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GIOVEDÌ 25 LUGLIO 2019 www.italoamericano.org 35 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Nel 1969, al comando del programma Apollo, c'era la 'Tigre' Rocco Petrone: talentuoso figlio di immigrati lucani GENEROSO D'AGNESE A lla vigilia di un evento che avrebbe cambiato le pagi- ne della s toria umana, Rocco Petrone non tradiva emo- zioni: per gli amici della NASA era il "computer con un'anima" e lui, silenziosamente, ne andava fiero. In lui coabitavano inflessi- bile tenacia, una memoria prodi- gios a e un approccio umano verso le grandi imprese dei suoi amici cosmonauti, tutte doti che lo avrebbero portato ai massimi vertici della grandiosa avventura Apollo. E in quel caldo giorno di luglio del 1969, le sue doti sareb- bero servite tutte, per trasportare a destinazione i primi uomini sulla Luna. Il direttore di lancio del pro- gramma Apollo, nato nel 1926 ad Amsterdam, vicino a New York, non fu un comprimario di quei giorni gloriosi dell'era spa- ziale. Petrone rappresenta ancora oggi uno dei "massimi" protago- nisti di una disciplina, la cosmo- nautica, capace di esaltare il pro- gresso umano nelle più ardue sfide con l'Universo. Figlio terzogenito di un cara- biniere nato a Sasso di Castalda (Potenza) emigrato negli Stati Uniti e impiegato nel settore dei tras porti, conobbe in realtà pochissimo suo padre, che morì quando lui aveva solo sei anni. Fu il cugino, arrivato all'incarico di docente universitario a soli 30 anni e che aveva conos ciuto quanto lui i patimenti della fame, a intuirne le enormi potenzialità per la matematica e ad indiriz- zarlo agli studi tecnici. Fu la scelta giusta. Diplomatosi con ottimi voti Petrone partecipò al concorso per entrare nella prestigiosa accade- mia militare di West Point vin- cendo, nonostante il grave handi- cap delle origini italiane (siamo nel 1943, in piena guerra mon- diale), la durissima selezione. Motivato da un orgoglio fami- liare che vedeva in lui la rivincita della prima generazione in America, acquistò una nuova identità, vestendo la divisa nono- stante la sua innata avversione per il militarismo. Dopo il servi- zio militare in Germania, Petrone si iscrisse al MIT di Boston per tentare la strada della ricerca spaziale. Affascinato dalle tecno- logie aeree e dai missili, ma con- trario agli impegni militari, Petrone afferrò al volo l'opportu- nità di poter lavorare su obiettivi spaziali e in due anni prese la laurea in ingegneria meccanica per poter far parte del progetto "Redstone" e della squadra di Von Braun e Debus, scienziati tedeschi riconvertiti alla cosmo- logia. "Furono anni indimentica- bili. Eravamo tutti amici e tutti convinti - avrebbe commentato in seguito - che mai e poi mai un missile avrebbe potuto portare l'uomo s ulla Luna, io per primo". Divenuto maggiore, il figlio di immigrati lucani, fu assegnato allo S tato M aggiore a Washington per essere destinato dal presidente John Kennedy al progetto lunare. Per portare un americano sulla Luna entro il 1969, nella squadra di "menti" c'era bisogno di Petrone! L'ingegnere iniziò la carriera nella NASA nel 1960 lavorando al progetto S aturn pres s o il Kennedy Space Center. Progettò le rampe di lancio, mise in orbita satelliti e astronavi per migliaia di tonnellate, diresse il lancio di tutti i Saturno e gli Apollo e si guadagnò la fama di duro. Tutti gli anziani tecnici della NASA lo avrebbero ricordato intento a interrogare, uno per uno i suoi 150 tecnici addetti alle manovre, con domande formulate con meticolosa precisione cui biso- gnava rispondere con altrettante risposte o con il completo riesa- me del problema. "Lo chiamavano "Tigre" per i suoi interrogatori - ricorda Tony Reichardt di A ir&S pace Magazine - ma erano indispensa- bili. La lista delle operazioni che bis ognava es eguire s ul s olo Modulo lunare per essere sicuri che tutto funzionasse a dovere, era grande quanto il libro della Bibbia e ogni riga di questo libro significava una giornata di lavo- ro. Non potevano esserci distra- zioni, pena il tragico fallimento dell'intera missione". Un fallimento che Petrone aveva toccato in prima persona durante il lancio di Apollo 1, quando nel 1967 vide bruciare sul proprio schermo a circuito chiuso gli astronauti Grisson, White e Chaffee, che pagarono il prezzo di una incredibile legge- rezza tecnica. Da allora "Tigre" non permise più alcuna presun- zione da parte di ogni singola pedina del programma. Il 20 luglio del 1969 tutto andò bene: Armstrong toccò la superficie del satellite. Il succes- so portò al colonnello di Sasso di Castalda la promozione a diretto- re del programma Apollo (prese il posto del leggendario Samuel Philips). Nel 1972, fu nominato codirettore NASA del progra- mam congiunto Apollo-Soyuz Test Project. Un anno dopo si trasferì in Alabama per assumere l'incarico di direttore del Marshall Space Flight Center. N el 1974 tornò di nuovo a Washington, per assumere l'in- carico di amministratore associa- to della NASA. L'anno seguente terminò la sua carriera tecnica per divenire presidente e ammi- nistratore del "National Center for Resource Recovery". Petrone fu in seguito presidente della divisione vettori spaziali della Rockwell Inc., partecipando da osservatore ai lanci degli Shuttle Columbia e Challenger. A soli cinquanta anni Petrone lasciò la sua amatissima NASA per seguire altri incarichi e rifu- giare la vita privata in una villa a P alos V erdes Es tates , in California. Sposatosi con Ruth e padre di Theres a, K athryn, Michael e Nancy, ha difeso tena- cemente la privacy, ricordando con orgoglio gli anni pionieristici della conquista dello spazio e con malinconia i viaggi in Italia. "L'ultimo tratto del mio primo viaggio in Italia - avrebbe ricordato in una intervista l'inge- gnere che è morto nel 2006 - lo feci in un taxi azionato a mano- vella. Quando arrivai a casa di mia nonna rimasi interdetto dalla sua indifferenza e scoprimmo insieme che la lettera spedita due mesi prima per farmi riconoscere e presentarmi, arrivava con lo stesso taxi che mi aveva traspor- tato". Da allora non riuscì mai più a dimenticare di essere figlio dell'Italia. Rocco Petrone davanti al Crawler-transporter del Saturno V Rocco Petrone (terzo da sinistra) durante l'illustrazione della Lunar Surface Ultraviolet Camera a John Young e Charles Duke, astronauti dell'Apollo 16 SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO