L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-13-2019

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GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2019 www.italoamericano.org 7 L'Italo-Americano IN ITALIANO | regista di spettacoli teatrali poi passa a radio e televisione, come autrice e regista. Quindi arriva il cinema dove muove i primi passi nel 1953. Sulla sua strada ecco Federico Fellini: ne diventa aiuto regista in "La dolce vita" (1960) e "8 e 1/2" (1962). Il suo esordio alla regia è del 1963 con "I Basi- lischi", amara narrazione della vita di alcuni giovani meridionali per cui riceve la Vela d'argento al Festival di Locarno. Pasqualino Settebellezze ebbe un grande successo di pubblico negli Stati Uniti. In un'intervista pubblicata l'anno scorso su Variety, ha detto: "È stata la rea- zione dei media a farmi capire quanto fosse significativa la mia nomination. Da quando ero negli Stati Uniti, sono stato inondata di richieste di interviste da reti tele- visive e giornali. Qualcuno mi ha detto che i notiziari stavano strombazzando la candidatura come se fosse un evento storico. In realtà, a ben vedere, lo è stato, soprattutto per le donne di tutto il mondo. Ancora oggi ricevo lette- re di ringraziamento da parte di registe che affermano di essere state ispirate dalla mia esperien- za". A parlare della sua straordina- ria carriera per L'Italo-America- no è Felice Laudadio, sceneggia- tore, produttore e critico cinematografico, direttore artisti- co del Bif&st di Bari, presidente del Centro Sperimentale di Cine- matografia di Roma di cui Lina Wertmuller è stata commissario straordinario dal 1988 al 1994. Il CSC, con la Cineteca Nazionale e Genoma Films, ha restaurato Pasqualino Settebellezze a partire dai negativi originali in 35 mm. L'ottavo film di Lina Wertmüller, una candidatura ai Golden Globes e 4 all'Oscar, è un'apologia intelli- gente e feroce dell'arte di arran- giarsi e sopravvivere ad ogni costo, tipica della cultura parteno- pea. E' stato proiettato in versio- ne restaurata il 22 maggio al 72° Festival di Cannes. Laudadio era presente quando Leonardo DiCa- prio ha omaggiato la Wertmuller. E ce lo racconta. L'Academy ha annunciato una statuetta per Lina Wert- muller. Una straordinaria car- riera costellata di successi e opere molto amate anche all'e- stero. Nel 2002, a conferma della sua popolarità oltreocea- no, venne anche girato il remake di "Travolti da un inso- lito destino nell'azzurro mare d'agosto" (1974) da Guy Rit- chie, con Madonna al posto della Melato. Quali meriti ha Lina? Ha contribuito a cambiare il cinema al femminile. Se Monicel- li è il precursore della Commedia all'Italiana con il suo "I soliti ignoti" e tutto quello che poi è seguito negli anni '60 e '70, Lina Wertmuller, se posso dire così, è un Monicelli al femminile: ha modificato radicalmente l'im- pianto della commedia introdu- cendo uno sguardo femminile e questo è un aspetto piuttosto importante. Direi anzi determi- nante pensando a "Questa volta parliamo di uomini" (film del 1965 il cui titolo fa riferimento a "Se permettete parliamo di donne" diretto l'anno precedente da Ettore Scola, ndr), a "Film d'a- more e d'anarchia - Ovvero "Sta- mattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." del 1973 (in concorso al 26º Festival di Cannes valso a Gian- nini il premio per la migliore interpretazione maschile, ndr), a "Sabato, domenica e lunedì" del 1990, o ancora a "Io speriamo che me la cavo" del 1992. Sono tutti film dove c'è un'attenzione fortissima per la figura femmini- le, peraltro simbolicamente rap- presentata da Mariangela Melato che adorava la Wertmuller per il modo in cui la dirigeva. Lei e Lina hanno avuto molte occasioni di confronto, non di scontro ma di confronto, per perfezionare dialoghi, battute e parti e "Tra- volti da un Insolito Destino nel- l'azzurro mare d'agosto" è la conferma di questa lettura. In che misura è importante per il cinema italiano? Facciamo un attimo l'analisi di quali sono le donne nel cinema italiano. Ancora oggi, nonostante il tentativo di arrivare al pareg- gio, al 50-50, a una par condicio uomo-donna, sono davvero poche. Lei è stata sicuramente una personalità fortissima che si è imposta in quanto regista donna nel nostro cinema e che si è imposta contro ogni tipo di omo- logazione con il cinema degli uomini. Non sto facendo un discorso femminista ma culturale. Che contributo ha dato alla rappresentazione della società italiana, di cui ha svelato i lati grotteschi e che ha dipinto nella sua stratificazione sociale, mostrando ad esempio il con- trasto proletariato/borghesia degli anni '70? Ha offerto un quadro dell'essere italiani molto diverso dal tono drammatico tipico dei film coevi di Pietro Germi o Giuliano Montaldo. Forse il film più simbolico è "Mimì metallurgico ferito nell'o- nore", dove c'è una straordinaria identificazione con un personag- gio maschile che è Giancarlo Giannini, attore feticcio come è lo è stata la Melato nei suoi film, ma c'è anche la lettura che lei dà della classe operaia, argomento che poteva dare fastidio e rispetto al quale, allora, c'era una lettura oggettivamente orientata a sinistra della critica italiana che non ha mai considerato l'effettivo valore di contemporaneità dei film che faceva ma la teneva a margine, perché Mimì metallurgico è un film contro ogni schema. Ma così è stato anche per I Basilischi il primo film sui giovani meridiona- li, girato tra Basilicata e Puglia, con attori presi dalla strada: era contro certe regole e lei era consi- derata una rompiscatole. Lo stes- so Pasqualino Settebellezze, estre- mamente drammatico ma mai melodrammatico, lavora sul tema tragico della Shoah come in seguito farà Benigni in La vita è bella, e lo tratta con una profon- dità e una serietà straordinaria, che nasce anche dalla scelta delle immagini documentarie che si vedono all'inizio. Prima donna in assoluto nella storia dell'Academy can- didata all'Oscar come migliore regista per il film Pasqualino Settebellezze nella cerimonia del 1977 e prima donna in con- corso a Cannes, con Mimì metallurgico 1972. Dopo di lei ci saranno solo Jane Campion nel 1994, Sofia Coppola 2004, Kathryn Bigelow che per ora è l'unica ad aver vinto l'Oscar alla regia nel 2010, e Greta Gerwig nel 2018. I riconoscimenti di quest'an- no (David Lynch, Wes Studi e Geena Davis), sottolinea l'Aca- demy, sono orientati alla mag- gior valorizzazione delle donne e dei gruppi sotto rappresenta- ti. Ma nel cinema di Lina c'è decisamente molto più di #MeToo. Non la si può conside- rare una regista femminista. E' stata la prima donna ad essere candidata agli Oscar per la regia con "Pasqualino Settebel- lezze". Considerato che storica- mente prima di lei non era mai successo, già questo è stato un segnale dell'attenzione che il cinema americano ha sempre dato alla sua arte registica ma anche alla sua sceneggiatura, alla sua scrittura e alla sua caratterizzazio- ne degli attori. Il film ebbe quat- tro nomination: miglior regia, miglior attore protagonista (Gian- nini), miglior film in lingua stra- niera, miglior sceneggiatura origi- nale. Però no, assolutamente, la Wertmuller non è una femmini- sta. E' una regista donna che è una cosa diversa. E' il punto di vista di una donna ciò che conta. I suoi film hanno esattamente que- sto: un forte punto di vista al fem- minile che sapeva far esplodere, nel bene e nel male, attraverso il personaggio. Giannini dice che "Lina sa far recitare anche le pietre". Lei è presidente della Fondazio- ne Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma che gestisce la Cineteca Nazionale e la Scuola Nazionale di Cinema, luogo quest'ultimo dove "il cinema si studia, si impara, si fa". Lina Wertmüller ne è stata commissario straordinario dal 1988 al 1994. Quale è stata la sua lezione? Lei ha molto curato il lavoro di formazione su regia, sceneg- giatura e formazione degli attori. E' stata una svolta rispetto al pas- sato. Tra i predecessori cito, prima come commissario poi come presidente, Roberto Rossel- lini negli anni della contestazione. Per lui l'allievo doveva essere una figura globale e globalizzan- te, doveva sapere tutto, doveva essere attore, sceneggiatore, regi- sta, montatore, direttore della fotografia, secondo una lettura molto moderna che deriva anche da una grande esperienza per quello che è stato uno dei grandi precursori della televisione alta. Lina ha invece dato al lavoro della formazione una lettura molto più pragmatica. A Cannes 2019, Pasqualino Settebellezze ha riunito Lina Wertmüller e Giancarlo Gian- nini, per parlare del restauro del lungometraggio. Questa è una delle attività fondamentali della Cineteca Nazionale. Lei era presente. Cosa ci può rac- contare? A Cannes è stato profonda- mente emozionante. Consapevole della sua "giovane" età, Lina ha voluto esserci. Sono stato il primo a chiamarla quando ho saputo che avevamo una possibilità di pre- sentare il film a Cannes. Ho chia- mato casa sua, ho parlato con la figlia Maria e le ho chiesto se Lina era disponibile ad andarci. Lei ha ripetuto la domanda alla madre e Lina ha subito detto: certo che ci andrei! E quando ho comunicato a Cannes che Lina ci sarebbe stata, devo dire che c'è stato un forte interesse nell'averla lì. Si è mosso addirittura il diret- tore del festival Thierry Frémaux per presentarla, lui che general- mente non presenzia alle proie- zioni dei film restaurati. In quell'occasione Leonardo DiCaprio ha voluto incontrare Lina e uno scatto li ritrae insie- me: perchè Lina è tanto cono- sciuta anche fuori dai confini nazionali? Leonardo DiCaprio stava aspettando di andare sul tappeto rosso per "Once Upon a Time in Hollywood" di Quentin Tarantino ma quando ha saputo che c'era Lina Wertmuller non ha esitato un attimo. Le è andato incontro. Sapeva benissimo chi era e c'è stato un momento molto affettuo- so di saluto da parte di questo giovane ma potentissimo attore del movie business di Los Ange- les e questo incontro, questa stret- ta di mano, è stata immortalata in una delle ultime fotografie di uno dei grandi fotografi del cinema italiano, Pietro Coccia, che ha messo insieme Giannini, Wert- muller e DiCaprio mano nella mano. Il momento più emozio- nante però, è stato quando siamo entrati in sala: io, Giannini e Fré- maux eravamo sul palco mentre lei ha preferito restare seduta in prima fila. Quando Frémaux l'ha presentata, il pubblico di Cannes si è alzato in piedi e c'è stata una lunga, bellissima, standing ova- tion per Lina che si è alzata e ha ringraziato. Poi c'è stato un altro grande applauso per Giannini. Il pubblico non si è dimenticato di lei e ne conosce bene i meriti. Per fortuna, anche se secondo me avrebbe dovuto pensarci prima, se ne è ricordata anche l'Aca- demy di Los Angeles. Lina Wertmüller vede finalmente la sua carriera premiata dall'Academy con un Oscar alla carriera @ Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ Continua da pagina 5 G

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