L'Italo-Americano

italoamericano-digital-11-28-2019

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27 GIOVEDÌ 28 NOVEMBRE 2019 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | LA COMUNITÀ DI SAN FRANCISCO " C'è una pre-storia a que- sto film ed è quella di un produttore che mi pro- pone di girare un film su T o m m a s o B u s c e t t a . Così mi son messo a leggere, studiare, capire un pò di più". Comincia così la conversa- z i o n e t r a i l r e g i s t a M a r c o B e l l o c c h i o e l ' a t t o r e Pierfrancesco Favino che, in u n ' i n t e r v i s t a e s c l u s i v a a L'Italo-Americano, hanno rac- contato il lavoro dietro al film Il Traditore, in occasione del tour in giro per gli Stati Uniti. Il film è anche il candidato italiano in vista degli Oscar del 2020. N e l l a S i c i l i a d e g l i a n n i Ottanta, va avanti la guerra fra le cosche mafiose e quella dei C o r l e o n e s i , g u i d a t i d a T o t ò Riina, ha un solo obiettivo: far fuori tutte le famiglie nemiche. Mentre il numero dei morti sale di giorno in giorno, Tommaso Buscetta, capo della vecchia Cosa Nostra, vive nascosto in B r a s i l e i n s i e m e a l l a t e r z a moglie, Cristina, e ai figli. La bella vita di Don Masino finisce quando la polizia federale lo rin- traccia e decide di consegnarlo allo Stato italiano. Ad aspettarlo, a Palermo, il giudice Giovanni Falcone che vuole da lui la testi- monianza utile a smontare l'ap- p a r a t o c r i m i n a l e m a f i o s o . Buscetta si lascia convincere e diventa, se non il pentito, il primo collaboratore a parlare della struttura di Cosa Nostra. Il suo diretto avversario, almeno fino alla strage di Capaci, non è però Riina ma Pippo Calò che, una volta passato dalla parte del nemico, non ha protetto i suoi figli. Tommaso Buscetta, perso- naggio chiave del film, non era s o l o l ' u o m o d e i d u e m o n d i . Buscetta è passato alla storia come l'uomo - mai pentito ma collaboratore della giustizia - che ha svelato all'Italia e al mondo cosa fosse Cosa Nostra, la sua struttura e il suo modo di operare. M a e s t r o B e l l o c c h i o , c h e cosa l'ha spinta a parlare di Buscetta? " A t t r a v e r s o g i o r n a l i s t i e s c r i t t o r i , h o c o m i n c i a t o a d appassionarmi a questo perso- naggio che gira per il mondo, proprio come me, ma piuttosto d i v e r s o d a m e . A n c h e i o h o viaggiato tanto, ma la mia vita è forse il contrario di quella di Buscetta. Don Masino, ultimo di 17 figli, ha cominciato la sua vita mafiosa prestissimo, in una Palermo devastata dalla guerra. F u n o t a t o d a q u a l c u n o d e l l a banda e da lì cominciò una car- riera mafiosa brillantissima che gli piaceva non poco". Un personaggio particolare, unico, che ha attirato l'interes- se di non pochi tra registi e attori. " Q u a n d o h o s a p u t o c h e Bellocchio stava girando un film su Buscetta, ho chiesto di poter essere preso in considerazione" ci svela Favino. "Ho fatto un primo provino e ho provato a convincere Marco. Conoscevo già abbastanza del personaggio Buscetta e una delle cose che mi ha sempre affascinato di lui è che non rappresenta il cliché a cui noi tutti siamo abituati. Per me, era un personaggio unico da r a c c o n t a r e p e r v i a d e l l a s u a diversità. Ancora oggi mi chie- do perché avessi quel forte desi- derio di interpretare Buscetta, forse sapevo che questo ruolo mi avrebbe permesso di mostra- re tutta una serie di cose che sono in grado di fare". Cosa ha scoperto che non sapesse già di Buscetta? "Don Masino è un uomo in cui convivono l'aspetto crimina- le dell'uomo di mafia e degli aspetti borghesi, come ad esem- pio il suo essere un family man, una persona con un senso della lealtà nobile e antico", continua Favino. "La mafia è per noi ita- liani una nota dolente, ma rico- noscere in lui alcuni aspetti dell'italianità è stato sorpren- dente e interessante. Buscetta ama aspetti della cultura per cui siamo conosciuti nel mondo, come la moda, la musica, l'amo- re, e li mette insieme nella sua vita e li declina in maniera del tutto personale e unica". Maestro Bellocchio, parlan- do di cliché, ha tenuto in conto o si è preoccupato di poter cadere nello stereotipo della mafia? "Non mi son posto il proble- ma di distinguermi da esempi grandiosi come quelli dei registi americani e, per via del modo di lavorare, sapevo che non avrei rischiato di ripetere le esperienze di tanti altri film. Abbiamo lavo- rato di fantasia ma su fatti real- mente accaduti e li abbiamo ela- borati a modo nostro, con totale libertà, a differenza de La Piovra o di film girati in America, come Il Padrino." Come si viene a capo di un personaggio ambivalente che si trasforma, per così dire, nel corso del tempo, chiediamo a entrambi. "Si è trattato di un film molto faticoso - ammette Bellocchio - perché abbiamo voluto evitare a tutti i costi la celebrazione del personaggio e in diversi momen- t i n e l f i l m è m o l t o c h i a r o . Falcone è riuscito ad ottenere da Buscetta elementi importanti per smontare Cosa Nostra ed è tutto esplicitato nei dialoghi. Buscetta è stato solo l'inizio, dopo di che c'è stato uno sfaldamento del- l'organizzazione anche per via dei centinaia di pentiti che ne sono seguiti". S u l l a s t e s s a s c i a , F a v i n o : "Siamo noi spettatori a sentirci sollevati dalla responsabilità per- sonale nel momento in cui pos- siamo dire che quel personaggio malvagio è lontano da noi. E' più facile pensare che quell'uo- mo non sia una persona affettuo- sa, che non ami i suoi figli, che non possa tessere relazioni di amicizia. Buscetta ha costruito c o n l a s c o r t a u n r a p p o r t o d i famiglia, tra nonno e nipotini. Aveva costruito relazioni civili dentro il tribunale. Questo perso- naggio ambivalente serve più a noi perché sappiamo chi è il cat- tivo e riusciamo così a non avere più di tanto paura". Si passa poi a capire un po' di più del contesto siciliano. Secondo Bellocchio, "Per un periodo breve, siamo stati in Sicilia, proprio con lo scopo di evitare di cadere in un racconto superficiale. Quella Sicilia non c'è più, abbiamo vissuto espe- rienze umane tra cui quella di sentir parlare, ascoltare chi ha vissuto quegli anni. La lingua locale è stata l'elemento più penetrante e importante, grazie a n c h e a d a t t o r i s i c i l i a n i c h e hanno risposto favorevolmente. E, in aggiunta, è stato importante avere la possibilità, che abbiamo subito colto, di girare nella vera aula bunker, che ci ha permesso di ispirarci per la scena del pro- cesso." E F a v i n o a g g i u n g e : " L a Sicilia di oggi è diversa grazie soprattutto ai giovani, c'è una regione che vuole distinguersi e c i s t a r i u s c e n d o . I l f i l m n o n vuole essere un film pro-mafia, non si esce dal cinema pensando di voler essere come loro". M a e s t r o B e l l o c c h i o , c h e cosa porta nelle sale americane che altri registi non abbiano già portato? "Io credo di portare sia i fatti che il nostro modo di guardare a questa storia". Gli fa eco Favino: "Credo che q u e s t o f i l m s i a u n ' a s s o l u t a novità perché finora si è pensato che la mafia fosse esclusivamen- te quella raccontata dal cinema americano. In realtà, quella è la mafia italo-americana a cui, non a caso, la mafia siciliana guarda- va con fastidio, per le abitudini comportamentali, per l'ostenta- zione della ricchezza, era in un certo senso considerata una sorta di scimmiottamento della vera mafia. Per questo, sono certo che questo film mostri qualcosa di diverso, in qualche modo tutti siamo stati affascinati dai perso- naggi de Il Padrino o dei film di Scorsese. Con questo film, inve- ce, ciò non accade perché non si esce dalla sala con la voglia di essere uno di loro, non c'è nulla di glamour nell'essere un mafio- so". Come pensa che il pubblico i n t e r n a z i o n a l e p e r c e p i r à i l film? Pensa che al racconto manchi qualcosa del contesto? A d e t t a d e l m a e s t r o Bellocchio, "L'interesse doveva rimanere sui personaggi, su ele- menti reali che mettono insieme il personaggio col suo ambiente. Pur utilizzando un po' di scene di repertorio, senza nessun atteg- g i a m e n t o r o m a n t i c o , s i a m o a n d a t i a v a n t i i n u n c o n t e s t o diverso, per raccontare un film che parla comunque del passa- to". S u l l a s t e s s a s c i a , F a v i n o : "Dal punto di vista storico, la mafia è stata scoperta grazie a Buscetta, per contestualizzare la mafia avremmo dovuto girare scene di continui delitti e proces- si veloci. Si può dire che la con- testualizzazione per questa storia arriva dalle informazioni che tutti noi abbiamo già sulla mafia ma, per via di Buscetta, sappia- mo cosa la mafia fosse veramen- te". Prima di chiudere con un in bocca al lupo, abbiamo chiesto quale scena li renda orgogliosi o semplicemente la scena pre- ferita. "Per me, il pezzo più diffici- le, per il quale mi rendevo conto che la retorica era a due passi, come del resto il buonismo, è s t a t o i l r a p p o r t o B u s c e t t a - Falcone. Non è stato impossibile da realizzare come desiderava- mo, ma ammetto che è stato dif- ficile. E lì, sì, che ho avuto paura di cadere nella retorica". Per Favino, invece, la scena dell'interrogatorio del processo Andreotti rimane la preferita. " E r a u n a s c e n a c o m p l i c a t a - spiega - perché il racconto della stanchezza, del fallimento, della fine di un percorso, in cui era necessario mantenere intatta la dignità di un uomo che accetta la sconfitta, aveva un pericolo alto. Rivedendola, penso abbia un bell'equilibrio e non cada nel rischio che l'attore possa prova- re compassione per Buscetta, per via di quello che sta accadendo". Marco Bellocchio, regista de Il Traditore, film biografico su Tommaso Buscetta (Copyright: Dreamstime) Il regista Marco Bellocchio e l'attore Pierfrancesco Favino raccontano il loro ultimo film: Il Traditore

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