il suo soprano preferito, la prima a cantare il ruolo da protagonista dell'Aida. O v u n q u e s i f e r m a s s e p e r c o m p o r r e e d e s i b i r s i , a v e v a l'abitudine di organizzare la sua cucina itinerante come un par- adiso per buongustai. Gianmaria Aliverta, regista lirico milanese, che a sua volta ha la gastronomia nel sangue, s t a r e a l i z z a n d o u n a s e r i e d i video sulle abitudini alimentari di Verdi per un totale di 100 r i c e t t e " p a s s o d o p o p a s s o " a m a t e d a l m a e s t r o . " C o n i l pretesto di mostrare come man- giava, vorrei che la gente sco- prisse la ricchezza della cucina lombardo-emiliana". L'ardente interesse del mae- s t r o p e r i l c i b o f a c a p o l i n o anche nelle lettere. Sempre alla ricerca di cuochi eccellenti, la sua lettera all'editore Tito Ricor- di, datata marzo 1875 e inviata da Genova, chiedeva aiuto per t r o v a r e u n c u o c o " c a p a c e " . "Licenzierò quello che ho appe- na assunto per la sua inettitu- dine", scriveva. "In generale, non ci si può fidare dei cuochi. S i d e f i n i s c o n o t u t t i ' g r a n d i cuochi', ma per mia esperienza sono solo dei pessimi "brucia- pentole". " V o r r e i a v e r e u n c u o c o onesto, capace, molto capace", scrisse 12 anni dopo. "Voglio un buon cuoco che abbia anche un buon cuore". Non voglio un "fanfarone". "Non solo ha scelto i suoi cantanti, ma anche i suoi cuochi per trovarne uno con l'X Fac- tor", dice Gianmaria. Gli piaceva preparare il risot- to giallo alla milanese. Nel set- tembre 1869, sua moglie condi- vise con l'impresario francese Camille du Locle la ricetta aut- entica usata dal maestro. L a s u a u l t i m a c u o c a , Ermelinda Berni, raccolse i suoi piatti più amati come la salsiccia con patate in umido, lo stracotto alla piacentina, la sua versione dei tortelli di zucca e la torta fritta, quella pasta fritta salata e setosa, da coprire con i salumi o da sgranocchiare con il formag- gio. Soprattutto, erano ricette del Nord Italia che richiedono burro non salato piuttosto che olio d'o- liva. S o d d i s f a c e v a i n v e c e i l p i a c e r e d e l d o l c e c o n l e c a r a m e l l e e i l t o r r o n e c h e acquistava personalmente alla Sperlari di Cremona. Durante tutto l'anno, aspettava il panet- tone fatto da Cova, un'elegante c a f f e t t e r i a i n v i a M o n t e - napoleone a Milano. E il panet- tone Cova arrivava in regalo dal suo editore ogni Natale, regolare come un orologio. Giuseppe Verdi e Giuseppina Pasqua presso lo stabilimento ''Il Tettuccio'' di Montecatini Terme, fotografia Pietro Tempestini, agosto 1899 @Archivio Storico Ricordi © Ricordi & C. S.r.l. Milano www.archivioricordi.com Lettera di Giuseppe Verdi a Tito I Ricordi, 1869 Se mai aveste l'intenzione di mandarmi anche in quest'anno il solito mastodontico panettone, sospendete l'invio perchè saressimo costretti fermarci quì tutto il Gennajo per divorarlo...Tutt'al più (per non rifiutare) mandatemene uno piccolissimo un kilo tutt'al più da mangiare in un boccone..senza lussi!.. G.V. @Archivio Storico Ricordi © Ricordi & C. S.r.l. Milano www.archivioricordi.com Il genio dell'opera Giuseppe Verdi era un grande gourmet che sceglieva i suoi cuochi