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17 GIOVEDÌ 20 OTTOBRE 2022 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | LA VITA ITALIANA TRADIZIONI STORIA CULTURA L a Calabria è nota per la bellezza del suo paesaggio, per il suo cibo e per i suoi legami storici con l'Antica Grecia. La regio- ne fu una delle più ricche colonie della Magna Grecia e la cultura ellenica è ancora profondamente radicata in alcune zone, dove ancora oggi si parlano dialetti di ori- gine greca. Non molti, però, conosco- no il legame tra la Calabria e un nostro vicino, l'Albania, legame che ha nel villaggio di Civita e nel suo dialetto uno dei suoi più vivi rappresen- tanti. Civita è un piccolo paese di circa 1.000 abitanti, i n p r o v i n c i a d i C o s e n z a , situato nella riserva naturale delle Gole del Raganello, all'interno del Parco Nazio- nale del Pollino. Come nei vicini paesi di Ejanina e Fra- scineto, gli abitanti di Civita parlano l'arbëreshe , un dialetto utilizzato esclusiva- mente dalle minoranze alba- nesi del Bel Paese. Nella provincia di Cosen- za, 25 paesi e cittadine appar- tengono alla comunità arbë- r e s h e , e C i v i t a è u n o d i questi. Fu fondata nel 1471 da profughi albanesi fuggiti dal loro Paese per sottrarsi alla conquista ottomana. In questa parte di Calabria dalla bellezza tranquilla, trovarono p r o t e z i o n e i n I r e n e Castriota Skanderbeg, moglie del principe di Bisi- gnano e parente di Gjergj Kastrioti Skanderbeg, eroe albanese del XV secolo. Qui fiorì la comunità albanese, che mantenne viva la propria lingua, le proprie abitudini e le proprie tradizioni, tra cui il rito greco-bizantino, ancora oggi utilizzato nella locale chiesa di Santa Maria Assun- ta. Secondo alcuni il toponi- mo Civita potrebbe derivare dalla parola arbëreshe çifti, "coppia", che si riferirebbe ai d u e b o r g h i d e l p a e s e , Sant'Antonio e Magazeno; altri ritengono che la sua ori- gine sia da un altro termine arbëreshe, qifti, che significa "aquila", mentre altri ancora c r e d o n o c h e d e r i v i d a l l a parola latina civitas. Civita è affascinante, ma non in modo perfetto: il vil- laggio porta le sue cicatrici c o n o r g o g l i o , m a r i m a n e pieno di bellezza. Il suo cen- tro è caratterizzato da stretti vicoli, chiamati rughe, che uniscono le numerose piaz- zette del paese. Il centro sto- rico, in particolare il quartie- r e d i S a n t ' A n t o n i o - S i n A n d o n i , i n a r b ë r e s h e - è molto caratteristico: le sue case hanno facciate molto stravaganti, con piccole fine- s t r e c h e s e m b r a n o o c c h i , g r a n d i p o r t e c e n t r a l i c h e sembrano bocche e camini che imitano il naso di una persona. Queste abitazioni s o n o n o t e c o m e c a s e d i Kodra, in onore del pittore i t a l o - a l b a n e s e I b r a h i m Kodra. In effetti, i camini sono una cosa da vedere a Civita perché, anticamente, esperti artigiani vi scolpivano delle decorazioni che serviva- no a tenere lontani gli spiriti maligni. A Civita è il borgo nel suo complesso ad affascinare, e non solo perché la sua antica struttura quattrocentesca, di tradizione albanese, è perfet- tamente conservata. Come spesso accade nei piccoli luo- ghi, la vita a Civita scorre quasi con un ritmo diverso e non è raro trovare donne che si riuniscono in strada davan- ti alle loro case per chiacchie- rare o ricamare in compa- gnia. Questo alternarsi di vicoli e piazzette - la cosid- detta gjitonia - fa parte a tutti gli effetti del tessuto sociale di Civita, perché è un'esten- sione delle case delle perso- n e , p r o p r i o c o m e s i v e d e nelle kasbah del Maghreb. La cucina locale è un delizioso mix di piatti arbëre- she e del Pollino: pasta fatta in casa con ragù di capretto o sugo di porcini, prosciutti, g n o c c h e t t i c o n r i c o t t a d i pecora, arrosti di agnello o capretto accompagnati da deliziosi vini del Pollino. Gli abitanti del luogo sono m o l t o o r g o g l i o s i d e i l o r o costumi tradizionali, per- c h é s o n o p r o f o n d a m e n t e legati alla loro eredità albane- se. Di solito sono riccamente realizzati con sete e velluti colorati, poi ricamati con maestria dalle donne locali. Il ricamo è infatti una delle attività tradizionali di Civita. L e t r a d i z i o n i v e n g o n o celebrate anche durante l'an- no in una serie di eventi, tra cui il martedì dopo Pasqua, quando la Vallja, un'antica danza etnica con radici gre- che e illiriche, viene eseguita nelle piazze e nei vicoli prin- cipali del paese. Poco dopo, nei primi tre giorni di mag- gio, Civita festeggia la sua fondazione con le Danze dei Falò, un rito che rievoca i tempi in cui i fondatori del villaggio, guidati da Giorgio Paleologo Assan, arrivarono n e l l a z o n a e s i r i u n i r o n o i n t o r n o a g r a n d i f a l ò p e r riscaldarsi durante le notti fredde. Oggi ci si riunisce intorno al fuoco per intonare i tradizionali canti polifonici chiamati vjershë. I romani le amano e il l o r o n o m e r i v e l a quando si svolgono, m a s a p p i a m o c o s a sono? Diamo un'oc- chiata alla tradizione autun- nale più amata della nostra capitale: le ottobrate. Ai bei tempi e fino all'ini- zio del XX secolo, le ottobra- te erano una cosa seria. Dedi- cate alla celebrazione della fine della vendemmia, tro- vavano il loro più antico com- pagno nei Baccanali dei Romani (in latino), feste che celebravano Bacco, il dio del vino e dei piaceri sensuali. P e r s o n e d i t u t t e l e c l a s s i sociali lasciavano le loro case il giovedì o la domenica mat- tina per recarsi fuori porta, cioè fuori dalla città, nella splendida campagna romana. Trascorrevano la giornata d i v e r t e n d o s i , g o d e n d o d i buona compagnia, buon cibo e, naturalmente, buon vino. Testaccio era una delle mete per eccellenza dell'Ottobrata antica, grazie alle sue nume- rose grotte, dette grotte del vino, che avevano la tempe- ratura perfetta per conserva- re il vino. Il mezzo di trasporto tradi- zionale delle ottobrate era la carratella, ma su di essa potevano sedersi solo le gio- vani donne, che ovviamente s f o g g i a v a n o i l o r o a b i t i migliori. Il resto della banda seguiva a piedi, spesso can- tando e suonando. Una volta raggiunta la meta prescelta, iniziava la vera festa, con vino e cibi tradizionali roma- ni come l'abbacchio, gli gnoc- chi e le trippe. Poi giochi, come l'albero della cuccagna e l e b o c c e , e a n c h e b a l l i , soprattutto il saltarello. Ma il tempo passa per tutti e per tutto, e le ottobrate di una volta non ci sono più. Questo non vuol dire che i romani abbiano smesso di amarle, però. Ancora oggi si godono una giornata all'aper- to, spesso in uno dei tanti parchi di Roma, soprattutto quelli delle ville storiche, con gli amici e la famiglia, appro- fittando delle ultime giornate di sole dell'anno. L a t r a d i z i o n e d e l m e s e : Ottobrate di Roma Una veduta dei giardini di Villa Aldonbrandini, a Frascati, nei Castelli Romani, che erano - e ancora sono - una destinazione popolare per le ottobrate (Photo: Pavel068/Dreamstime) Civita … e una 500 rossa! Nel villaggio, si parla un dialetto Albanese (Photo: Dmytro Surkov/Dreamstime) Il borgo italiano del mese: Civita