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www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 13 MAGGIO 2021 I n Italia, rosa non è s o l o i l c o l o r e d e l l e bambine. Rosa signi- fica Giro d'Italia, la competizione ciclisti- ca che amiamo di più. Preciso come un orologio svizzero, il nostro Giro arriva ogni mag- gio, la sua carovana colorata e felice attraversa il Paese per o f f r i r e a t u t t i u n p i c c o l o assaggio di storia dello sport. Ma se chiedete a qualsiasi ita- liano, vi dirà che il Giro è molto più che sport: è poesia. Perché il ciclismo è faticoso, è duro, e tu sei da solo, lì in sella a una bici, a pedalare lungo le strade del mondo. Un po' come la vita, no? Sì, proprio come la vita, questo è uno sport che fa male, dove tutto ciò che è bello costa fatica. E proprio come la vita, a volte, non si arriva a vincere, non importa quanto impegno uno ci metta nella corsa. Proprio come la vita, però, il ciclismo può ricompensarti di tutto quello che hai perso e investito, di tutto il sudore e dei muscoli doloranti, nello spazio di un secondo: ecco quanto ti serve per vincere la gara. Il ciclismo: che incredibile metafora della nostra esisten- za. Non sorprende che i suoi protagonisti sembrino tutti un po' eroi - alcuni più tragici di altri - ed è per questo, forse, che amiamo ancora così tanto il Giro, 112 anni dopo la sua prima edizione: 112 anni, ma 104 edizioni, perché la corsa si è dovuta fermare tra il 1915 e il 1918 e tra il 1941 e il 1945. C'erano guerre da combattere, allora. Il Covid-19 non lo ha fermato invece: nel 2020, la corsa si svolse, solo un po' più tardi nell'anno, in ottobre, tra la prima ondata del virus e la seconda. Il primo vincitore fu Luigi Ganna, nato nel 1883 nella p r o v i n c i a l o m b a r d a d i Varese, non lontano dal con- fine con la Svizzera: le sue prime parole dopo la storica vittoria furono in dialetto e, racconta la leggenda, dicesse- ro così: "Posso solo dire che mi brucia il sedere", solo che l a p a r o l a c h e u s ò n o n f u "sedere", ovviamente. Ma la prima vera icona del Giro d'Italia fu Costante Girardengo, classe 1893 e piemontese. Vai Girardengo, vai grande campione/nessu- no ti segue su quello strado- ne, cantava Francesco De Gregori negli anni '90: ecco c o m e v a , i n o s t r i c i c l i s t i diventano icone culturali, pezzi di poesia da ricordare. Girardengo vinse il suo primo Giro nel 1919, il secondo nel 1 9 2 3 , p o i s e i M i l a n o - Sanremo, un secondo posto ai Mondiali di Germania del 1927 e decine di vittorie in corse di un giorno, in una carriera lunga più di 20 anni. Una volta smesso di correre, divenne allenatore di atleti più giovani: fu lui a portare Gino Bartali alla vittoria del Tour de France nel 1938. Gino Bartali, uno dei nostri più grandi corridori, altra icona, altro pezzo di poesia. Un Toscanaccio, diremmo in italiano, un vero figlio della sua splendida regione: spigoli grezzi, luccichio negli occhi, cuore d'oro. Ha vinto il Giro tre volte, nel 1936, 1937 e 1946, più il Gran Premio delle Montagne sette volte. Proprio come ci si aspetta da un Toscanaccio, ha dato il meglio di sé quando il gioco si è fatto duro, quando la strada si è fatta in salita. E la vita. Perché col tempo abbiamo imparato che Gino non è stato solo un ciclista c o r a g g i o s o , m a u n u o m o senza paura. Durante l'ultima guerra, abbracciò la causa e b r a i c a e s o s t e n n e l a Resistenza italiana. Andava in bicicletta da Firenze attra- verso la campagna toscana per consegnare documenti importanti ai partigiani, u s a n d o l a s u a p o p o l a r i t à come forma di protezione: e funzionò, perché né i fascisti né i nazisti ebbero mai il coraggio di arrestarlo, forse temendo la reazione della gente. E fece persino di più: con gli arcivescovi di Genova, Pietro Boetto, e di Firenze, Elia Dalla Costa, i francescani d i A s s i s i e , s o p r a t t u t t o , Giorgio Nissim, un com- mercialista ebreo di Pisa, fondatore della DELASEM, un'associazione che aiutava gli ebrei italiani a sfuggire alle persecuzioni, salvò la vita a circa 800 ebrei negli anni della Repubblica di Salò. Gino, il buon vecchio Gino non l'ha mai raccontato a nessuno e il mondo ha sapu- to del suo coraggio solo nel 2010, dieci anni dopo la sua morte. Oggi non è solo un'i- cona dello sport italiano, è un Giusto tra le Nazioni. Ma se si dice Bartali, si dice Coppi, Fausto Coppi, un altro grande del Giro: ne ha vinti cinque, tra il 1940 e il 1953. La loro rivalità era da sogno, perché erano atleti immensi e grandi uomini. C'era rispetto, c'era persino amicizia, perché erano diver- si, eppure fatti di quella stes- sa stoffa speciale di cui erano fatti tutti gli uomini della loro generazione: ruvidi, ma pro- tettivi. L'Italia è ancora divisa su chi sia stato il migliore, e forse non c'è un vincitore, perché le leggende sono tutte grandi allo stesso modo. Ma se la vita di Bartali fu eroica, quella di Coppi fu drammati- ca e tragica: la sua storia d'a- m o r e c o n L a D a m a i n B i a n c o , G i u l i a O c c h i n i , riempì le pagine di tutti i tabloid degli anni '50. Erano entrambi sposati, ma viveva- no il loro amore alla luce del sole, cosa inaccettabile per i nostri standard morali di allora. Anche nella morte, Coppi fu un eroe tragico: prese la malaria in Burkina- Faso, mentre gareggiava in una corsa, e morì al ritorno i n I t a l i a , a T o r t o n a , i n Piemonte, il 2 gennaio 1960. Poi, il Giro ha avuto altri g r a n d i n o m i , g r a n d i e r o i delle strade e delle montagne d'Italia: da Felice Gimondi a Francesco Moser, da Claudio Chiappucci, a Gianni Bugno. Eppure, nessuno ha catturato il cuore di noi italiani quanto Marco Pantani. Forse, Il Pirata, come era - ed è tuttora - conosciuto da t u t t i , n o n h a v i n t o t a n t o quanto gli altri che abbiamo citato, ma qualcosa in lui, qualcosa in quell'uomo minu- scolo e forte come il ferro, che poteva conquistare le vette più alte delle nostre monta- gne, ma che si sottraeva alla gente e alla fama, ce lo rende- va più vicino. Pantani andava in biciclet- ta come se fosse l'unica cosa che contava e come se ogni gara fosse l'ultima. Pantani era timido, di quella timidez- za che diventa pericolosa se sei famoso, perché la gente poi può approfittare meglio di t e . L ' I t a l i a s o g n a v a c o n Pantani, dietro ogni curva e lungo ogni tratto di strada. Quando fu accusato di doping - accusa oggi smentita da m o l t i e s u l l a b a s e d i u n a documentazione attendibile - durante il Giro del 1999 e di nuovo durante l'edizione del 2 0 0 1 , l a s u a v i t a a n d ò i n pezzi. Forse, lo sappiamo oggi, era la criminalità orga- nizzata che non voleva che vincesse, perché le sue vitto- rie diminuivano i profitti delle scommesse illegali, ma non lo sappiamo con certez- za. Il Pirata perse, alla fine, la sua battaglia con la depres- sione, con la dipendenza e con, possiamo dirlo, l'ingiu- stizia della vita: morì di over- dose nel 2004, la sua morte ancora avvolta nel mistero agli occhi di molti. Eppure a Pantani, come ai grandi eroi maledetti della musica e della letteratura, da Baudelaire a C o b a i n , d a P l a t h a Winehouse, tutto è stato per- donato, perché era uno di noi. E così va la storia del Giro d'Italia: se vi dicono che è solo una corsa, ora sapete che non è vero. Il nostro Giro è una metafora della vita, un poema lungo 112 anni. I suoi protagonisti ci raccontano le loro epoche, e la grandezza, la debolezza e la fallacia dell'uo- mo, ci dicono che c'è, forse, la perfezione nell'imperfezione. E anche che a volte, dopo aver pedalato in salita, pos- siamo vedere la linea della vittoria giù nella valle. Gino Bartali: eroe in bicicletta e nella vita (Photo avail- able under Creative Commons license. Author: unknown/Mondadori Publishers. License: Public Domain) Francesco Moser, grande corridore degli anni 60 e 70 (Photo: Valerio Bianchi/Dreamstime) SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI TERRITORIO TRADIZIONI La "corsa rosa" è iniziata. Noi vi raccontiamo la sua storia!
