L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-16-2022

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GIOVEDÌ 16 GIUGNO 2022 www.italoamericano.org 38 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | NOTIZIE SPORTIVE CALCIO MOTORI ALTRI SPORT STEFANO CARNEVALI senza dello Special One). Mourinho - invecchiato anche lui e provato da qualche stagione poco soddisfacente - è cambiato, seppur senza snaturar- si. Oggi mantiene la peculiare capacità di entrare in sintonia con la piazza in cui lavora ma, rispetto al passato, lo fa più sfruttando l'empatia con giocato- ri e tifosi e il sentimentalismo, piuttosto che ostentando sicurez- za nella vittoria ed esercitando un controllo totale sul gruppo squadra. Resta immutata (anche se forse un po' diluita) la sua strategia di creare un senso di accerchiamento (tramite l'indivi- duazione di uno o più 'nemici' esterni), per compattare la piaz- za. In Campionato, la retorica di Mourinho si è diretta principal- mente contro gli arbitri, mentre, in Conference, il principale ber- saglio è stato il Bodø/Glimt. SPARTIACQUE NORVE- GESE - Le quattro sfide di Conference League con il Bodø/Glimt (2 nel girone, 2 negli ottavi di finale) sono forse state il principale spartiacque nella stagione della Roma. Il piccolo e 'pacifico' club norvegese, ha ini- negli ottavi, la Roma si è trovata nuovamente faccia a faccia con i Norvegesi che, nei quarti di fina- le, si sono trasformati in un vero e proprio 'nemico'. Nella gara d'andata, disputata in Scandinavia, la Roma, pur gio- cando abbastanza bene, è caduta ancora: complici le incertezze di Rui Patricio, è finita 2:1 per i padroni di casa. Ma è nel finale del match che ai Norvegesi è stato conferito definitivamente il ruolo di 'nemico': dopo una rissa tra il preparatore dei portieri romanista (Nuno Santos) e Kjetil Knutsen (l'allenatore del Bodø), in perfetta linea con la retorica dell'accerchiamento tanto cara allo Special One, nel dopo partita Lorenzo Pellegrini ha alzato all'inverosimile l'asticella della rivalità, parlando di "insulto a Roma e ai Romani" e auspicando di poter giocare il ritorno con il supporto di tutta la città. Il Bodø è stato trasformato nel 'mostro' e, improvvisamente, la Conference League (sin lì con- siderata anche dai Romanisti con una certa sufficienza), è diventa- ta una competizione sentita e centralissima. A Roma è finita 4:0 per Pellegrini e compagni e il mondo giallorosso ha ritrovato improvvisa e perfetta comunanza di intenti, oltre a un vero obietti- vo da centrare, provando a vince- re in Europa. NUOVO IDILLIO - In que- sto idillio, i tifosi romanisti sono riusciti a sopportare il perdurare delle fatiche in Campionato - dove, via via, è parso sempre più probabile che si sarebbe arrivati alle spalle della Lazio - tanto che, dopo l'ultima deludente par- tita casalinga (0:0 con il Venezia), Mourinho e i suoi hanno completato un giro di campo, acclamati da un Olimpico stracolmo. Nel frattempo, sempre sospin- ta da un pubblico ebbro di coin- volgimento e al colmo del tra- sporto, la Roma (con qualche altra sofferenza) ha eliminato il tignoso Leicester nella semifina- le di Conference: 1:1 in Inghilterra e 1:0 in casa (dopo una bella gara, seppur prettamen- te difensiva) e ha cominciato a focalizzare tutte le energie sulla finalissima di Tirana, dove avrebbe dovuto affrontare il Feyenoord (che, sotto la guida di Arne Slot, ha riacquisito automa- tismi efficaci e propri di un cal- cio moderno e propositivo). MISSIONE COMPIUTA - La partita si è giocata in un clima surreale: Tirana è stata invasa dai supporter giallorossi e anche la stragrande maggioranza degli Albanesi parteggiava per la squa- U n vero trionfo. Quando l'Uefa presentò la Conference League (al debutto nella stagione appena conclusasi), la 'terza' competi- zione continentale venne rapida- mente derubricata a torneo di second'ordine, creato solo per incassare qualche soldo in più proveniente dai diritti tv e, sostanzialmente, privo di signifi- cato dal punto di vista di qualità tecnica e intensità nelle sfide. Nulla di più sbagliato, come dimostrano peraltro livello e bla- sone della maggior parte delle squadre giunte agli ultimi turni (dal Rennes al Feyenoord, pas- sando per Roma, PSV Eindhoven, Leicester, Basilea, Olimpique Marsiglia e Slavia Praga) e la spettacolarità di molte partite della fase ad eliminazione diretta. Giocare sul palcoscenico europeo non è mai banale e farlo contro avversari prestigiosi è for- mativo e motivante. Vincere una competizione europea, poi, oltre a generare introiti, contribuisce a creare una mentalità giusta nella squadra, esaltando al contempo i tifosi. Per troppi anni le squadre italiane si sono permesse di snobbare persino l'Europa League - giudicandola troppo faticosa e inferiore alla Champions -, preferendo concen- trarsi solo sul piazzamento in Campionato: questo atteggia- mento miope è una delle ragioni alla base dell'arretratezza del nostro calcio di club, che propo- ne esponenti poco abituati a gio- care con ritmi elevati e maggiore offensività (elementi chiave in competizioni ad eliminazione diretta, che possono essere meno centrali in tornei lunghi come la Serie A). Vincere, però, aiuta a vincere. Ed imporsi a livello con- tinentale conta tantissimo, anche per guadagnare in visibilità e cre- dibilità. RILANCIO GIALLOROS- SO - Tutto questo acquisisce ancora più senso se applicato al caso della Roma. I Giallorossi non vincevano nulla dalla Coppa Italia del 2008 e avevano dispu- tato la loro ultima finale europea addirittura nel 1961. Gli ultimi anni - quelli della proprietà Pallotta - sono stati caratterizzati da un lungo percorso di ricostru- zione, che voleva rimettere in ordine conti e assetto societari, piuttosto che costruire squadre vincenti. Se questa politica pote- va essere comprensibile da un punto di vista razionale, difficil- mente poteva soddisfare la pas- sione dei tifosi. Con l'avvento dei Friedkin, nell'agosto 2020, pur senza inve- stimenti clamorosi, molto è cam- biato: il rilancio, con poche mosse, si é rapidamente concre- tizzato. Per prima cosa, la nuova proprietà ha deciso di stabilirsi nella Capitale, presenziando alla maggior parte delle partite della Roma, dando così la sensazione di essere consapevole di quanto avvenisse nel mondo giallorosso, senza i troppi fraintendimenti dell'era Pallotta. Poi, ovviamen- te, è stato ingaggiato José Mourinho. IL (QUASI) NUOVO SPE- CIAL ONE - José Mourinho si è insediato a Roma portando con sé un'aura magica: il suo arrivo ha fatto percepire a tutto il mondo giallorosso di aver com- piuto un 'salto di qualità', poten- do puntare a qualcosa in più del solito piazzamento. Per quanto in un momento non facile della car- riera, l'allenatore lusitano restava un carismatico vincente, di altis- simo profilo. E la sua credibilità ha pagato immediatamente, por- tando alla firma di Tammy Abraham (pezzo da 90 del mer- cato estivo, persuaso a scegliere la Roma proprio grazie alla pre- Impresa europea della Roma: la riscossa dei giallorossi e la trasformazione di Mourinho zialmente assunto le sembianze dello spauracchio: l'impondera- bile umiliazione (6:1) subita, nel girone, da una Roma infarcita di riserve ha messo a dura prova il credito di Mourinho presso i tifo- si, ripercuotendosi all'interno del gruppo (con alcuni protagonisti della disfatta esclusi dalle rota- zioni per un certo periodo). Superato - non senza affanni - il momentaccio, Mourinho ha cominciato ad avere maggior presa sulla squadra, rivedendo alcuni equilibri di spogliatoio e alcune soluzioni tattiche. Il grup- po ha cominciato a 'fare quadra- to', anche se l'altalenante anda- mento in Campionato (caratteriz- zato da troppi gol subiti e da eccessive delusioni nei big match) ha lungamente dato l'im- pressione che la Roma fosse lon- tana dallo 'svoltare'. Nemmeno la gara di ritorno nel girone contro il Bodø ha rap- presentato la tanta agognata catarsi, visto che i Giallorossi - sotto per due volte - non sono andati oltre il 2:2 casalingo. Vinto comunque il raggruppa- mento di Conference ed elimina- to - senza esaltare - il Vitesse Il tecnico Josè Mourinho (Ph © Marco Iacobucci | Dreamstime.com) CONTINUA A PAG 39

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