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GIOVEDÌ 25 LUGLIO 2019 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | HERITAGE MEMORIA IDENTITÀ STORIA 17 N ella notte del 16 lu- glio 1846, la folla acclamò Pio IX al Palazzo del Quiri- nale per aver per- donato quattrocento prigionieri po- litici, imprigionati dal suo detestato predecessore, Gregorio XVI. Men- tre il papa benediceva i fedeli, gli uomini lanciavano i berretti in aria e le donne soffiavano baci. Il pon- tefice cinquantaquattrenne, l'ex car- dinale Giovanni Maria Mastai-Fer- retti, la cui elezione il mese precedente aveva sconvolto i con- servatori della Chiesa, era bello come un idolo delle folle. Ogni volta che sorrideva, le ragazze in abiti estivi svenivano e sospira- vano: "Ah, che bello!". Per due sere consecutive, mi- gliaia di tedofori riempirono la Piazza del Quirinale per celebrare l'amnistia con applausi, discorsi e musica. Pio si affacciò più volte sul balcone per rivolgersi alla folla e per chiacchierare con i monelli che si erano arrampicati sull'Obe- lisco di Castore e Polluce per guar- darlo negli occhi. Il terzo giorno, quando la sua carrozza lasciò il Quirinale per il Vaticano, alcuni ragazzi sganciarono i cavalli e ti- rarono loro stessi il calesse. I romani adoravano il loro nuovo papa. Nonostante un'educa- zione aristocratica, un ciambellano puritano e un medico austero, gli piacevano le battutacce, i sigari forti e i cibi fritti. Meglio ancora, era aperto alle nuove idee. Aveva formato un consiglio per regolare l'amministrazione papale e per ri- vedere le proposte di modernizza- zione. Aveva nominato commis- sioni per le ferrovie e la riforma civile e penale. Aveva progettato di introdurre l'illuminazione a gas nelle strade e i laici nel governo. Pio era diventato la speranza del movimento di unificazione italiana. Ci furono dimostrazioni a Roma. Durante una rappresentazione dell'Ernani di Verdi, al Teatro Ar- gentina, le parole del finale del III atto "O sommo Carlo!" divennero "O sommo Pio!". Quando il bari- tono gridò "Perdono a tutti!" il tea- tro risuonò con grida di gioia. Il coro bissò tre volte mentre il pub- blico cantava "A Pio Nono sia glo- ria e onor!". Ma questa non era musica per le orecchie di un papa che sì era disposto a dialogare con i liberali, ma che non era d'accordo con le loro idee e che credeva che la de- mocrazia rappresentativa fosse in- conciliabile con l'autorità papale. Per quanto desiderasse la popola- rità, non era né capace né disposto a sostenere un movimento nazio- nale, né tanto meno di essere la guida. "Vogliono fare di me un Na- poleone", si lamentava, "quando non sono altro che un sacerdote". A Pio mancava la forza e il ca- rattere per realizzare i sogni e con- trollare i desideri dei sostenitori che lo applaudivano e che lo seguivano per le strade, osannandolo e agi- tando sciarpe e fazzoletti con i suoi colori. Le loro grida isteriche mi- nacciavano di scatenare la sua epi- lessia: "Viva Pio Nono, solo! Solo!" Gli piaceva l'adulazione, ma ne temeva le conseguenze. All'inizio del 1848, scoppiarono moti rivoluzionari a Palermo e a Napoli e si diffusero a Firenze, Ve- nezia e Milano. Le notizie di queste rivolte esaltarono Roma e i liberali spinsero Pio ad accettare una nuova costituzione a marzo. Tuttavia, quando i nazionalisti chiesero a gran voce una guerra di liberazione contro l'Austria, Pio alla fine si ri- tirò. Il 29 aprile, consegnò un'allo- cuzione con cui prendeva le di- stanze dal Risorgimento. Seguì una violenta reazione, culminata il 15 novembre con l'as- sassinio del ministro dell'Interno del papa, Pellegrino Rossi. I radi- cali presero il potere, abolirono lo Stato pontificio e fondarono una repubblica secolare. Travestito da prete di campagna, sotto un cap- pello floscio e gli occhiali scuri, Pio fuggì a Gaeta nel Regno di Na- poli. Il papa esiliato scomunicò i ri- belli e chiese ai monarchi cattolici d'Europa di intervenire. Alla fine, Napoleone III rispose alla sua chia- mata e assediò Roma finché non cadde il 3 luglio 1849. Nove mesi dopo, Pio tornò nel suo Stato at- traverso la Porta Lateranense, scor- tato dalle truppe francesi, e fece una repressione. Abrogò tutte le riforme, mise la museruola alla stampa e ricostituì il ghetto ebraico. Bandì anche i dissidenti, impri- gionò i critici e giustiziò gli agita- tori. Sua Santità fu sconcertato quando il mondo si oppose. "Come mai - chiese all'ambasciatore bri- tannico - gli inglesi possano im- piccare duemila negri per repri- mere una rivolta in Giamaica, e ricevere per questo solo lodi uni- versali, mentre io non posso im- piccare un solo uomo nello Stato Pontificio senza provocare una condanna universale?". Il papa rise di cuore e, per ren- dere il paragone più assurdo, alzò un dito e ripeté l'ultima frase. Pio IX, l'apostolo del progresso, era di- ventato un mostro reazionario. Roma aveva il cuore spezzato. Al Teatro Apollo, il coro rumo- reggiò durante le prove per la prima del Trovatore. Alcuni componenti, che avevano cantato al Teatro Ar- gentina sei anni prima, piansero ri- cordando una frase del finale del- l'Ernani: "Virtù augusta è la pietà". La pietà è una virtù nobile. La vita tuttavia – ricordò loro l'impresario - non soddisfa mai come Verdi. Se lo facesse, nessuno andrebbe all'o- pera. Il segretario di Pasquino è Anthony Di Renzo, professore di scrittura all'Ithaca College. Lo po- tete raggiungere all'indirizzo di- renzo@ithaca.edu. An etching of Pius IX, who was Pope between 1846 and 1878 O Sommo Pio Pasquino si lamenta di Pio IX