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M i dirigo a San Giovanni Bian- co alla ricerca delle radici di Arlecchino. Il suo spirito è ancora vivo e vegeto nella cultura italiana? Arlecchino esiste ancora? A circa 17 miglia dalla città di Bergamo, San Giovanni Bianco è un villaggio di monta- gna di origini romane in un angolo incontaminato della Val Brembana. La gente del posto è riservata, difficile da penetrare come le mura veneziane, eppu- re è cortese, generosa e sensibi- le all'arte. I bergamaschi hanno tra- scorso molti secoli sotto il dominio di Venezia, che li ha cosparsi di un orgoglio che bisogna conoscere per capire la loro personalità. L'Arlechì, come la gente del posto chiama il famoso buffone in un dialetto che per le sue sil- labe gutturali suona poco armo- nico alla maggior parte degli italiani, è stato inventato da un uomo di teatro originario di una frazione di San Giovanni Bianco. Il minuscolo luogo si chiama Oneta, lì ancora oggi, a Palazzo Grataroli, si trova la Casa di Arlecchino in tutto il suo splendore. Da bambina adoravo il popolare personaggio del teatro dell'improvvisazione italiano, un genere noto come Commedia dell'Arte. I suoi coloratissimi abiti rattoppati, il suo cappello a due punte, il suo bastone di legno e le pose da acrobata mi facevano sorridere. Mi divertiva il suo guizzo, la sua vitalità e la sua irriverenza. Mi sedevo incantata di fronte a quel personaggio interpretato da un attore o da qualsiasi altra persona. Alle elementari, i miei com- pagni di classe maschi si vesti- vano da Arlecchino per Carnevale. Qualche anno mi sono vestita da Colombina, la fidanzata di Arlecchino, una serva con i piedi per terra che vedeva sempre la situazione per quello che era. Indossava un vestito stracciato e portava un tamburello che poteva usare per respingere le avances amo- rose del signor Pantalone. Sapeva come confondere Arlecchino e tenere il pubblico sulle spine. Entro a San Giovanni Bianco: strade strette e case tra- dizionali in pietra caratterizza- no questo luogo panoramico attraversato da sette ponti. Da qui si gode di un vasto panora- ma su un mosaico di colline. Il viaggio che ha portato Arlecchino dalla cinquecente- sca Bergamo alle settecente- sche Parigi e Venezia è partito da Oneta, città natale di Alberto Naselli, attore princi- pale e capo della compagnia della prima Commedia dell'Arte. Conosciuto anche con il suo nome d'arte Zan Ganassa, fu il primo a interpretare il ruolo di Arlecchino. Nato nel 1540 a Palazzo Grataroli, Naselli si spe- cializzò nei ruoli di Zanni, i mol- teplici personaggi servili della Commedia dell'Arte. Gli Zanni caratterizzavano i lavoratori immigrati senza terra della Val Brembana. Sul palco, il loro compito era di far avanzare l'azione e di dare un po' di movi- mento con un tocco di cinismo. Avevano buon senso, arguzia e predisposizione per gli scherzi. Il termine Zanni è una forma dimi- nutiva del nome Giovanni. Arlecchino è lo Zanni più riuscito di tutti. Dopo essersi esibito a Mantova e Ferrara, Naselli si recò a Parigi nel 1571 dove creò Arlecchino. All'epoca la sua compagnia era la prima compagnia italiana nella capitale francese. Nel 1572, lui e i suoi attori furono invitati da Carlo IX per intrattenere gli ospiti durante il matrimonio della sorella Margherita di Valois con il futuro Enrico IV. L'originale maschera di Arlecchino di Naselli era fatta di cartone cerato e nascondeva l'intero volto; in seguito divenne una mezza maschera di pelle. Il diabolico sorriso sul volto, mentre si rotola selvaggiamente sul palcoscenico, suggerisce l'origine del nome scelto da Naselli. Dante aveva menzionato il demone Alichino in tre diversi canti dell'Inferno. La parola stessa sembra essere legata anche ad Hellequin, un vecchio demone francese. Ma Arlecchino è un solare Zanni, un valletto buffone con un'indole solare, agile nel corpo ma un po' lento di mente, sempre in difficoltà ma stoico - il suo istinto di sopravvivenza è più forte di tutto. Nel 1574 Naselli si trasferì in Spagna dove guadagnò molti soldi con le sue esibizioni durate 10 anni. Ebbe un grande impatto sul nascente teatro spagnolo: fu particolarmente influente nelle opere di Lope De Vega. Durante quel decennio, l'architettura del teatro spagnolo fu modificata per ospitare tali rappresentazioni ita- liane, "Commedie distinte i cui buffoni eccellevano nel mimeti- smo", come scrisse nel 1802 Casiano Pellicer, storico del tea- tro spagnolo. "Gli italiani intro- dussero Arlecchino, Pantalone e il dottor Balanzone, una loquace caricatura di un acculturato pedante". Pellicer ha definito l'at- tore bergamasco Naselli un "autore con cervello". La Francia del XVIII secolo ha censurato la parlata da strada di Arlecchino piena di parole oscene, ma i suoi discorsi licen- ziosi non hanno mai offeso i veneziani. Nella laguna di Venezia, lo scaltro personaggio è stato elevato da personaggio secondario a protagonista con le opere di Carlo Goldoni. La rein- venzione di Giorgio Strehler del classico Arlecchino di Goldoni, Servo di due padroni, rimane uno spettacolo di successo del Piccolo Teatro di Milano che continua a fare il giro del mondo. Le sale di Palazzo Grataroli sono decorate con affreschi raffi- guranti la vita e le gesta di Alberto Naselli. Una di esse rap- presenta la prima concezione di Arlecchino come una creatura ispida vestita di pelli di animali. Brandisce un bastone come un primitivo custode della casa. Oggi l'edificio ospita un Museo della Commedia dell'Arte, un ristorante e una casa vacanze. Arlecchino esercitò un forte fascino su Pablo Picasso ed fu implicito in tutte le successive commedie di Chaplin. Oggi, que- sto solido clown continua a espri- mere le contraddizioni intrinse- che dell'umanità. Anarchico e meschino, servile e irrispettoso, è un valletto fedele ma cerca sem- pre di ingannare il suo padrone. E a causa di tutti i guai che crea, finisce con l'essere picchiato. È un tornado che sovversivamente devasta la monotona società bor- ghese. "È un servo che rimane libe- ro", dice Giorgio Pasotti, attore bergamasco che nel 2005 ha diretto un film su Arlecchino chiamato Io, Arlecchino. "Il popolo potente non può comprare la sua anima né zittirlo". San Giovanni Bianco, la casa bergamasca dell'irriverente Arlecchino San Giovanni Bianco, il paese in cui nacque Arlecchino (Copyright: VistiBergamo) SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO 21 GIOVEDÌ 9 GENNAIO 2020 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO |