L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-29-2020

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21 GIOVEDÌ 29 OTTOBRE 2020 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | L 'origine delle lasa- gne, piatto ap- prezzate non solo in Italia, ma in tutto il mondo, è piuttosto controversa, e sono diverse le regioni che si con- tendono la paternità dell'in- venzione delle sfoglie di pasta a strati, con diverse varianti di ripieno. Facendo un passo indietro, nel Trecento la pasta delle la- sagne era composta da sola ac- qua e farina di grano tenero, per cui la loro consistenza, una volta cotte, era particolar- mente morbida. È stato solo durante il Rinascimento che le uova hanno preso il posto, in tutto o in parte, dell'acqua nell'impasto, conferendo mag- giore resistenza alla pasta. La ricetta rinascimentale durerà, con minime varia- zioni, fino alla seconda metà del Settecento, quando si im- porranno definitivamente i timballi o pasticci di lasagna al forno. E anche se le prime lasagne, con una esplicita de- nominazione territoriale, sono quelle "alla milanese", che alla fine del Settecento venivano cucinate a base di tartufo, burro, besciamella, cannella e parmigiano, è la versione delle lasagne alla bolognese a pre- cedere, di circa mezzo secolo, l'utilizzo del ragù. Gli strati di pasta all'uovo, infatti, veni- vano alternati con spinaci les- sati, tritati e ripassati in pa- della con il sugo di carne nella versione "giorni di grasso", op- pure con burro, cipolle ed er- bette nella versione "giorni di magro". Sembra quindi che l'inven- zione della ricetta a noi fami- liare sia da attribuire all'inizio del Novecento e che il merito sia tutto degli osti bolognesi, che hanno introdotto alcuni cambiamenti notevoli rispetto alle varianti di altre zone d'I- talia, in primis partendo dal- l'impasto: se gli spinaci prima venivano alternati agli strati di sfoglia, da quel momento ne hanno fatto definitiva- mente parte. In un secondo momento sono stati aggiunti il classico ragù bolognese, la besciamella e il parmigiano grattugiato, trasformando il piatto non solo in un vero e proprio "simbolo" della cucina emiliana, ma nella ricetta della lasagna per eccellenza. E anche se la tradizione ga- stronomica di ciascuna re- gione ha creato varianti, a se- conda dei gusti e degli ingredienti locali, nel 2003, a sancire definitivamente la grandezza di questo piatto è intervenuta addirittura la de- legazione bolognese dell'Ac- cademia Italiana della Cucina, depositando la ricetta origi- nale presso la Camera di Com- mercio di Bologna. Per mantenere viva proprio questa tradizione, lo chef Mi- chelangelo, bolognese doc ma trapiantato da anni in Califor- nia, ha aperto a Los Angeles il primo ed unico lasagna food-truck al mondo. "Sono nella ristorazione da tantis- simo tempo ma l'idea di un ri- storante mi stava stretta, men- tre mi attirava l'idea di potermi spostare in diverse zone della città e di essere una sorta di oste mobile". Mi rac- conta Michelangelo che, con madre bolognese e padre na- poletano, raccoglie nella sua storia familiare le migliori ri- cetta della tradizione italiana. "Quando si cucina, sia pro- fessionalmente sia in maniera amatoriale per gli amici, si va sempre a pescare nelle tradi- zioni di famiglia. Nel mio caso sono andato a ripescare le la- sagne di mia nonna. Lei le fa- ceva con la sfoglia verde, che oggi a Bologna non sono la- sagne semplici da trovare per- ché la tradizione si è un po' persa. Qualcuno le faceva an- che con le ortiche, ma io ho scelto la sfoglia verde a base di spinaci, perché il mio obiet- tivo era rendere omaggio alla tradizione di mia nonna. Non a caso, nel mio menù, la lasa- gna si chiama 'The Original'". Arrivato a Los Angeles nel 2012, Michelangelo ha iniziato la sua carriera come personal chef, con una clientela da su- bito molto variegata e sparsa un po' ovunque. "Avevo clienti da San Diego fino allo Utah e questa cosa mi piaceva. Quello che più si avvicinava a questo concetto era il food-truck, che preferisco chiamare cucina mobile". "Sono una persona abba- stanza stravagante e non vo- glio mai copiare nessuno, quando faccio qualcosa devo seguire il mio istinto e fare qualcosa di esclusivo" conti- nua Michelangelo, specifi- cando come la scelta di avere le lasagne come portata prin- cipale non sia stata però im- mediata. "È facile parlare di cibo italiano e fare pasta e pizza ma io non volevo fare qualcosa di banale. La pasta è troppo basica. Quindi, pen- sando alle mie origini, ovvero a Bologna, ho riflettuto sul fatto che fosse la capitale ita- liana dei sapori e delle… lasa- gne. In menù ho poi aggiunto non solo diversi tipi di lasagne ma anche le paste ripiene, che sono sempre un simbolo di Bologna". Michelangelo quale è il suo primo ricordo legato alle lasagne? La prima lasagna l'ho cuci- nata con mia nonna un'estate, nella sua casa di campagna. Avevo dodici anni. Mi sve- gliava alle cinque di mattina, mi faceva prendere le uova fre- schissime, e poi lei faceva la pasta, la besciamella e il ragù; io partecipavo solo mesco- lando. Un processo che durava due giorni: il ragù bolliva len- tamente quasi una giornata in- tera, il giorno dopo si prepa- rava la sfoglia. Quanto tempo ci vuole per fare le lasagne? È un processo molto, molto lungo. In otto ore di lavoro, tra quando cominciamo partendo dal ragù, ci mettiamo dieci ore per fare 50 teglie. Questa è un'altra cosa che spesso le per- sone non capiscono. Ovvero? La nostra tradizione enoga- stronomica si basa sul con- cetto del tempo: il tempo è ne- cessario per fare le cose bene. Per far bollire il ragù, per far riposare la pasta… Qui il mondo è molto veloce e tutti vogliono tutto subito. Ma non funziona così, ci sono processi che la cultura del "tutto-su- bito" non capisce. È stato difficile offrire piatti preparati secondo la tradizione qui in Ame- rica? Spesso paghiamo gli errori di chi è venuto prima di noi e ha modificato le ricette ita- liane adattandole al consuma- tore finale. Il cliente invece non ha sempre ragione, tutto sta nell'avere personalità e nello spiegare le cose non in modo arrogante ma cercando di educare e di far capire alle persone che il segreto è tro- vare il bilanciamento tra quello che chiedono e quello che offri tu, che deve essere motivato. Nel momento in cui provano il piatto nel modo in cui lo fai tu, rispettando la tra- dizione, allora capiscono. Come si comporti in questi casi? Quando mi capita un cliente dubbioso, perché abi- tuato ad esempio alla lasagna con la ricotta, lo invito a pro- vare la mia versione e in que- sto modo vinco il suo scettici- smo. Qui la lasagna viene fatta con la ricotta e l'aglio e quindi è considerata molto pesante, è un intreccio di sapori infiniti che alla fine non piace. Prova mai a sperimen- tare? Oggi i cuochi sperimentano molto e sono più creativi ma io appartengo a una genera- zione di cuochi dove la speri- mentazione non era così dif- fusa. Ho avuto un momento creativo nella mia carriera, e poi ho chiuso quel capitolo quando ho capito che quello che volevo era studiare la tra- dizione della cucina italiana. Dal mio punto di vista è più affascinante il percorso che ti porta a scoprire cosa c'è dietro ogni nostro piatto. Che cosa ha scoperto sulle lasagne, ad esem- pio? Il ragù oggi è considerato molto nobile ma andando a scavare nella storia ho sco- perto che il ragù è nato come prodotto per i poveri perché veniva fatto con gli scarti del maiale, dopo che i pezzi mi- gliori dalla carne venivano dati al fattore. Nella ricetta origi- nale si metteva anche il latte per addolcire le frattaglie. Un ingrediente che se- condo lei non deve mai mancare? Direi che ce n'è più di uno. Certamente dico l'olio extra vergine di oliva, che è la base della buona cucina. Poi non potrei rinunciare al pomodoro che mette insieme nord e sud d'Italia. Ci svela un segreto della sua cucina? La mia lasagna è fatta senza bollire troppo il ragù, perché diventa più pesante per la di- gestione. Sempre per lo stesso motivo, non metto burro nel ragù, uso invece olio d'oliva. La carne di manzo è di prima scelta e la taglio con dell'angus così il risultato è un buon ragù, non grasso. Il mio segreto quindi è cercare di rendere un piatto appetitoso e sfizioso ma non pesante. Questa è la chiave di lettura della cucina moderna secondo me. Che cosa significa per lei fare le lasagne? Come lo è la cucina in senso assoluto, per me sono una forma di espressione, di co- municazione. L'arte delle lasagne da Bologna a Los Angeles Un sorridente Chef Michelangelo al lavoro (Photo courtesy of Chef Michelangelo/LaLa Lasagna) LA COMUNITÀ DI LOS ANGELES

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