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NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 6 FEBBRAIO 2020 www.italoamericano.org 3 L'Italo-Americano IN ITALIANO | R icordate Richard Gere mentre passa in rassegna cassetti ordinati e armadi pieni di abiti in American Gigolò? Pantaloni morbidi e senza pinces indosso, sceglie quattro giacche canticchiando "Beautiful" e "Love" (forse non a caso se si pensa alla moda italiana). Le allinea sul letto. Le camicie dai tessuti soffici cadono sulle giacche. Tonalità sfumate, non aggressive. La telecamera lo segue mentre abbina le cravatte alle camicie, anch'esse dalle nuances sofisticate e rilassanti. Sceglie la mise. Allaccia le scarpe, stringe la cintura, si annoda la cravatta soddisfatto davanti allo specchio e, prima di rispondere al telefono, si avvolge come in un abbraccio dentro una morbida giacca. A disegnare i costumi di scena, di un film del 1980 in cui vediamo anche Richard Gere sfilare come se fosse in passerella mentre passeggia tenendo la giacca appoggiata sulla spalla con gli occhiali da sole e le maniche della camicia arrotolate, è stato Giorgio Armani. In quei 2 minuti e 40 secondi davanti al guardaroba, l'abito di Gere si veste di sensualità, fascino, arrogante bellezza. Nasce un mito che il film porta ovunque, a poco a poco nell'immaginario collettivo si consolida questo modo nuovo di vestire. Il cinema consacra lo stilista piacentino, oggi 85enne, molte altre volte, e aiuta lo stile italiano a farsi conoscere anche lontano dalle passerelle degli addetti ai lavori e di quanti, anche in Italia, si chiamano "fashion addicted". Lo sdogana ovunque nel mondo, lo fa conoscere al grande pubblico. Il marchio Armani era nato solo 5 anni prima. Ma Hollywood lo aveva già notato: nel 1978 Diane Keaton ritirò l'Oscar per "Io e Annie" indossando una giacca Armani. Una giacca nuova, modellata su quella maschile ma destrutturata, pratica ma ricercata, che diventò la divisa delle donne in carriera degli anni '80. Nel 1983 il Council of Fashion Designers of America lo premiò come stilista dell'anno. Ma ancora lo scorso anno, a conferma di un successo internazionale, ha ricevuto il British Fashion Council Award alla carriera. A 40 anni da quello che gli americani ribattezzarono "American Gigolo's suit", un outfit unico, comodo ed elegantissimo, lo stile Armani continua a fare scuola, moda italiana nel mondo e un business pazzesco. La ricchezza di questa icona italiana è stata recentemente valutata dalla rivista Forbes in oltre 11 miliardi di dollari, cosa che lo rende il 3° uomo più ricco d'Italia. La moda nazionale genera una settantina di miliardi di euro all'anno. In crescita. Un potenziale economico e industriale importantissimo per il Paese. Soprattutto perché fa da traino a tutto il Made in Italy e non sembra temere crisi. La moda è un settore di riferimento per l'export italiano e per il posizionamento del prodotto italiano nel mondo, dove è comunque necessario intraprendere azioni di sistema per consolidare questo trend favorevole e affermare ulteriormente il posizionamento dei brand italiani. Le principali destinazioni della moda italiana all'estero sono in Europa (in testa Germania, Francia, Regno Unito) e Stati Uniti ma stanno crescendo in maniera esponenziale Cina, Giappone e Corea del Sud, in particolare per borse, calzature e abbigliamento. Anche dentro i confini nazionali non si scherza. L'intero sistema moda conta circa 82 mila imprese, di cui il 25% nella pelletteria, il 56% nell'abbigliamento e il 29% nel tessile. Con circa 500 mila occupati, l'industria della moda è il secondo settore manifatturiero in Italia dopo le attività metallurgiche. Il tessile, in particolare, uno dei pilastri dell'economia nazionale, conta oltre 78 miliardi di euro di fatturato e ha generato nel 2018 più di 51 miliardi di euro dal commercio con l'estero, registrando un +8% rispetto all'anno precedente. Le città italiane che maggiormente esportano sono Milano, Firenze dove nel 1951 fu organizzata la prima sfilata per un pubblico internazionale e che oggi, con Pitti Uomo, è la passerella imperdibile di gennaio, e Vicenza altro cuore manifatturiero del sistema Italia con la pelletteria. Milano, da sempre considerata capitale e protagonista della moda italiana, produce da sola un valore pari a 5,2 miliardi, un settimo del totale nazionale e segna una crescita costante. Seguono i centri produttivi di Treviso, Prato, Reggio Emilia, Verona, Bologna, Biella, Como, Piacenza, Pisa e Bergamo. Per non dimenticare quelli glamour che fanno gola, che attirano clienti e consolidano le vendite. Così, accanto al quadrilatero della moda milanese (via Montenapoleone, via Manzoni, via Sant' Andrea, via della Spiga) non si può non citare il ritorno d'immagine, e soprattutto di mercato, che genera Roma tra Via del Corso, Piazza di Spagna e la splendida Via Condotti. E che dire delle boutique di alta gamma che hanno scelto di aprire nelle località balneari più chic, come Portofino, Forte dei Marmi, Positano, Capri, Taormina, Porto Cervo, o nelle località di montagna più glamour come Cortina d'Ampezzo, Courmayeur, Cervinia, Madonna di Campiglio? C'è tutto un immaginario italiano che si lega alla moda, che a poco a poco è diventata l'emblema dello stile e dell'eleganza del Belpaese e uno dei grandi richiami del turismo Giorgio Armani, l'icona hollywoodiana della moda internazionale insieme all'arte, alla gastronomia, al lifestyle. Le maison italiane hanno generato vere multinazionali del lusso e oggi primeggiano come simboli del Made in Italy: da Armani a Gucci, da Biagiotti a Versace, Cavalli, Dolce&Gabbana e Ferrè, da Tod's a Trussardi e Missoni, da Moschino a Rocco Barocco, Sergio Rossi e molti altri. Dici Prada piuttosto che Valentino e dici Italia. Armani, dalla prima collezione del 1964, è stato un fenomeno culturale e sociale globale. La rivoluzione che ha introdotto nel guardaroba maschile e femminile, non solo lo ha reso uno dei protagonisti della moda e dello stile italiano ma, sin dagli anni '80, lo ha reso il colosso che ha contribuito direttamente al successo del Made in Italy e a fare di Milano una delle capitali mondiali della moda.