L'Italo-Americano

italoamericano-digital-12-26-2019

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www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 26 DICEMBRE 2019 E spresso Italiano tradi- zionale: questa è la definizione del caffè che l'Italia vuole pre- sentare all'UNESCO perché sia inserito nella sua Lista del Patrimonio Immateriale. La proposta di candidatura è stata presentata il 2 dicembre alla Camera dei Deputati, una delle due Camere del Parlamento italia- no, due anni dopo che l'arte dei pizzaiuoli di Napoli è stata inseri- ta nella lista UNESCO. L'iniziativa è stata promossa dal Consorzio di Tutela del Caffè Espresso Tradizionale, con l'o- biettivo di valorizzare uno dei prodotti più iconici d'Italia, di cui "l'originalità e l'unicità devono essere preservate", come ha dichiarato l'onorevole Maria Chiara Gadda, rappresentante di Italia Viva in Commissione Agricoltura nella Camera bassa del Parlamento. Nell'affrontare l'argomento, Gadda ha sottolineato come il caffè italiano sia sinonimo di "socializzazione, un vero e pro- prio rito italiano conosciuto anche al di fuori dei nostri confini nazio- nali". E c'è molto da dire anche sulla storia del caffè come lo conosciamo oggi, e sul ruolo dell'Italia nel suo sviluppo e dif- fusione. Il caffé, un rituale tutto ita- liano Il caffè, lo sappiamo tutti, non proviene dal Belpaese. Conosciuto fin dal Medioevo dagli Arabi, la sua cultura era comune in Africa e in Medio Oriente e alla fine è arrivato in Europa attraverso i Balcani, gra- zie ai contatti tra l'Impero Ottomano e l'Occidente. Sembra che il primo italiano a cercare di diffondere il caffè nella penisola sia stato Prospero Alpino, un medico padovano che lo portò da Venezia verso la fine del XVI secolo. Nella Serenissima il caffè era prezioso come l'oro e solo i ricchi potevano permetterselo, ma questo non ne rallentò la crescita in termini di popolarità. Il suo sapore amaro e intenso, il suo aroma coinvolgente e sensoriale, ne fecero un must-have, tanto che i negozi specializzati che lo ven- devano iniziarono a spuntare qua e là per la città: il passo verso l'i- naugurazione dei primi caffè, come si chiamano in italiano, fu breve. Ed è qui, nell'associazione tra bere un caffè e un certo tipo di socializzazione rilassata, alla moda, intellettuale, che va ricerca- to il primo essenziale imprinting italiano alla cultura del caffè. L'Italia ha fatto del caffè una bevanda sociale, lo ha reso un pia- cere. Nel 1763, a Venezia c'erano 218 caffè e persino il Papa ne era un fan, nonostante molti gli chie- dessero di vietarlo, per quanto fosse piacevole e - Dio non voglia - non si poteva essere un buon cri- stiano e godersi un piacere così mondano senza finire nella trap- pola del Diavolo. È in Italia, allora, che il caffè divenne qualcosa da condividere con gli amici e i propri cari, ma anche da gustare discutendo di politica, arte e letteratura: con l'avvento del XIX secolo, si tra- sformò nella bevanda preferita dall'intellighenzia italiana. Tutto questo si è sviluppato all'interno e intorno ai caffè, luo- ghi che ben presto sono diventati famosi quanto i teatri, dove si sono prese decisioni, sono nati amori e amicizie. In altre parole, l'Italia aveva creato la moderna cultura del caffè. Fare l'espresso è una forma d'arte, ed è tutto italiano. Infatti, è un italiano che ha inventato la prima macchina per caffè espresso: stiamo parlando del torinese Angelo Moriondo che la creò nel 1884: la sua tecnologia era rivoluzionaria perché permet- teva ai baristi di fare infinite tazze di caffè, velocemente. Dopo di lui, altri uomini di grande inventiva come Luigi Bezzera, Desiderio Pavoni, Pier Teresio Arduino e Achille Gaggia hanno perfeziona- to la tecnologia, praticamente per- mettendo ai bar italiani di oggi e ad ogni Starbucks nel mondo, di esistere e prosperare. Ecco quindi un altro motivo per cui il caffè espresso dovrebbe essere considerato una cosa italia- na. Fin qui tutti d'accordo, ma l'e- spresso dovrebbe davvero entrare a far parte del patrimonio immate- riale italiano dell' UNESCO. Alcune considerazioni finali, ispirate da un articolo molto inte- ressante pubblicato sul sito del Gambero Rosso e scritto da Michele Becchi. Se l'Italia è stata il vero motore dello sviluppo della cultura del caffè fino al secondo dopoguerra, le cose sono molto cambiate negli ultimi decenni. Se fino agli anni '80 i nostri "bar" e caffè erano piccole azien- de a conduzione familiare, tutte incentrate sull'eccellenza e la qua- lità - insieme a quella quintessen- za domestica tipica di questi luo- ghi -, negli anni '90 l'attenzione si è spostata sul fatturato, con sem- pre minore attenzione alla qualità del prodotto. Questo è accaduto in Italia, mentre il resto del mondo, ha iniziato a fare il caffè con mac- chine di alta qualità e con chicchi di alta gamma, magari anche un po' sfidando la tradizione, ma restando dentro i canoni necessari per fare una fantastica miscela: in sostanza, il mondo ha abbracciato l'originale filosofia italiana del caffè, mentre l'Italia ha perso di vista se stessa. Almeno per un po'. Ma l'Italia alla fine ha recupe- rato il tempo perso, grazie all'in- fluenza e all'esempio di altri paesi, che hanno portato avanti l'essenza della cultura del caffè anche quando eravamo più occu- pati a sfornare tazzine di caffè senza pensare a tutto ciò che significavano dal punto di vista culturale e culinario. Oggi, la figura del barista è tor- nata ad essere centrale e la qualità dei chicchi, così come il modo in cui vengono acquistati, è fonda- mentale. L'onnipresente espresso che, per almeno un paio di decen- ni, era diventato qualcosa da bere velocemente, quasi come un gesto automatico, è di nuovo un piacere in Italia, proprio come quattro secoli fa, quando Prospero Alpino portò la prima kava a Venezia. Abbiamo riscoperto l'arte di fare e gustare un buon caffè, cosa che noi, se non proprio inventata, abbiamo certamente sviluppato secondo gli standard conosciuti nel mondo di oggi. Per questo, credo, sarebbe giu- sto che l'espresso Italiano tradi- zionale facesse parte del patrimo- nio immateriale italiano UNE- SCO, ma non senza riconoscere come il resto del mondo, con il suo incommensurabile amore per il caffè - e per il caffè all'italiana in particolare - abbia contribuito a mantenere viva la nostra tradizio- ne anche quando noi l'abbiamo persa un po' per strada. Diciamo che, il giorno in cui il caffè italiano diventerà - speriamo - patrimonio dell'UNESCO, noi italiani dovremo offrire un caffè al mondo come grande ringrazia- mento. Prepara le tazzine, sta salendo il caffè! E se la nostra amata tazzina mattutina diventasse patrimonio UNESCO? I l c a f f è i t a l i a n o d o v r e bb e d i ve n t a r e p a t r i m o n i o dell'UNESCO? LIFESTYLE IDENTITÀ SOCIETÀ RADICI

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