L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-18-2013

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L'Italo-Americano PAGINA  14  La valle trentina con una panoramica di Tubre Tubre, comune trentino di 964 abitanti della Provincia Autonoma di Bolzano in Val Monastero. Taufers im Münstertal come si chiama più comunemente visto che la sua popolazione è in maggioranza di madrelingua tedesca, è situata all'estremità occidentale della provincia e della regione del Trentino-Alto Adige, e confina con la Svizzera: basta oltrepassare la dogana all'uscita del paese. Lontano dal turismo di massa e apprezzata da chi cerca calma e tranquillità, Tubre (a 1.240 metri) è un paesino da cui sono facilmente raggiungibili i gruppi montuosi delle Alpi della Val Müstair, delle Alpi Venoste e delle Alpi dell'Ortles. Il toponimo è attestato come "Tuberis" nell'881 e come "Duberis" nell'888 e deriva o dal latino tubernus ("pinastro") o da un tema preromano tob, cioè "burrone". Tra i principali monumenti c'è la Chiesa di San Giovanni: edificio del 1220 con il basamento a forma di croce greca. La chiesa è un gioiello romanico. Al suo interno sono conservati affreschi romanici del 1220-1230 e gotici del 1383. Vicino al cimitero c'è la Cappella San Michele. Questa piccola chiesetta ospita affreschi del XV secolo, sopra all'altare gotico a portelli, e al suo interno si possono vedere alcune sculture in legno che provengono dalle altre otto chiese del paese. Antica anche la parrocchiale di San Biagio, citata fin dal 1201. Nel 1660 la chiesa venne demolita e ricostruita. La benedizione avvenne nel 1663. Sopra Tubre ci sono invece: il castello Rotund eretto attorno al 1900; e il Castello di Reichenberg, dal nome dei proprietari (noti predoni della zona) sin dal XII secolo. Gli amanti dello sci da fondo in inverno possono godere di una vista a tutto tondo sul paesaggio grazie ad una pista sempre ben battuta che corre tutt'intorno al paese. Non sono da dimenticare kitesurf, slittino, pattinaggio ed escursioni con le racchette da neve. Dall'inizio della primavera ad autunno inoltrato, grazie al clima secco e mite, Tubre offre numerosi sentieri tra malghe e prati, dedicati al trekking e alla mountain bike. GIOVEDÌ  18  APRILE  2013 L'antico borgo di Vitorchiano La chiesa di san Michele Arcangelo di Zapponeta vitorchiano è un comune laziale di 4.424 abitanti della provincia di Viterbo. Si trova ai piedi dei monti Cimini, verso la verdeggiante valle del Vezza. L'antico borgo, noto per l'estrazione e la lavorazione del peperino, è adagiato su un banco, fratturato in enormi massi, di questa pietra, con pendii ripidi a strapiombo su due fossi che formano il Rio Acqua Fredda, affluente del Vezza. Il territorio è caratterizzato da un paesaggio collinare, ricco di boschi di querce, frassini, faggi, olmi e castagni, e attraversato da ruscelli. Ciò lo rende un habitat favorevole per numerose specie di animali selvatici come volpi, faine, donnole, falchi, civette, lepri e cinghiali. Il nome Vitorchiano viene fatto derivare da Vicus Orclanus, il che rivelerebbe una presunta dipendenza dal centro di Norchia (o Orcla) presso Vetralla, luogo sacro alla dea etrusca Norzia. La rupe di Vitorchiano, come è stato accertato da ritrovamenti, fu abitata già nell'età del bronzo. Forse occupato in epoca etrusca, castrum romano e poi centro fortificato nella parte più meridionale della Tuscia dei Longobardi, vanta una storia secolare influenzata a lungo dalla politica espansionistica della vicina e potente Viterbo. Quando nel 1199 si dichiarò libera da ogni legame con Viterbo, il borgo fu assediato dalle milizie contro le quali fu invocato l'aiuto di Roma. Nel 1201, Vitorchiano fu liberato dall'assedio e divenne feudo di Roma, poi tornò a Viterbo, ma gli abitanti, contrari, fecero atto solenne e formale di sottomissione a Roma. Il Senato romano la nominò "Terra Fedelissima all'Urbe" e le diede il privilegio di fornire gli uomini per la guardia capitolina. Privilegio costantemente esercitato dal 1267 a oggi. Ancora ora si può ammirare la Guardia del Campidoglio nei costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti, nelle manifestazioni ufficiali del comune di Roma. Tra i compiti della Guardia c'è quello di suonare le particolari trombe romane, dette clarine, nelle principali manifestazioni pubbliche ufficiali. "Suonare le clarine" ancora oggi significa "chiamare a raccolta il popolo per la lotta". Zapponeta, comune pugliese di 3.463 abitanti della provincia di Foggia. Le origini del centro abitato risalgono al 1768, quando il barone Michele Zezza favorì l'insediamento di un nucleo di braccianti in un suo latifondo costruendo un primo lotto di case attorno alle prime due costruzioni in pietra della zona: il palazzo Posta Zezza e la chiesa di San Michele Arcangelo. Il toponimo sembrerebbe connesso all'attività di zappatori dei primi abitanti, sebbene altre fonti lo facciano derivare da "sappinus", cioè abete. Zapponeta è stata fino ai primi dell'Ottocento frazione di Barletta e poi con l'Unità d'Italia è divenuta frazione di Manfredonia fino al 1975, quando ha ottenuto l'autonomia amministrativa. Il comune mantiene ancora oggi una radicata vocazione agricola, per lo più rivolta alla produzione di ortaggi, quali patate, cipolle, carote. La patata di Zapponeta è stata riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale pugliese, così come la cipolla e la carota. In anni recenti, all'agricoltura si è affiancato il turismo, favorito dal lungo litorale, che si estende tra le paludi del Lago Salso e della Riserva Naturale Frattaralo, incluse nel Parco Nazionale del Gargano, e le saline di Margherita di Savoia. È la classica meta di turismo balneare di tipo familiare: la sua spiaggia di sabbia nera caratterizzata dalla presenza di ferro, la pulitissima acqua del mare, la tranquillità del paese e la bellezza della campagna circostante, la rendono il luogo adatto per chiunque voglia trascorre una vacanza di tipo rilassante e tranquilla. Tra Zapponeta e Manfredonia e a pochissimi chilometri da San Giovanni Rotondo, su un'area di circa 25.000 mq sorge l'Acqua Park Ippocampo: è il primo parco acquatico della Puglia. Offre diverse piscine e numerose attrazioni acquatiche. Inoltre sono disponibili piscine riservate ai bambini (come la piscina baby), aree relax e solarium, aree per praticare sport con gli amici e la discoteca, funzionante sia di giorno che di notte. Il parco acquatico è infine completato da locali ristoro dove gustare la genuina cucina tipica pugliese. Medici calabresi in missione I 'Caschi blu' italiani insegnano ai bambini libanesi a difendersi dalle mine per la Guinea Bissau LEONARDO MARANO "Le apparecchiature mediche da portare sono pronte o qualcuna ancora deve essere imballata? I medicinali sono già tutti catalogati?". Queste ed altre domande sono state pronunciate nei giorni scorsi nel corso dei preparativi della missione sanitaria umanitaria formata da una squadra di medici partiti per il continente africano ed esattamente per il piccolo Stato occidentale della Guinea Bissau. Sono medici strutturati, uomini che credono in un alto ideale umanitario e che operano in attività di assistenza sanitaria. Fanno parte di una delle tante associazioni sanitarie no profit esistenti in Italia, che svolgono la loro generosa funzione di sostegno nei Paesi del Terzo Mondo. L'Associazione in questione è "Medici in Africa" e i medici che subito dopo Pasqua sono partiti per la Guinea Bissau fanno parte di una squadra composta da tre chirurghi, con le rispettive specialità in urologia, pediatria e medicina generale, che saranno dislocati nella loro operatività nell'Ospedale Pediatrico di Saò José in Bor, a poco più di venti chilometri dalla capitale Bissau. La sede nazionale dell'Associazione "Medici in Africa", costituita nel 2007, è Genova, con presidente il professore Edoardo Berti Riboli. La squadra calabrese che opera in Guinea Bissau è invece formata da tre chirurghi di lunga esperienza nel settore delle missioni umanitarie: Vittorio Militi, Stellario Capillo e Emilio Rocca provenienti dalla struttuera ospedaliera del "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro. La loro opera, così come quella dei colleghi che li hanno preceduti, rappresenta un concreto esempio quantitativo e qualitativo dell'operatività sanitaria italiana in Africa, in uno tra i Paesi più poveri e bisognosi del continente. La squadra rientrerà tra poco più di un mese in Italia, per essere a sua volta sostituita da un'altra equipe medica formata da altri medici specializzati, secondo le esigenze che si richiederanno nell'ospedale pediatrico. In Libano, presso la base di Naqoura, sede del comando Unifil, la missione a cui partecipa l'Italia con l'operazione Leonte, ha avuto luogo l'International Day of Mine Awareness (dal 2005 le Nazioni Unite hanno dichiarato il 4 aprile come la Lezione antimine dei Caschi blu "giornata internazionale per la sensibilizzazione sul problema delle mine" a sostegno dell'impegno dell'Agenzia Onu per la Mine Action). Un'opportunità per sottolineare il problema globale degli ordigni e dei residuati bellici presenti in tante parti del mondo. Alla manifestazione hanno assistito le rappresentanze delle Forze Armate Libanesi e diverse autorità civili che hanno avuto modo di vedere da vicino i mezzi a disposizione dei deminers e provare i loro equipaggiamenti e le loro attrezzature. Hanno partecipato gli specialisti dello sminamento di sei contingenti (Italia, Spagna, Cina, Cambogia, Belgio, Francia), che hanno presentato il "demining" attraverso una dimostrazione pratica con l'ausilio di unità cinofile italiane, francesi e spagnole seguite da una dimostra-zione di utilizzo di un robot, co-mandato a distanza, ausilio impiegato nelle operazioni di maggiore rischio. L'attività è stata principalmente rivolta alle scolaresche locali che, all'interno dei singoli punti organizzati dalle differenti nazioni partecipanti, hanno affrontato percorsi educativi finalizzati alla prevenzione. "L'impegno italiano è sempre rivolto ad un'attenta prevenzione: gli ordigni inesplosi sono una minaccia concreta e occorre professionalità e concentrazione nel prevenire incidenti a tutela delle popolazioni locali". Così il generale Antonio Bettelli che ha commentato l'impegno dei genieri, concludendo: "tra gli sforzi di Unifil c'è quello di rendere la parte sud del Libano libera dal flagello delle mine e altri residuati della guerra".

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