L'Italo-Americano

italoamericano-digital-11-14-2019

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NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2019 www.italoamericano.org 3 L'Italo-Americano IN ITALIANO | O gnuno di noi è un pezzo di storia. Forse non ne siamo sempre coscienti. Eppure è proprio così. A volte siamo testimoni di avveni- menti di cui solo in seguito se ne capirà la portata. E quel dire "c'ero anch'io, ero lì, ho visto con i miei occhi" non significa solo aver par- tecipato a quanto è successo in quel particolare contesto, ma poter aggiungere le proprie emozioni. C'è sempre un pezzo di noi nel momento in cui raccontiamo quan- to avvenuto in un determinato momento. A volte siamo protago- nisti, a volte spettatori. Poco impor- ta in realtà, se in entrambi i casi possiamo metterci del nostro. E poterlo fare è sicuramente fonda- mentale. Ora spostiamoci un momento in cucina e prendiamo una padel- la. Aggiungiamo i primi ingre- dienti per preparare un classico soffritto e poi dedichiamoci a fare il sugo per la pastasciutta da veri italiani. Oppure diamo una rapida occhiata in dispensa e selezionia- mo quanto abbiamo a disposizio- ne per dare libero sfogo alla crea- tività da veri chef che c'è in noi. Se invece il frigorifero è semi- vuoto e ci riserva ben poca scelta, armiamoci di fantasia e pensiamo di riempire la pancia con l'antica arte di arrangiarci con quel che c'è. Usiamo ad esempio quella busta di surgelati che possono svoltare la giornata in pochi minuti, o quel riso avanzato ieri insieme a un paio di uova. Persino se siamo del tutto a corto di idee, o di ingredienti, c'è sem- pre modo di rimediare un buon pranzetto: al fast food o nel bar sotto casa possiamo acquistare quanto basta per sfamarci. Magari aggiungiamoci giusto un po' di maionese o due foglie di lattuga e il sapore si aggiusta a nostro gusto. Ecco siamo esattamente arri- vati al punto. Ognuno di noi, quando mangia, ovvero fa la cosa più naturale e anche più abitudi- naria possibile, ma pur sempre soddisfacendo un bisogno prima- rio, aggiunge del suo. Che sia un pizzico di peperoncino nel sugo della pasta piuttosto che un tritato di sedano e carote prima del pomodoro (ma pensate a quante variazioni sono possibili solo qui: pomodoro fresco o passata? Meglio i pelati o la polpa aroma- tizzata?), che sia salsa worcester o barbecue da spalmare sulla carne alla piastra, che siano cipol- le fritte o un pezzo di formaggio per farcire meglio il panino. Dalla ricetta gourmet che ci prepariamo da soli a quel che aggiungiamo (o magari togliamo) nel piatto che acquistiamo pronto, c'è sempre un nostro tocco, un modo in cui personalizziamo quel che mangiamo. Questo esempio ci serve per dire che ogni volta che portiamo in tavola una ricetta, nella mag- gior parte dei casi questa è stata riveduta e corretta per adattarla al nostro gusto. Esattamente come succede quando assistiamo ad un evento e lo raccontiamo. Ciascuno di noi darà sempre una versione differente. Ognuno avrà visto qualcosa che all'altro sarà sfuggita nel senso che ognu- no avrà notato un colore più che un suono, un'emozione più che una parola. Anche se tutti e mille abbiamo assistito allo stesso con- certo, una volta che tutti e mille lo avremo raccontato, quel con- certo sembrerà sempre un po' diverso e al contempo sempre un po' uguale. Bene. E' questa la ragione per cui in cucina serve un libro di ricette. Quando descriviamo gli ingredienti, forniamo il modello base del piatto, la procedura stan- dard per raggiungere un risultato, diamo a tutti la possibilità di riprodurre una pietanza. In segui- to potremo aggiungere il nostro tocco. Non solo. Avere uno stan- dard consente di non perdere di vista l'originale: ci ricorda cioè che è importante conservare il nostro legame con le origini, sia perchè così possiamo sentire il vero sapore della tradizione, di un luogo, di un tempo, sia perchè questo ci consente di misurarci con sapori e gusti differenti dai nostri o da quelli a cui ci siamo abituati. Ma se facciamo il procedi- mento inverso, ovvero se vedia- mo cosa mangiamo, se studiamo cosa c'è nel nostro piatto, scopri- remo che ogni pietanza parla spe- cificatamente di noi: se assecon- diamo la ricetta base saremo dei tradizionalisti, se aggiungiamo il parmigiano al pesce perchè nonna lo preparava così e a noi piace così, anche se si sfidano i canoni degli abbinamenti, resteremo fedeli alla tradizione ma solo a quella di famiglia, se la stravol- giamo mettendo il ketchup sopra gli spaghetti non saremo dei rivo- luzionari nè probabilmente degli chef ma probabilmente dimostre- remo che siamo aperti a sapori nuovi. Se reinterpretiamo una ricetta, ogni variazione racconterà qual- cosa: se la nostra cucina è fusion, magari dipende dal fatto che in famiglia si sono sposate due tra- dizioni culinarie, se convivono ingredienti lontanissimi tra loro, tipo origano e zenzero, salsa di soia e guacamole, magari dipende dal fatto che abbiamo viaggiato molto e con noi abbiamo riportato a casa profumi che abbiamo imparare a miscelare. L'unica cosa importante, a questo punto, è ricordarsi che tra- dizione e libertà di metterci del proprio possono convivere e in ogni caso, sia l'una che l'altra, saranno sapori tutt'altro che Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei scontati, con tutto quello che pos- sono raccontare di noi, delle nostre esperienze, del nostro retaggio familiare e sociale, del nostro punto di vista e persino del nostro sperimentalismo. 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