L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-30-2022

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www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 30 GIUGNO 2022 I l corallo è un mate- riale affascinante: è vivo, appartiene al mare e, come tutto ciò che proviene dal- l'acqua - come le perle, le conchiglie e Venere, la dea della bellezza e dell'amore - ha qualcosa di ancestrale e magico. Per secoli, il corallo è stato utilizzato per creare amuleti in grado di proteg- gerne i proprietari dal male, dalla sfortuna e dalle paure, e si credeva persino che aiu- tasse a diminuire il dolore fisico. Il corallo si divide solita- mente in due categorie prin- cipali: il corallo arancione scuro, noto in italiano come carbonetto, e il corallo rosa- diafano, noto come squallo, più costoso. Va menzionato anche il corallo nero, anch'esso utilizzato in gioielleria, anche se non è forse così popolare come i cugini rossi e arancioni. Quando pensiamo alla pesca e all'artigianato del corallo in Italia, il nostro pensiero va alla Campania, a Torre del Greco, ma anche la Sicilia ha una vivace e ricca tradizione di corallo, soprattutto nella città di Trapani. Le prime attesta- zioni della sua pesca e lavo- razione sull'isola risalgono all'epoca araba, quando veniva raccolto soprattutto nelle acque intorno alle Isole Egadi, proprio di fron- te a Trapani. La fortuna del corallo siciliano continuò anche durante la dominazione nor- manna e sveva (dalla metà dell'XI alla fine del XIII secolo), come testimonia il geografo arabo Al-Idrisi, che nel XII secolo menzio- nava la qualità del corallo rosso di Trapani. Documenti della fine del XIV secolo mostrano che il corallo rosso di Trapani era la mag- giore esportazione della città, insieme al sale marino e al tonno. È tuttavia nel XVI secolo che l'artigianato del corallo raggiunge il suo apice nella città siciliana. I pescatori chiamati corallini partivano con i loro ligudelli, imbar- cazioni create appositamen- te per la pesca del corallo, a maggio e tornavano a set- tembre. L'equipaggio com- prendeva sempre un gruppo di natanti, pescatori che nuotavano per raggiungere e raccogliere il corallo sott'acqua. Sotto i Borboni, la pesca e l'artigianato del corallo divennero così importanti per l'economia dell'isola che vennero promulgate leggi per limitare l'accesso ai banchi di corallo locali alle imbarcazioni straniere per la pesca del corallo: in altre parole, se si voleva pescare il corallo nelle acque siciliane, bisognava registrarsi al porto e non sempre il permesso veniva concesso. Quando si pensa al primo artigianato del corallo in Sicilia, il nome che viene in mente è quello di Antonio Ciminello che, nel XVI secolo, creò uno speciale scalpello, chiamato bulino in italiano, che avrebbe cambiato il modo di scolpi- re e incidere il corallo. È infatti dopo la creazione di Ciminello che l'artigianato del corallo fiorì veramente. Basti pensare al famoso Presepe in corallo offerto dal Senato di Palermo a Filippo II, re di Spagna, che contava circa 80 personaggi e 120 animali. O al tempio di ispirazione greca com- missionato sempre dal Senato di Palermo e donato a Papa Urbano VIII a metà del XVII secolo. Tuttavia, le cose sarebbe- ro cambiate per Trapani, perché molte delle famiglie storicamente legate alla pesca e alla lavorazione dei gioielli di corallo in città finirono per trasferirsi, cer- cando di accrescere le pro- prie fortune, portando l'arti- gianato in altre zone dell'isola: tanto per dare un'idea, se nel XVII secolo a Trapani c'erano più di trenta atelier di corallo, nel XIX ne rimanevano solo otto. Nonostante ciò, gli artigiani trapanesi rimasero all'avanguardia, soprattutto perché si specializzarono nella produzione di gioielli in oro e pietra intagliata, uti- lizzando le tecniche acquisi- te dagli artigiani ebrei. Lo sviluppo dell'orefice- ria e dell'intaglio di pietre preziose e semipreziose fu influenzato anche dalla spi- ritualità, in particolare dalla popolarità della Madonna di Trapani: il suo culto por- tava in città centinaia e cen- tinaia di pellegrini che, il più delle volte, se ne andavano con un ricordo della Vergi- ne, solitamente sotto forma di una statuetta di corallo o di un rosario di corallo. Oggi la tradizione coralli- na trapanese rimane viva, soprattutto grazie alla capa- cità degli artigiani di diven- tare, nel corso dei secoli, raffinati orafi e di sviluppare una fiorente tradizione di alta gioielleria nella zona. La figura del corallaio- orefice è tipica della città e rimane cardine dell'econo- mia locale. In questo conte- sto, va citato un nome in particolare, quello di Plati- miro Fiorenza. Figlio di un corallaio-orefice di Trapani, Platimiro iniziò a lavorare il corallo, l'oro e l'argento a soli sette anni. A poco a poco, il suo lavoro è diven- tato riconoscibile e apprez- zato in tutto il Paese, tanto che, come presentato da Eleonora Monaco di Visit Italy, ha ricevuto il premio 100 Eccellenze Italiane ed è stato riconosciuto come Maestro d'Arte e Mestiere. Il maestro Fiorenza è anche la mente e le mani dietro alla partecipazione siciliana al progetto Hand in Hand di Fendi, un'iniziativa in cui agli artigiani di ogni regione d'Italia è stato chiesto di creare una versione dell'ico- nica borsa baguette di Fendi del 1997, utilizzando il pro- prio mestiere. Platimiro ha creato una sontuosa baguet- te Fendi in pelle rossa, inte- ramente ricoperta da delica- te decorazioni in argento e coralli. L'oro rosso di Sicilia: il corallo di Trapani Dettaglio di un presepe in corallo di Trapani (Copyrighted work available under Creative Commons agreement. Author: Sailko. License: CC BY-SA 4.0) HERITAGE MEMORIA IDENTITÀ STORIA RADICI

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