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GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 2019 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | HERITAGE MEMORIA IDENTITÀ STORIA 17 V edi Napoli e poi mori. A prima vista può sembrare inquietante, ma chiunque abbia vi- sitato la città può te- stimoniare che è così speciale, così unica e così preziosa da poter certo rappresentare il climax di una vita, almeno in termini di bellezza. Napoli, con il suo rumore che diventa musica, i suoi palazzi fati- scenti e i maestosi castelli, le sue chiese barocche e i mercati popo- lari, è tutto e niente, è amore e odio, è eleganza e volgarità, è ric- chezza e povertà, è spezia e zuc- chero, è storia e modernità, sacro e profano. E' Napoli. Si può provare a giu- dicarla, ma non si può fare a meno di amarla, alla fine, perché è l'Ita- lia, in tutte le sue idiosincrasie. Napoli è una città ricca di mi- steri e leggende. La sua gente ha un rapporto speciale con la chia- roveggenza, il parlare con i morti e il sapere qualche cosa sul ma- locchio. Lo sappiamo tutti. Ma la cosa più misteriosa e leggendaria di tutte le cose di Napoli è, proba- bilmente, il mito che circonda la sua fondazione. Parthenope la sirena Chi parla italiano, sa che spesso ci si riferisce ai napoletani come ai partenopei e che tutte le cose napoletane sono conosciute come partenopee. Beh, questo perché la leggenda dice che fu Parthenope, una mitica sirena, a fondare Na- poli. Le sirene sono abbastanza mi- steriose di per sè, si potrà dire, ma Parthenope ha qualcosa in più delle altre: era la figlia letteraria di uno degli autori più sfuggenti della storia, Omero, che l'ha de- scritta nel 12° canto dell'Odissea. Il buon vecchio Omero, il poeta che alcuni credono non sia mai esi- stito, una figura mitica di per sé, voce di un mondo sotterraneo di creature ed esseri di cui potrebbe far parte lui stesso. Parthenope, dicevamo..... il suo nome significa "vergine" in greco antico ed era una delle belle sirene che vivevano nel Mediterraneo. Lei - e tutte le sirene in realtà - era nota per la sua voce melodiosa, che usava per attirare marinai e viaggiatori al solo scopo di ucci- derli una volta che fossero alla sua portata. Un uomo come Ulisse, de- dito alla conoscenza e guidato dalla più forte curiosità, voleva sentire Parthenope cantare ma, vo- lendo anche tornare a casa dalla moglie e dal figlio (e ci aveva già messo un bel po' di tempo), non gli piaceva molto l'idea di farsi uc- cidere. Chiese quindi al suo equi- paggio di legarlo all'albero maestro e di non liberarlo, anche se avesse supplicato di farlo durante il canto di Parthenope. Ed fu così che Ulisse sentì la bellissima voce di una sirena e sopravvisse. Ma Parthenope non la prese bene e, sconvolta dall'evento, saltò dalla scogliera più alta e morì. ....e il mare cullò il suo corpo tra lutto e lamenti, fino a che rag- giunse il Golfo di Napoli. Quando le onde toccarono l'isolotto di Me- garide, finalmente lo posarono per- chè lì riposasse. E lì, i resti mortali di Parthenope si dissolsero, creando la città di Napoli, la sua testa che toccava dolcemente la collina di Capodimonte e la sua coda quella di Posillipo. Per questo Napoli viene chiamata la città di Parthenope ed è, ancora oggi, un luogo di immensa bellezza ma a volte un po' controverso. Parthenope, una ragazza in- namorata La versione di Omero non è, però, l'unica che ci parla di Parthe- nope e Napoli. All'inizio del XX secolo, la scrittrice napoletana Ma- tilde Serao creò una sua Parthe- nope. Era una ragazza greca, di- speratamente innamorata dell'eroe ateniese Cimone. Ma Parthenope era già stata promessa in matrimo- nio a un altro uomo, così lei e Ci- mone scapparono dalla Grecia e raggiunsero - lo avete indovinato - il Golfo di Napoli. Qui si stabili- rono e iniziarono la loro vita in- sieme: Parthenope diede alla luce 12 figli e divenne la madre di tutti i napoletani. Secondo Serao, Parthenope non è mai morta: vive per sempre e, protettiva, sta accanto ai suoi figli e alla città che popo- lano, Napoli. Parthenope e il Vesuvio C'è una terza, mitica, versione della fondazione di Napoli, che in- troduce nel racconto un'altra icona della città, il Vesuvio. Solo che non stiamo parlando del vulcano, ma di un centauro così chiamato. Que- sta versione del mito, che divenne popolare nel XIX secolo, dice che la sirena Parthenope, un giorno, in- contrò per caso un centauro, Ve- suvio. I due si innamorarono su- bito, anche grazie all'intervento di Eros, il dio dell'Amore, che trafisse i loro cuori con le sue frecce ma- giche. I due condivisero molti mo- menti di felicità, fino a quando Zeus, il re di tutti gli dei, lo scoprì. Vedete, il vecchio e lunatico dio, noto per essere un donnaiolo se- riale, voleva Parthenope per sè, così si liberò del suo rivale Vesuvio trasformandolo in ..... un vulcano. Sì, un vulcano che si ergeva sul Golfo di Napoli perché Parthenope potesse continuare a vederlo, ma non potesse più toccarlo. Sconvolta dalla tristezza e dal dolore, Parthe- nope si uccise gettandosi in mare. Proprio come scrive Omero, le onde portarono il suo corpo sulle rive dell'isolotto di Megaride, dove scomparve per diventare la città di Napoli. Parthenope: una sirena incapace di accettare la sconfitta, che espia nella morte i suoi peccati e diventa una bella città; una ragazza inna- morata che si trasforma nella ma- dre di tutti i napoletani; una sirena di nuovo, che riesce a riunirsi con il suo amato dopo la morte, come la città ai piedi della montagna in cui lui si era trasformato. I tre volti di Parthenope, le tre leggende dietro alle origini di Na- poli. La leggenda della sirena Partenope spiega le origine della bellissima Napoli (© Dreamstime) Miti e leggende d'Italia Campania - Parthenope e la fondazione di Napoli