L'Italo-Americano

italoamericano-digital-11-2-2023

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mette in scena il coraggio e il dolore che segnano da sempre le migrazioni, in una dimensione di profonda umanità". "Io Capitano" è una parabola dei nostri giorni che invita a riflettere, con meno retorica e più consapevolezza, sulla neces- sità di assumersi la responsabi- lità delle proprie azioni ma anche di allargare lo sguardo per includere chi sta intorno ed è più fragile. E' un invito a ricordarci che siamo tutti sulla stessa barca e che dovremmo farci portavoce di interessi collettivi, guardando un po' più in là dei nostri perso- nali obiettivi, e che l'emigrazio- ne è solo un pezzo del viaggio. NEWS & FEATURES PERSONAGGI OPINIONI ATTUALITÀ GIOVEDÌ 2 NOVEMBRE 2023 www.italoamericano.org 3 L'Italo-Americano IN ITALIANO | N on è la prima volta che l'Italia punta agli Oscar scommettendo su un tema asso- lutamente contemporaneo, tor- mentato e identitario, che la attraversa dolorosamente da decenni accomunandola a molti altri Paesi: l'immigrazione. "Io Capitano" di Matteo Garrone è il film che l'Italia ha appena can- didato per il miglior film inter- nazionale. Nel 2016 era stato indicato "Fuocoammare" di Gianfranco Rosi ambientato a Lampedusa, teatro di migliaia di sbarchi e naufragi, e già premia- to con l'Orso d'oro a Berlino. Il regista e documentarista aveva trascorso un anno intero sull'iso- la siciliana per raccogliere le sto- rie non solo di chi arriva in Italia con la speranza di una vita migliore ma anche della gente che vive e lavora in quel fazzo- letto di terra diventato avampo- sto e crocevia dell'emigrazione che attraversa il Mediterraneo. Fra i personaggi spiccava quello di Michele Bartolo, il direttore sanitario che da trent'anni cura gli isolani e assiste a ogni sbarco stabilendo chi va in ospedale, chi nel centro di accoglienza e chi è deceduto. Un uomo, non solo un medico, diventato sim- bolo di tutti coloro che, indivi- dui, associazioni o istituzioni, tentano di accogliere in maniera dignitosa la marea umana che, viva o morta, viene portata a riva dalle onde. L'opera di Garrone invece, che a settembre ha vinto alla Mostra di Venezia il Leone d'ar- gento per la regia e il premio Marcello Mastroianni per l'atto- re emergente tributato al prota- gonista Seydou Sarr, concentra l'attenzione su una tra i milioni di storie di coraggio e dolore che stanno dietro ai numeri con cui normalmente si racconta il feno- meno migratorio. "Siamo molto orgogliosi di poter rappresentare l'Italia agli Academy Awards con Io Capitano e ci auguriamo che il viaggio di Seydou possa toccare il cuore anche del pub- blico americano", ha detto Gar- rone dopo la designazione che ora attende le nomination del 23 gennaio. Due ottiche, due narrazioni, due linguaggi ma un solo tema al centro della macchina da presa. Un tema controverso, delicato, politicamente critico e socialmente difficile da gestire sebbene sia un nodo strutturale della vita italiana, che da tre decenni è ancora affrontato con strumenti emergenziali e super- ficiali. Parlare di immigrazione e sbarchi è raccontare un pezzo di Italia contemporanea, è mostrare ciò che vive la società, ciò che quotidianamente riempie giorna- li e telegiornali, che strattona la politica distratta e sbrigativa per riportarla al senso di umanità che si perde tra propagande elet- torali e logiche partitiche. Anche le parole che si usano fanno capire che non sappiamo come gestire l'emigrazione se non come un problema che non vogliamo affrontare, che riman- diamo ogni volta a domani. Oscillano continuamente tra invasione e accoglienza, tra emergenza umanitaria e crimina- lizzazione, tra solidarietà e respingimenti. Tutto e il contra- rio di tutto perché nulla è chiaro o definito. Ma è anche toccare un tema storico che non è ancora stato elaborato. Le partenze di milioni di italiani, nelle grandi ondate migratorie d'inizio Novecento, che per tanti versi ci hanno reso simili ai migranti di oggi, nei libri di storia restano derubricate a brevi paragrafi. Si citano i transatlantici, i viaggi in terza classe, le schedature a Ellis Island, la vita magra e i lavori duri dei paesani, le Little Italy, gli stereotipi che tanto cinema e tv continuano ad accreditare e perpetuare, ma sembrano più pagine di letteratura, racconti romanzati di altri tempi, che non pezzi dell'identità nazionale. Non se ne coglie il lascito, il significato, il legame con l'at- tualità. Il peso e il tributo dell'e- migrazione italiana resta evane- scente. Ma sfuggente è anche la lezione del presente, è un nervo scoperto che non si sa risarcire. La stessa Lampedusa è un luogo difficile da definire. E' località di vacanza e bellezza paesaggistica ma è anche terra di sbarchi e naufragi. Per chi arriva è meta agognata: sempre meglio del deserto, delle prigioni libi- che, delle torture e degli stenti. Ma è anche il confine di un'Eu- ropa che rifiuta chi sfugge da miserie, guerre e fame accettan- do il rischio di morire affogato. E' il porto dove si infrangono i sogni perché si scende tremanti dalle barche per finire in centri di accoglienza che nulla hanno a che fare con le speranze di una vita migliore ma è anche appro- do e solidarietà: i primi a tende- re la mano sono gli stessi lam- pedusani, gente pronta ad accogliere tutto quello che arri- va dal mare, che non si è mai stancata di aiutare. Il film di Garrone è stato scelto "per aver incarnato con grande potenza cinematografica il desiderio universale di ricerca della libertà e della felicità, creando un'epica del sogno che L'emigrazione dal cinema alla quotidianità passando per la storia giancarlo.fadin@protravelinc.com Direct: 818-783-0208

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