L'Italo-Americano

italoamericano-digital-4-1-2021

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www.italoamericano.org 9 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 1 APRILE 2021 SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI TERRITORIO TRADIZIONI E s a t t a m e n t e u n a n n o f a , n e l cuore della tem- pesta portata dal vento travolgente di un virus nuovo e contagio- sissimo, prima l'Italia e poi gli Stati Uniti, furono travolti dalla prepotente ondata di paura. Nubi dense ci chiusero in casa increduli: possibile che stia succedendo davvero? Iniziava quella pandemia destinata a registrare nella penisola la mortalità più alta dall'ultimo dopoguerra e a fare, oltreoceano, più vittime dei due conflitti mondiali e del Vietnam messi insieme. Non ne siamo ancora fuori a n c h e s e i v a c c i n i s t a n n o lavorando per metterci al sicuro, chiedendoci ancora un po' di pazienza e sacrifici prima di tornare a vite più libere in un mondo che in qualche modo sarà comun- que diverso da quello che conoscevamo fino al 2019. S o p r a t t u t t o a l l ' i n i z i o , quando tutti i Paesi da Est a Ovest hanno scoperto che i confini esistono più per i nostri passaporti che per un velocissimo e silenzioso pato- geno, che il dolore era uguale dappertutto e non aveva biso- gno di una lingua per espri- mersi ma era capace di tra- d u r s i i n d e s t i n o c o m u n e ovunque si manifestasse, ci siamo sentiti tutti uniti, tutti accomunati dalle stesse ango- sce da Nord a Sud. Esattamente un anno fa, prima delle celebrazioni della Pasqua, un'immagine estre- mamente forte è stata visiva- mente dirompente. E' riuscita in un colpo solo a sintetizzare tutto quello che sentivamo. Infondeva speranza e corag- g i o p u r t r a s m e t t e n d o a l tempo stesso, sofferenza, dolore, impotenza. Sul sagrato vuoto di San Pietro, Papa Francesco avan- zava solitario sotto una piog- gia fine e insistente mentre il cielo si faceva sempre più plumbeo. Mentre impartiva la benedizione Urbi et Orbis rivolto verso la piazza deser- ta, il suono delle campane si fondeva con le sirene delle ambulanze. Una fotografia perfetta di q u e l l o c h e t u t t i s t a v a m o vivendo con la paura dell'i- gnoto, il dolore dei morti che c a d e v a n o c o m e f o g l i e i n inverno, che se ne andavano soli e in silenzio, come nume- ri in un bollettino di guerra, con la lotta disperata dei medici e degli infermieri che a mani nude, senza protocol- li, farmaci, terapie e persino s e n z a i p r e s i d i m i n i m i d i autoprotezione, combatteva- no questo virus sconosciuto che ancora non è debellato. Quell'immagine è diventa- ta un'icona del nostro tempo di dolore, malattia e confina- mento. Portava un messaggio di intensa umanità mentre il mondo si paralizzava, qualco- sa di assolutamente impensa- bile nella corsa in cui tutti viviamo, nella produzione e nel consumo senza sosta di qualsiasi cosa ci circondi. Per chi crede ha significato molto altro. Tutti gli altri hanno visto una preghiera certo, ma anche un uomo affaticato, anziano, fragile, di fronte alla vita e alla morte. Quel suo camminare da solo pensando alle solitudini d i c i a s c u n e s s e r e u m a n o davanti alla paura, ha fatto il giro del mondo. E' diventata un simbolo di fraternità e umanità, un'espressione di conforto solidale e al contem- po di delicatezza della nostra condizione umana. " P e r u s c i r e m i g l i o r i d a questa crisi – ci ha detto - dobbiamo recuperare la con- sapevolezza che come popolo abbiamo un destino comune. La pandemia ci ricorda che nessuno può salvarsi da solo". Nemmeno la scienza può riuscirci. Ha sì trovato in un tempo incredibilmente breve anticorpi monoclonali e Rna messaggeri, ha sì costruito in laboratorio vaccini che posso- no costruire argini e barriere contro la propagazione di quest'armata virale, ma non può nulla se ciascuno di noi non fa la sua parte. Dal primo all'ultimo e dall'ultimo al primo. Tutti. Non è solo que- stione di immunità di gregge ma di capire che siamo tutti sulla stessa barca e che, ieri come oggi, questa barca sta affrontando una tempesta. N e l m o m e n t o p i ù c u p o della pandemia, quando nes- s u n o s a p e v a a n c o r a c o s a stava succedendo, quando c'era attorno a noi un silenzio angoscioso e sui balconi ita- liani si attaccava il Tricolore per sentirsi meno soli, si can- tava per infondersi coraggio e si mettevano i disegni dei bambini con l'arcobaleno per rassicurare non solo i più pic- coli che tutto sarebbe andato bene, quel primo lockdown che ha fermato il mondo, svuotato le città e ci ha chiusi in casa, ha fatto riflettere tutti sul senso delle nostre vite, al di là di carriere, viaggi, impe- gni, appuntamenti e tabelle di marcia. In quella camminata fati- cosa e un po' zoppicante in mezzo al colonnato di San Pietro, nella sua intensa uma- nità, sofferente e spaventata, ognuno si è ritrovato perché tutti siamo fragili anche se ci sentiamo meravigliosamente, audacemente, invincibili. Spiriti romantici come ci ha insegnato la letteratura d'ini- zio Ottocento che teorizzava l'assoluto, la tensione verso l'immenso, come se fossimo illimitati e infiniti. Le risposte di scienziati, politici ed esperti di ogni genere sulle cause e i rimedi di questa prova inaspettata e pesante non bastano nemme- no ora, figuriamoci allora. Papa Francesco ha più volte invitato a cogliere la pande- mia come un'opportunità di ripensamento dell'esistenza e di rinascita. Un'opportunità di uscirne migliori per cam- biare rotta. Se noi oggi ripensiamo a quel momento, se torniamo indietro a un anno fa, ma non ci fermiamo alla sola rievoca- zione, ci renderemo conto che qualcosa in tutti noi è già cambiato. Verso la società, tra le priorità, dentro noi stessi. Anche se siamo stati fermi e chiusi in casa, abbiamo fatto un lungo percorso interiore. L o h a n n o f a t t o i b a m b i n i accanto a noi adulti. Hanno p e r s o m o l t a i n n o c e n z a e spensieratezza, molta socia- lità e normalità. Lo hanno patito gli adolescenti che sono stati privati del confron- to e dello scontro tra pari, che hanno sofferto la solitudine e vissuto nel tempo sospeso, i n s o p p o r t a b i l e p e r c h i a quell'età è un fiume in piena. Anche chi non si è ammalato, ha combattuto per la soprav- vivenza emotiva. Questa prolungata emer- genza sanitaria che ci obbliga a stare a casa, a proteggerci dal contagio, che ci tiene lon- tano dai nostri cari, che ci fa cambiare abitudini, ci ha resi c o n s a p e v o l i c h e s t i a m o affrontando una grossa sfida personale e sociale. Fragili e soli, su una barca in balia delle onde e del vento. Tutti così, contemporaneamente. Siamo stanchi o fiduciosi? Sentiamo il peso di quanto abbiamo perso o pensiamo che presto riprenderemo in mano le nostre vite? Siamo diventati più egoisti o saremo capaci di sacrificarci, ciascu- no di noi, per il bene di tutti? A passeggio intorno al Colosseo, ai tempi del covid-19 (Photo: Marco Iacobucci Epp/Shutterstock) Un anno di pandemia. Come siamo cambiati?

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