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www.italoamericano.org 15 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 22 AGOSTO 2019 SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO spezie è ancora radicato della cultura dell'Italia meridionale. Ad alcuni piace affermare che la pasta esisteva in Italia molto prima dell'VIII secolo, sulla base di un rilievo scolpito rinvenuto in una tomba etrusca del IV secolo a.C. a Cerveteri. Congelato nel tempo, il rilievo raffigura un sacco di farina, uno strumento che poteva plausibilmente essere uti- lizzato per modellare la pasta, una tavola che assomigliava ad un tagliere contemporaneo, e un coltello: tutto ciò che serve per fare la pasta. Nonostante il fascino romanti- co di questa interpretazione, gli archeologi hanno scartato questo plausibile e spesso ripetuto mito urbano. Sulla base di altri scavi e ricerche comparative, le conclu- sioni suggeriscono fortemente che il rilievo non sia un modo di preparare la pasta per l'aldilà. Anche l'archeologia moleco- lare non ha ancora trovato prove di grano duro, l'ingrediente neces- sario per fare la pasta, nelle antiche rovine etrusche, romane e greche. Lo storico della gastrono- mia americana Charles Perry ha esplorato le origini della pasta e anche lui offre una confutazione: "....non c'è alcun riferimento romano certo ad una tagliatella di qualsiasi tipo, tubolare o piatta, e questo rende la teoria etrusca ancora più improbabile....". Anche se sarebbe una buona sto- ria, le prove ci inducono a scartare l'idea che queste civiltà discutessero dei fatti della giorna- ta davanti a una ciotola di saporiti rigatoni. Se allora è abbastanza giusto dire che la pasta non è stata inventata in Italia, come è diven- tata il cibo che incarna con pas- sione la cucina e la cultura ital- iana? Uno sguardo alla già citata introduzione degli spaghetti ad opera degli Arabi ci dà la rispos- ta. Sebbene l'influenza culinaria araba sia stata parte del paesaggio siciliano a partire dall'ottavo seco- lo in poi, non cambiò molto fino al XII secolo, quando il grano duro fece la sua comparsa. Neces- sario per produrre una pasta abbastanza robusta da essere tira- ta sottilissima, asciutta senza incrinarsi, e abbastanza resistente da sopportare l'ebollizione pur conservando sapore e una piacev- ole consistenza, l'avere a dispo- sizione il grano duro è stato deter- minante. Il clima soleggiato della Sicilia e del sud Italia combinato con l'aria vulcanica calda e secca e il raffreddamento delle brezze marine, ha dato condizioni che si sono rivelate ideali per la colti- vazione di questo grano ... e per la nuova tecnica di essiccazione della pasta introdotta dagli Arabi. Dalla Sicilia alla Campania e poi a Napoli, l'elegante e semplice combinazione di grano duro e acqua si è sviluppata in una robusta industria della pasta con una produzione commerciale che risulta risalire al 1400. Benché popolare, la pasta era però ancora considerata cibo per gli aristocratici, era cosa inaudita nel piatto di un contadino se non per i pezzetti e gli scarti lanciati nelle zuppe. Perchè? In poche parole ... costi di manodopera. Il grano duro come la roccia doveva essere macinato all'infinito e fatto a pezzi in particelle abbastanza delicate da creare un impasto. Lavoratori a piedi nudi mettevano i piedi nella pasta, a volte per giorni, calpestandola fino a rius- cire ad arrotolarla in fogli. Una volta reso idoneo, l'impasto era lavorato in presse azionate dal- l'uomo e dalle bestie in quanto il prodotto finale veniva estruso sotto forte pressione. Ricopren- dola di salse di influenza araba, che combinavano sapori speziati, dolci e salati, i ricchi riempivano la loro pancia con i deliziosi risul- tati di questo laborioso processo. Tutto ciò cambiò, tuttavia, quando la produzione meccanica della pasta incominciò a Napoli nel 1600. I tempi erano duri, la carne e i prodotti erano scarsi, ma il grano no. I negozi di pasta fiorirono in tutta l'Italia merid- ionale. I napoletani divennero noti come "mangia-maccheroni": dal piatto alla bocca passavano grandi quantità di noodles. Questa nuova era con una pasta di facile accesso si diffuse rapidamente in tutta Italia. Dal 1700 al 1785, solo a Napoli, i negozi di pasta pas- sarono da 60 a 280. Sebbene sia difficile immag- inare la pasta senza una saporita salsa al pomodoro, questo accop- piamento non c'è stato fino al 1839 circa, quando è apparsa la prima ricetta documentata. A causa dell'ennesima ondata di duri problemi economici, il frutto rosso che un tempo si pensava fosse velenoso cominciò ad essere consumato per disperazione ... e oh, è così che oggi abbiamo il delizioso abbinamento! Le per- fette condizioni di coltivazione dell'Italia meridionale hanno facil- itato la disponibilità di abbondanti prodotti freschi che, una volta combinati con l'ingegnosa arte culinaria italiana, hanno dato forma alla ricchezza delle nostre salse e hanno dato vita ai nostri piatti di pasta preferiti. Anche se gli italiani non pos- sono rivendicarne l'invenzione, possono inequivocabilmente vantare come propria la storia d'amore tra l'Italia e la pasta come viene mangiata oggi, con l'84% di persone in tutto il mondo che affermano di apprezzare il cibo italiano! L'italiano medio con- suma ogni anno 60 chili di pasta: abbastanza spaghetti da girare attorno al mondo circa 15.000 volte. La verve, la passione e la qualità superiore così profonda- mente parte della cultura ali- mentare italiana vivono prepoten- temente di pasta; e questa storia d'amore sembra possa durare per sempre. Viva la pasta! Continua da pagina 13 Per secoli, si è pensato che fosse stato Marco Polo ad importare i primi "spaghetti" dalla Cina