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www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2019 M entre la maggior parte dei ragazzi tirano a canestro o giocano a palla con i propri padri, Ray Boom Boom Mancini entra in una palestra di pugilato e promette al padre: "Un giorno diventerò un campione". Da bam- bino, Ray sfogliava abitualmente l'album degli articoli di giornale di suo padre Lenny Mancini sugli incontri degli anni '30 e '40 e leggeva e rileggeva attentamente la vecchia carta del giornale. Il piccolo Ray fu segnato dall'inizio della carriera del padre che si con- cluse bruscamente a causa di una grave ferita subita durante la sec- onda guerra mondiale, che gli valse un Purple Heart. Per molti versi il campione di Youngstown, Ohio, ha vissuto all'ombra del padre al punto da assumere un aspetto impensabile dell'identità di Lenny: il suo soprannome. In genere, una delle tante caratteris- tiche che separano la maggior parte degli atleti, padre e figlio, che praticano lo stesso sport – o una qualsiasi professione - è l'uso dei soprannomi; eppure il sopran- nome Boom Boom incarna il nucleo centrale del perenne legame tra Lenny e Ray Mancini. Avere un soprannome è ciò che ci separa l'uno dall'altro. E' qualcosa che riflette la nostra individualità molto più dei nostri nomi ufficiali e gli appellativi sono unici per gli attributi fisici, la personalità o la reputazione di una persona. Anche gemelli identici di solito hanno soprannomi diver- si. È raro, quasi inedito, che un figlio erediti l'esatto soprannome di suo padre, ma è quello che è successo a Ray. Questo, per esempio, non significa Big Paulie e Little Paulie o Bobby Sr. e Bobby Jr. L'ex campione dei pesi massimi e imprenditore George Foreman ha cinque figli tutti di nome George. Ad uno dei suoi figli, George III, è stato dato il soprannome di suo padre, Mon- key, anche se è stato abbreviato in Monk. Come spiegò Giorgio III nel 2018 alla giornalista del Boston Globe Olivia Vanni, "scimmia è il soprannome di mio padre, datogli dai suoi fratelli e sorelle, ma mia zia ha detto che non si possono avere due scim- mie, quindi una si è accorciata in Monk". Il soprannome Boom Boom non è esclusivo della coppia pugilistica. Bernie Geoffrion, gio- catore professionista di hockey per i canadesi del Montreal, era conosciuto come Boom Boom, proprio come il lanciatore dei New York Mets Mark Boom Boom Bomback. Il golfista pro- fessionista Fred Couples è conosciuto come Boom Boom per la sua accurata abilità nel teeing off. Poi c'era il tennista tedesco Boris Becker, chiamato Boom Boom per i suoi potenti servizi e colpi durante le partite del Grande Slam. Nello stesso periodo del- l'ascesa di Becker, Ray Mancini ha dovuto combattere con Kenny Bang Bang Bogner nel 1983, ma si è rotto la clavicola e il pubblico ha perso l'occasione del Boom Boom contro Bang Bang. "Il soprannome Boom Boom fa parte della mia identità" disse Ray. "Sono stato Boom Boom da quando riesco a ricordare. Infatti a Youngstown la maggior parte delle persone non conosce il mio nome e mi chiamano con il mio soprannome". In recenti articoli su Ray Mancini, Lenny, scomparso nel 2003, viene definito il Boom originale. Inoltre, mentre cresce- vano, gli amici di Ray chiama- vano sua madre Ellen Mrs. Boom e suo figlio più giovane Ray Ray poi entrato in alcuni incontri ama- toriali come Little Boom. È anche associato a Boom Boom Bour- bon, che ha vinto una medaglia di bronzo al San Francisco World Spirits Competition nel 2019. "Anche quando vado in Italia mi chiamavano Boom Boom", ha detto Ray. Un promotore di boxe ha dato il soprannome di Boom Boom a Lenny Mancini alla fine degli anni '30 del secolo scorso. In The Good Son: The Life of Boom Boom Mancini, di Mark Kriegel, scrive: "Boom, Boom Mancini è stata un'idea di (Max) Joss. Era alliterativo, orecchiabile e con- gruente con lo stile di un combat- tente che i giornali chiamavano il piccolo italiano a spalla larga". In vecchi articoli di giornale il soprannome di Lenny, così come la sua etnia, è stato pubblicato spesso. Il padre di Lenny, Nicola Mancino, era emigrato da Baghe- ria, in Sicilia, e la famiglia di sua madre americana, Annie Cannaz- zaro, era originaria dello stesso villaggio. Mancino, che significa mancino in italiano, è stato cam- biato in Mancini, perché, ancora una volta, i promotori pensavano che il nome di Lenny dovesse suonare più accattivante. Per l'americano di nascita Lenny il leggero cambio di nome da una vocale all'altra risultò innocuo, considerando che alcuni cambia- menti di nome trasformavano completamente la propria identità etnica. Lenny, orgoglioso italo- americano (così come Ray) prese posizione più che altro contro l'al- terazione del suo caratteristico soprannome. Nel 1945 lo scrittore sportivo della United Press, Jack Cuddy, suggerì a Lenny, al suo ritorno sul ring dopo la seconda guerra mon- diale, la possibilità di un cambio di soprannome in Triplo Boom, o Boom Boom Boom. In un artico- lo di giornale intitolato Lenny Mancini Frowns on Suggestions Ring Nickname be Changed, Cuddy scrisse: "Mancini, il miglior peso leggero quando entrò in guerra nel 1941, si oppone all'idea del terzo Boom che gli è stato dato dai tedeschi il 10 novembre scorso durante i feroci combattimenti a Metz, in Fran- cia". L'articolo spiega come Lenny era stato colpito da un colpo di mortaio tedesco che lo aveva ferito gravemente costrin- gendo il promettente pugile a rimanere in ospedale per diversi mesi. L'idea di un cambio di soprannome non andò oltre tra gli scrittori sportivi e, successiva- mente, il pugile di cinque piedi e tre pollici non si riprese mai com- pletamente dalle ferite di guerra, cosa che lo costrinse a ritirarsi dalla boxe. Ray, toccato dall'eroica storia di suo padre, aveva una determi- nazione senza limiti per ottenere ciò che suo padre non era stato in grado di raggiungere per la ferita di guerra, una possibilità nella lotta per il titolo. Il legame tra Lenny e suo figlio era innegabile ed espresso nella poesia di Ray I Walk in Your Shadow, scritta nel 1976 per suo padre in occasione della festa del papà, prima che diventasse professionista nel 1978. Nell'ultima strofa Ray scrive, "Ti voglio bene, papà, e voglio davvero che tu lo sappia, Voglio essere come te e cam- minare nella tua ombra. Voglio essere come te e vivere con il tuo grande nome, perche' sono il figlio di quest'uomo e non avrò mai ver- gogna di te". Nel 1982 Ray Mancini rese orgoglioso suo padre e vinse il titolo della World Boxing Associ- ation (WBA). Portò il "grande nome" dei Mancini e il suo soprannome ad un nuovo livello nella boxe. Ray ammirava suo padre e ascoltava sempre il Boom originale. "Mio padre diceva sem- pre, Raymond ha passione in quello che fa e a tutti piace un ragazzo che ha carattere, e io cerco di vivere ogni giorno secon- do le sue parole", diceva il quasi cinquantottenne campione in pen- sione. Il duo dei Mancini può essere l'unico, o almeno uno dei pochi, a condividere lo stesso soprannome nello stesso sport: forse una ques- tione banale potrà dire qualcuno, ma che li distingue davvero dalla maggior parte dei padri e dei figli. Ray Mancini ha ereditato dal padre Lenny non solo la passione per la boxe, ma anche il soprannome di Boom Boom © Turkbug | Dreamstime.com Un collegamento "Boom Boom" tra padre e figlio SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI TERRITORIO TRADIZIONI