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GIOVEDÌ 21 MARZO 2019 www.italoamericano.org 9 L'Italo-Americano IN ITALIANO | C hiudi gli occhi e immagina la Sicilia in tutta la sua gloria, circa duemila anni fa. Una pietra preziosa incastonata nel blu cristallino del Mediterraneo: era l'invidia di ogni popolo. I Greci la conquistarono, desiderosi di sta- bilirsi in una terra tanto fertile e bella; i Romani se la ripresero e la trasformarono nel cuore della loro economia. E poi vennero i Vandali, i Goti e i Bizantini, fino ad arrivare agli Arabi, ai Nor- manni e agli Svevi, noti per aver lasciato un'impronta indelebile sull'isola. Fertile, ricca Sicilia: il granaio di Roma, perché da qui proveni- vano i migliori cereali della capi- tale. Una ricchezza dorata donata a questa terra intrisa di sfumature solari di giallo, marrone e ocra, oro e rosso. L'importanza dei cereali in Sicilia non è solo estetica, ovvia- mente, né storica: ha a che fare con la tradizione, il patrimonio e la cucina. Nel corso dei secoli, la Sicilia è diventata la terra di molte varietà di grano che, nella maggior parte dei casi, nel tempo sono state sostituite dal moderno grano tenero (Triticum Aes- tivum), una varietà più forte e più facile da coltivare. Un altro caso di profitto che distrugge la tradizione ma non del tutto. Gra- zie ai lavori della Stazione Speri- mentale di Granicoltura per la Sicilia - iniziati nel 1927 - i grani antichi di Sicilia sono stati riscoperti e catalogati e sono state rese pubbliche le importanti conoscenze sul loro valore nutrizionale e sulle loro proprietà salutari: questi cereali rendono meno del grano tenero, ma sono più nutrienti e molto più ricchi dal punto di vista organolettico. In altre parole, non sono così red- ditizi, ma ci fanno molto meglio. Questi sono anche i cereali che fecero della Sicilia la culla dell'opulenza dell'Italia, gli stessi cereali che i Romani mangiarono e che nutrirono gli italiani per secoli; sono la radice stessa della nutrizione del nostro Paese, il piatto principale sulle tavole dei nostri antenati. Tra questi, c'è l'antica Timilia o Tumminia, una delle 32 culti- var tipiche delle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo, Ragusa e Tra- pani. Questo grano era già conosciuto dai Greci, che lo chia- mavano Trimeniaios e fonti storiche attestano la sua presenza per tutto il Medioevo e il Rinasci- mento. In effetti, la Tumminia era una varietà di grano molto popo- lare nella regione fino agli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale. La Tumminia non è impor- tante solo per la storia della regione: recenti ricerche hanno dimostrato che la sua farina ha un contenuto di glutine inferiore rispetto al grano tenero e che è particolarmente ricca di fibre, vit- amine e oligoelementi. Una vera manna, ricca di sostanze nutritive e più leggera da digerire rispetto alla maggior parte degli altri cereali. Considerando tutto ciò, non sorprende sapere che la farina di Tumminia sia stata utilizzata per la produzione di pane da secoli. La Fondazione Slow Food per la Biodiversità ci dice che il grano duro di Tumminia è buono sia per la pasta che per il pane. È "estremamente fragrante e abbas- tanza nutriente e, grazie all'uso di lieviti naturali come il lievito madre, dura a lungo". Questo dono ricco e salutare della Sicilia è l'ingrediente principale di un tipo di pane molto popolare: il pane nero di Castelvetrano. Il pane nero di Castelvetrano è delizioso e fa parte del patrimo- nio della Sicilia, eppure, a causa del fatto che il grano di Tum- minia non è così diffuso come un tempo, è anche un prodotto a ris- chio estinzione. Ecco perché è un Presidio Slow Food, un'indi- cazione che "sostiene la pro- duzione di qualità a rischio di estinzione, protegge le regioni e gli ecosistemi unici, recupera i metodi di lavorazione tradizion- ali, salvaguarda le razze autoc- tone e le varietà di piante locali". È qui che le cose si fanno curiosamente interessanti, perché il pane di Tumminia è diventato molto popolare in tutto il mondo e si vende, perdonate il gioco di parole, come il pane. Filippo Drago, produttore di grano di Tumminia, spiega che la sua fari- na è più digeribile perché con- tiene meno glutine e che, grazie alle caratteristiche proprie della Tumminia, non è necessario uti- lizzare i pesticidi. E il pane? Il pane era il cibo dei poveri: rustico e nutriente, era il pane che i sicil- iani mangiavano durante la guer- ra, l'alter ego di quei pani bianchi amati dai ricchi che la gente comune non poteva permettersi. Le cose sono cambiate però, soprattutto in un momento in cui tutto ciò che è tradizionale e cul- turalmente significativo viene riscoperto e apprezzato. Con la sua consistenza densa e friabile, il pane di Tumminia è dolce e leggermente nocciolato, scuro e fragrante, e la gente lo ama. Come si è passati, però, dal- l'umile pagnotta dei poveri, alla massima prelibatezza inter- nazionale? Bene, nei primi anni 2000, i giovani agricoltori sicil- iani decisero di investire nella sua coltivazione, poiché ritenevano che fosse parte del loro patrimo- nio e della loro cultura tanto quanto lo era una cultivar o un ingrediente alimentare. E sono andati avanti così, restaurando i vecchi mulini e riconvertendo la loro terra alla coltivazione della Tumminia, con l'obiettivo di portare nel XXI secolo questo antico simbolo della tradizione culturale e culinaria siciliana e italiana. Il loro lavoro è stato ripa- gato, perché oggi i prodotti della Tumminia, che comprendono non solo pane, ma anche pasta e grissini, sono diventati popolari in tutto il mondo, con estimatori fin negli Stati Uniti e in Australia. Ricette d'altri tempi, come la "pasta busiate con qualeddu" (un fiore giallo locale), "salsiccia e briciole di pane di Tumminia", hanno fatto di nuovo la loro com- parsa nei ristoranti e nelle cucine della gente, e sono venute fuori idee nuove, come pizze e focacce con la farina di Tumminia, e tutte testimoniano la crescente impor- tanza di un grano che, fino a pochi anni fa, era a rischio di estinzione. La storia del grano di Tum- minia parla di una tradizione quasi perduta riscoperta e salvata dall'oblio - e dalla vera scom- parsa - da una giovane gener- azione di italiani, che ha deciso di fare del proprio passato il punto di partenza e la roccaforte del proprio futuro. In un momento di contrasti economici e difficoltà finanziarie, la loro scelta è emblematica della capacità degli italiani di essere inventivi, ma profondamente tradizionali, innovativi ma sem- pre consapevoli di sapere da dove arrivano. È anche un simbolo di una necessità in corso, di un desiderio particolarmente evi- dente tra i giovani italiani: quello di ritornare a un tipo di vita più lento, più rispettoso della natura, della tradizione e della storia. Uno stile di vita più innocente, meno frenetico, che potrebbe essere non solo la chiave per il benessere economico, ma anche per la realizzazione personale e la vera serenità. Il pane di Tumminia è rustico e fragrante. Oggi anche pizza e grissini vengono fatti con questo grano © Vicgin9 | Dreamstime.com La Tumminia è una delle 32 cultivar tipiche della Sicilia © Photobunnyuk | Dreamstime.com Quando la tradizione diventa trendy: la storia del Pane siciliano di Tumminia LIFESTYLE MODA SOCIETÀ ARTE BENESSERE