L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-3-2019

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GIOVEDÌ 3 OTTOBRE 2019 www.italoamericano.org 7 L'Italo-Americano IN ITALIANO | mo a migliaia all'estero o nel triangolo industriale italiano. Ero sicuro che in un modo o nell'altro sarei partito, proprio come face- vano molte altre migliaia di per- sone nella nostra zona. Non avrei aspettato per vedere se gli effetti del "miracolo" avrebbero finito per scendere verso sud e portare una qualche forma di occupazio- ne. Non credevo in quel tipo di speranza effimera. Una volta arrivati negli Stati Uniti e stabiliti per la prima volta nel Bronx, suo zio Gelso- mino le disse: "Beh, in America ce la farai solo se lavorerai sodo. La parola 'lavoro' è l'uni- ca chiave del successo". E' ancora valida oggi? Sì, è ancora valida, e sarà sem- pre valida. Naturalmente, non intendiamo necessariamente lavo- ro fisico. Mio padre diceva sem- pre: "Non puoi prendere una scor- ciatoia per completare un compito perché alla fine il tuo lavoro non emergerà". Competenza, passione e impegno sono gli ingredienti del successo. Ha scritto che suo padre par- lava e si comportava come un personaggio dello scrittore sici- liano verista Giovanni Verga di nome Padron 'Ntoni, un uomo strenuamente fedele agli ideali di onestà e duro lavoro. Suo padre ha avuto un ruolo impor- tante nell'insegnarle il senso del dovere, della responsabilità e della resistenza? Sicuramente mio padre è stato un modello. Ha lavorato sodo tutta la vita in campagna. Le sue azioni erano le mie lezioni. Ha sempre provato grande affetto anche per suo nonno. Si trasferì in America nel 1906. Ha vissuto una vita di sacrifici e alla fine ha potuto comprare alcuni appartamenti a New York. Ha gettato le basi per i futuri successi della vostra famiglia. I vostri cugini si tra- sferirono a New York nel 1954. Sei anni dopo, lei, sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle si unirono a loro. Ho sempre avuto grande rispetto per lui e per gli emigranti della sua generazione perché si sono trasferiti in un mondo che, per molti versi, era ancora crude- le, ingiusto e permeato dal dolore della discriminazione. Quegli emigranti, persone senza volto che non hanno mai ricevuto il rispetto e nemmeno l'attenzione che meritavano per il loro contri- buto nel gettare le fondamenta dell'America e per arricchire l'Ita- lia con le loro rimesse, sono vera- mente i miei eroi. Nel caso di mio nonno, è stato grazie al suo signi- ficativo sacrificio nel lavorare duramente e nel mettere da parte i suoi magri guadagni, che i suoi figli e i suoi nipoti hanno provato un senso di sicurezza quando sono arrivati in America. Ha scritto che crescere in una fattoria nel Sud Italia le ha fatto acquisire una sorta di atteggiamento stoico. Ha impa- rato ad essere più resiliente e ad adattarsi meglio negli Stati Uniti? Anche se io e i miei fratelli andavamo a scuola, mio padre ci teneva impegnati quotidianamen- te nella vita agricola. Avevamo compiti e responsabilità da svol- gere. Durante l'estate, il nostro lavoro in fattoria diventava più coinvolgente e impegnativo. Una parte del lavoro era abbastanza pesante e dura. Di conseguenza, quando sono arrivato negli Stati Uniti e ho trovato lavoro in una fabbrica dove si lavorava 10 ore al giorno, francamente per me non è stato un compito impossibi- le. Avrei sicuramente preferito un lavoro più leggero, magari un lavoro in ufficio. Tuttavia, quel- l'esperienza mi ha reso più duro e mi ha preparato a superare gli ostacoli con meno stress. Nel libro dico che "l'acciaio più duro viene dal fuoco più caldo": la metafora è molto veritiera per esperienza di vita. Quando è arrivato a NY, "era anche una nuova era per l'italianità", a partire dalla moltitudine di cantanti italoa- mericani che dominavano la scena musicale con le loro voci melodiche. Anche gli italiani hanno gio- cato un "ruolo decisivo nel movimento americano per i diritti civili". Lei ricorda Mon- signor Geno C. Baroni che divenne il coordinatore della Marcia a Washington quando Martin Luther King pronunciò l'esaltante discorso "I Have a Dream". L'emergere degli italoamerica- ni fa parte della trasformazione sociale e culturale dell'America. Molti giovani italoamericani combatterono nella Seconda guerra mondiale come volontari per dimostrare fedeltà agli Stati Uniti. Quando la guerra finì, il GI Bill, che rese l'istruzione universi- taria gratuita per i veterani di guerra, aiutò migliaia di italoame- ricani ad avere un'istruzione uni- versitaria e ad abbattere barriere sociali e culturali. Alla fine, hanno anche svuotato molti ste- reotipi che i loro padri e nonni avevano dovuto sopportare. In gran numero, sono entrati nella classe media e sono entrati a far parte del mainstream, e in alcune parti degli Stati Uniti, come Long Island, New York, dove si trova la mia università, hanno diretto il mainstream. Una delle tante prove tangibili di questo successo è che a Long Island ogni scuola superiore pubblica ha introdotto l'insegnamento della lingua italia- na, spesso a causa della pressione della comunità. Ho percepito amarezza nelle sue parole quando ha parlato della nuova generazione di americani, "adolescenti coperti di tatuaggi che si isolano dal mondo e chiedono sussidi al governo". Lei è un insegnante. Come insegniamo ai bambini la responsabilità, il rispetto e l'eti- ca del lavoro? Abbiamo visto un profondo cambiamento culturale nel modo in cui i miei genitori e le persone della mia generazione si sono relazionati ai bambini, alle istitu- zioni e alla società in generale. Oggi c'è un forte interesse a pro- teggere la libertà individuale, la privacy, l'identità e la diversità. Potrebbe essere un modo di vivere meraviglioso, ma abbiamo biso- gno del rispetto delle leggi e del- l'ordine, accompagnato da un senso di responsabilità personale, per mantenere e migliorare la nostra società civile. Gli insegnan- ti richiedono autorità e rispetto per insegnare i valori etici. La libertà di azione e di parola non può esi- stere in senso assoluto! Ha scritto che la povertà è anche uno stato d'animo. "Ave- vamo orgoglio, un senso di auto- stima, di decoro e determinazio- ne per avere successo". Non si è mai sentito povero. E ha aggiun- to: "Paradossalmente, doveva- mo diventare più poveri per diventare più ricchi". In Italia, vivevamo in una fat- toria di proprietà dei miei genitori. Mio padre sosteneva che la fami- glia Mignone aveva sempre vissu- to nella propria casa e posseduto proprietà. In America, siamo par- titi da zero. Sì, avevamo meno di quello che avevamo in Italia e in un certo senso eravamo più pove- ri. Tuttavia, non ci siamo mai sen- titi poveri perché sentivamo che con il lavoro e la cooperazione familiare avremmo acquisito uno status sociale. Infatti, dopo tre anni in America, abbiamo com- prato un edificio con cinque appartamenti. I cinesi, gli indiani e i coreani che formano la nuova ondata di immigrazione stanno seguendo la stessa strada verso il successo. Molti studenti immigrati nelle mie classi all'università, che hanno letto il libro, hanno detto che la mia storia è anche la loro storia. Cosa consiglierebbe a un gio- vane italiano di oggi che non riesce a trovare lavoro in Italia? Essere più resiliente nel proprio paese di origine o fare i bagagli e partire? Come valuta il parti- re oggi per gli Stati Uniti? Oggi molti giovani italiani par- tono per il mondo con successo. Infatti, ci sono molti giovani ita- liani che lavorano come ricercato- ri presso la mia università. Ho incontrato alcuni di loro che lavo- rano in vari settori e la maggior parte è piena di energia e sono desiderosi di mettersi alla prova nella loro carriera. Non suggeri- sco che tutti debbano fare i baga- gli e andarsene. Tuttavia, se diver- si tentativi di trovare lavoro in Italia, e non necessariamente il lavoro ideale, falliscono, allora potrei dire sì partite, ma prepara- tevi ad affrontare enormi ostacoli e abbiate fiducia nella forza umana, nell'immaginazione e nella creatività. Oggi non sento la stessa ener- gia collettiva che negli anni '60 spingeva gli Stati Uniti verso il futuro. Tuttavia, qui c'è quasi piena occupazione e alcune azien- de stanno lottando per trovare personale qualificato. Nella mia grande famiglia, i miei figli, i miei nipoti, le miei nipoti, la prima generazione nata qui, stan- no andando tutti bene, alcuni molto bene e non hanno dovuto lottare per affermarsi. Sì, sono i figli di immigrati che hanno anco- ra quel forte desiderio di realiz- zarsi nella società americana, le opportunità sono ancora quelle degli anni '60 se si comprendono i cambiamenti che i progressi tec- nologici hanno creato e le esigen- ze occupazionali della nostra società. Il suo viaggio di ritorno verso la sua infanzia con sua moglie e le sue figlie è stato quello che si aspettava. Ne ha scritto confermando "il vecchio detto di Eraclito: 'In un fiume non ci si bagna mai due volte nelle stesse acque'. Prova nostalgia per un tempo in Italia che non ha mai conosciuto da adulto? Il problema degli emigranti è affrontare i cambiamenti avvenuti nel luogo di nascita. È il problema di Anquilla, protagonista de La luna e i falò di Cesare Pavese. Il ritorno a casa può essere traumati- co: i luoghi di nascita sono cam- biati, a volte profondamente, e anche l'emigrante è cambiato profondamente. Pensare di trova- re le nostre vecchie case come erano quando siamo partiti può essere irrealistico e alla fine dolo- roso. Qual è il suo attuale rappor- to con Benevento e i Beneventa- ni? Mi piace andare a Benevento, ma i miei legami sono soprattutto sentimentali, senza rapporti con le istituzioni o le organizzazioni. Molti anni fa, ho cercato di creare uno scambio studentesco tra la mia Università e l'Università di Benevento, ma non ci sono riusci- to. Ho stabilito quattro scambi con altre Università in Italia, ma non ho trovato interesse a Bene- vento. Tuttavia, sono molto entu- siasta della prossima visita di un gruppo di studenti del Liceo Clas- sico "Pietro Giannone" di Bene- vento al nostro liceo locale e alla mia università. Sto lavorando sodo per rendere la visita memo- rabile per gli studenti di Beneven- to. "La cucina era l'altare di mia madre", ha scritto. Era un luogo dove sua madre, attraver- so il cibo, guariva il suo corpo e la sua anima, uno spazio di pro- tezione contro i "lupi della stra- da". Le madri avevano un ruolo fondamentale nelle famiglie ita- liane. Questo ruolo è stato il col- lante per l'unità e il successo della mia famiglia. Le mie sorelle e alcune delle nostre mogli cercano ancora di svolgere questo ruolo. I piatti italiani sono il cibo princi- pale nelle nostre famiglie, ma è il ruolo della madre, anche attraver- so la tavola, ciò che tiene unita la famiglia e le dà energia. Senza la sicurezza che mia madre ha creato in casa, dubito che dei suoi otto figli tre sarebbero diventati medi- ci, uno dentista, due professori universitari e due insegnanti di scuola pubblica. NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ Continua da pagina 5 G Un primo piano del compianto professore e scrittore Italo-Americano Mario Mignone (Ⓒ: Stony Brook University)

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