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L'Italo-Americano GIOVEDÌ 2 MAGGIO 2013 Simboli aristocratici Coppia di leoni di Vulci. Nelle sale dei Musei Vaticani di Roma sono esposte queste sculture della fine del VI secolo avanti Cristo. I due leoni sono stati rinvenuti in una tomba a camera, dove erano stati posti a guardia dell'ingresso. L'aspetto minaccioso, con le fauci spalancate, concorda con la funzione ad essi attribuita e rivela la fede in una sopravvivenza del defunto circoscritta ai confini del sepolcro. Il modellato della scultura segue gli schemi dell'arte arcaica ed è realizzato in nenfro, ovvero una varietà di tufo grigio scuro compatto ma poco resistente tipico dell'Alto Lazio. La presenza all'interno delle sepolture di oggetti con una chiara connotazione guerriera ed aristocratica, testimonia una articolazione della società in classi sociali che si consolidano e si affermano grazie al controllo sugli scambi commerciali. PAGINA 9 Tecnica iconografica Arte matematica Effetto luministico Madonna di Montevergine. Montano d'Arezzo, ignorato nella natia Toscana (nasce ad Arezzo nella seconda metà degli anni sessanta del XIII secolo), è celebrato a Napoli e dintorni come figura chiave nell'evoluzione della pittura in Campania tra Duecento e Trecento. Nel 1310 decora con una Madonna che rivela l'uso della prospettiva nell'impianto del volto e nella ricorrenza di motivi ornamentali, la cappella del Santuario di Montevergine. Conoscitore dell'arte di Cimabue e Cavallini come dimostrano alcune soluzioni cromatiche presenti nelle sue opere, maestro dal linguaggio aggiornato, testimone dell'adeguamento della prestigiosa corte angioina, in campo artistico, ai moderni principi pittorici elaborati nell'Italia centrale ha una tecnica iconografica articolata come mostra la tavola dipinta per la chiesa irpina. Voto del Doge Nicolò Contarini al Beato Lorenzo Giustiniani. Antonio Bellucci lo dipinse per la chiesa di San Pietro di Castello a Venezia. Fra i più rappresentativi pittori veneziani degli ultimi decenni del Seicento, anche per la sua attività di pittore viaggiante, con lui ebbe inizio quel reciproco scambio di nuovi rapporti culturali e artistici tra la pittura veneziana e quella straniera, in particolare austriaca e inglese. Espressione della sua maturità artistica è il telero della chiesa veneziana raffigurante il Voto del Doge. In questo immenso quadro il lume rischiara in controluce e la composizione si svolge con un movimento incalzante in una luminosità sciolta mentre l'intelaiatura architettonica dichiara una splendida e doviziosa sapienza decorativa e un accurato effetto luministico a scopo scenografico. Ritratto di Luca Pacioli. Opera famosa del 1495 ma di attribuzione controversa (l'opera è firmata Iaco. Bar. Vigen/Nis) al pittore e incisore veneziano Jacopo de' Barbari. È conservata alla Pinacoteca del Museo di Capodimonte di Napoli. L'opera racchiude molti oggetti geometrici: lavagna, gessetto, bussola, modello di dodecaedro. Un rombicubottaedro mezzo riempito d'acqua pende dal soffitto. Raffigura il matematico francescano ed esperto di prospettiva che dimostra teoremi di geometria in un tavolo sul quale giace la sua Summa de arithmetica, geometria, proportioni e proportionalità e uno scritto di Euclide. Pacioli dimostra in particolare un teorema di Euclide al suo allievo, vestito elegantemente, che volge lo sguardo verso l'osservatore. Giardini introspettivi Frammenti di giardino. Opera del 1969 di Gianni Dova che aderì al movimento spazialista (fine anni '40), alla pittura nucleare (la sua sarà soprattutto una figurazione embrionale) e al surrealismo sviluppando la sua spiccata immaginazione visionaria (fine anni '50) e producendo opere di immaginario interiore. Prima segue la strada espressiva del "concretismo geometrizzante" con infiltrazioni immaginative. Poi nel '58 inizia il periodo "metamorfico", con sovrapposizioni iconiche di umani e insetti. Nel '70 passa a un immaginoso impressionismo acquatico e boschivo. I suoi giardini e i paesaggi non sono espressione surreale ma proiezioni psichiche d'accesa fantasia, niente di naturalistico, atmosferico, ma pura introspezione espressa con pittura ad olio emulsionata per realizzare "macchie" o con smalti. Durante gli ultimi anni della prima decade del Novecento e per tutti gli anni venti, gli italiani cominciarono a stabilirsi a Lincoln Heights, un quartiere che si trovava a est del centro città ed era considerato il più antico quartiere di Los Angeles. Un tempo era stato il luogo dove abitavano i residenti più abbienti, e alcune delle ville vittoriane che vi si trovavano sono state conservate fino a oggi. Le vie Darwin, Mozart e Sichel, così come le Avenues 18 e 19 comprendevano il nucleo dell'enclave. Nel momento culminante, più di 8.000 residenti italiani vivevano a Lincoln Heights, che, con quella di San Pedro, rappresentava la più grande comunità italiana di Los Angeles. Le famiglie Gatto e Cortese provenienti da Cosenza in Calabria e Lucca Sicula in Sicilia, si stabilirono a Lincoln Heights dopo aver vissuto in Louisiana e a Pueblo in Colorado, un esempio di migrazione che rispecchiava quello di molte famiglie dell'enclave. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Mary Gatto, nata Maria Antonia Cortese, qui fotografata al suo matrimonio spinse il marito a trasferire la famiglia a Los Angeles per unirsi ad altri parenti e ai compaesani. Nelle prossime edizioni, prenderemo in esame le vite di alcuni dei residenti degni di nota di Lincoln Heights. Di Marianna Gatto Si ringrazia per la foto l'Italian American Museum di Los Angeles. L'immagine non può essere copiata, stampata od utilizzata in altro modo senza l'autorizzazione del IAMLA. La missione dell'Italian American Museum di Los Angeles è di favorire la conoscenza dei differenti patrimoni culturali della California Settentrionale attraverso la ricerca, la preservazione storica, mostre e programmi educativi che esaminano la storia ed il continuo apporto degli italoamericani nella Los Angeles multietnica e negli Stati Uniti.