L'Italo-Americano

italoamericano-digital-8-11-2022

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23 GIOVEDÌ 11 AGOSTO 2022 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA Una sfilata di moda a Milano (Photo: Martinkay78/Dreamstime) C he la si ami o la si odi, Milano è, con Roma, la città più impor- tante del Paese. Per molti è la vera capitale d'Italia, in quanto principale centro economico e com- merciale. Milano è anche, manco a dirlo, la città più trendy che abbiamo, perché è la nostra capitale della moda, nonché una delle capitali mondiali della moda. Ma come si è guadagnata questo titolo e perché? Al giorno d'oggi, la moda è una delle principali fonti di reddito e ricchezza per la città lombarda: secon- do dati recenti raccolti dalla Camera di Commercio di Milano, Monza e Lodi, le due settimane della moda milanesi, una a febbraio e una a settembre, generano circa 350 milioni di euro (al cambio odierno, è più o meno la stessa cifra in dol- lari) di fatturato, e coinvol- gono più di 135.000 persone e 18.000 imprese. Curiosamente, però, se vogliamo capire perché Milano è diventata così importante per la moda ita- liana, dobbiamo fare un breve viaggio in un'altra città, Torino, dove nel 1935 fu creato l'Ente Nazionale della Moda Italiana. Il gruppo aveva lo scopo di sostenere e promuovere l'industria della moda italia- na sia a livello nazionale che internazionale. Sotto la supervisione e il lavoro dell'Ente, l'industria della moda differenziò i suoi obiettivi: Roma, Firenze, Milano e Torino si concen- trarono su stili e prodotti specifici: Roma era il fulcro dell'alta moda; Firenze della moda boutique - arti- coli di alta qualità, fatti a mano, non così costosi come l'alta moda, ma abba- stanza costosi da essere accessibili solo ai ricchi; Torino e Milano della moda prêt-à-porter. In quegli anni e fino agli anni Cinquanta, l'abbiglia- mento su misura rappresen- tava l'80% del mercato e quindi, se si aveva bisogno di un abito o di un vestito, ci si rivolgeva a un sarto o a una sarta. Le cose, però, cambieranno profondamen- te con il boom economico e con la rivoluzione culturale degli anni Sessanta: da un lato, ci sono più soldi da investire nell'abbigliamen- to, dall'altro, il modo di vestire diventa lo specchio della propria personalità, delle proprie convinzioni o della propria posizione poli- tica. Milano, con le sue case editrici - le più importanti d'Italia, Rusconi, Mondadori e Rizzoli, tutte con sede lì - divenne presto un vero e proprio polo cul- turale e, situata com'era all'interno del triangolo industriale italiano, era già un attore chiave nello svi- luppo industriale ed econo- mico del Paese. Se c'era un luogo, in altre parole, dove un'industria come quella della moda moderna, basata su sviluppi produttivi e cul- turali, poteva evolversi, quello era Milano. Negli anni Settanta la moda si associa ancora di più all'idea di rappresenta- zione culturale e Milano, già legata all'industria del prêt-à-porter, è pronta a rac- cogliere la sfida. Ma sono gli anni Ottanta, il decennio in cui Milano diventa la capitale economica d'Italia, a consacrarla veramente anche come capitale italia- na della moda. Sono gli anni di Versace, Ferré e Valentino; di Armani, Gucci e, più tardi negli anni Novanta, di Prada, la cui prima collezione prêt-à-por- ter esce solo nel 1989. Milano, protagonista del mondo del prêt-à-porter fin dagli anni Trenta, si trovò - letteralmente - nel posto giusto al momento giusto: era il polo culturale e indu- striale di cui la nuova moda, creata dal boom economico e impregnata di cultura, aveva bisogno per svilup- parsi in Italia. Naturalmente, quando si parla di Milano e di moda, non si può dimenticare il quadrilatero della moda, l'area compresa tra via Montenapoleone - la Fifth Avenue italiana - via della Spiga, via Manzoni e corso Venezia, che disegna un quadrato sulla mappa della città. I negozi più costosi e alla moda della città consi- derano il quadrilatero casa loro fin dal 1800. Oggi vi si trovano i flagship store di tutti i grandi stilisti, tra cui Prada, Versace, Louis Vuitton, Chanel e Gucci, oltre a gioiellerie come Cartier e Bulgari, e ad oro- logiai svizzeri come Rolex e Patek Philippe. C u r i o s i t à i t a l i a n e : p e r c h é M i l a n o è l a capitale della moda italiana? F u o r c h é ( f o o - ohr-kai) signifi- c a " t r a n n e " , "ma", "a parte" e l o u s i a m o s p e s s o , s o p r a t t u t t o n e i registri linguistici più alti. Si trova sempre in coppia con tutto, tutti, ogni e nes- s u n o , e a c c e n t u a s e m p r e ciò che stiamo dicendo. Ad esempio, oggi posso fare t u t t o f u o r c h é s t u d i a r e , oppure non mi va di vede- re nessuno fuorché Giaco- mo. F u o r c h é è f o r m a t o d a due parole, fuori e che. Per q u e s t o m o t i v o , i n a l c u n i l i b r i a n t i q u a t i , s i t r o v a scritto fuor ché, invece di fuorché. Se lo si guarda in questo modo, diventa facile capirne il significato! Anche se non sappiamo b e n e q u a n d o f u o r c h é s i a diventato popolare, siamo certi che D a n t e lo abbia u s a t o , p e r c h é è n e l l a Divina Commedia, dove i l n o s t r o S o m m o P o e t a scrive che Tanto giù cadde c h e t u t t i a r g o m e n t i / A l a s a l u t e s u a e r a n g i à corti/Fuor che mostrarli le perdute genti (Purgatorio XXX, 136-138) o, per dirla come H. W. Longfellow, i l s u o p r i m o t r a d u t t o r e inglese "So low he fell that all appliances/ For his sal- vation were already short/ Save showing him the peo- ple of perdition". Se fuorché andava bene per Dante, dovrebbe anda- re bene anche per noi! - Posso aiutarti in tutte l e m a t e r i e , f u o r c h é l a matematica - I can help you with all subjects, except maths - H o c o n o s c i u t o t u t t i i tuoi cugini fuorché Anna - I h a v e m e t a l l y o u r cousins but Anna - Mi piace tutto fuorché il formaggio - I l i k e e v e r y t h i n g except cheese Parola del giorno - fuorché: la parola giusta, a parte quando non si è d'ac- cordo! Photo 7868953 © Monkey Business Images | Dreamstime.com

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