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www.italoamericano.org 11 L'Italo-Americano IN ITALIANO | GIOVEDÌ 20 MARZO 2025 S e s e i c r e s c i u t o c o m e m e , c o n nonni che hanno v i s s u t o l ' u l t i m a guerra mondiale, sai quanto fossero incredibil- mente intraprendenti. Sape- v a n o c u c i n a r e c o n q u a s i niente, sapevano aggiustare quasi tutto e niente andava sprecato perché riuscivano sempre a trovare un altro uso per le cose. I m m a g i n o c h e n o n p e r caso siano stati chiamati la generazione più grande. C'era un'arte nella loro capacità di arrangiarsi, di tra- sformare il poco che avevano in qualcosa di utile, persino bello. In Italia, questo atteg- giamento ha un nome: l'arte di arrangiarsi. La capacità di cavarsela con mezzi limitati non è sem- plicemente un prodotto del tempo di guerra, ha profonde radici storiche perché l'Italia, nonostante il suo ricco patri- monio culturale, non è sem- pre stata una terra di abbon- d a n z a . A n c h e p r i m a dell'unificazione del Paese nel diciannovesimo secolo, molte delle sue regioni furo- n o c o s t r e t t e a f a r f r o n t e all'instabilità economica, al d o m i n i o s t r a n i e r o e a l l e risorse limitate. Fondamen- talmente, nel corso della sto- ria, gli italiani si sono adattati sfruttando al meglio ciò che avevano. La frugalità era spesso richiesta per navigare in tempi di difficoltà econo- miche, le restrizioni commer- ciali regionali richiedevano ingegno e un po' di creatività era necessaria per sopravvi- vere nelle città dilaniate dalla guerra dell'Italia pre-unita- ria. Fondamentalmente, l'ar- te di arrangiarsi è sempre stata la chiave per la nostra sopravvivenza. Forse nulla illustra questo spirito meglio del cibo ita- l i a n o , p e r c h é c i ò c h e i l mondo ora conosce come una delle cucine più raffinate è, in molti casi, il risultato diretto delle difficoltà. La cucina povera si basa sul principio di sfruttare al meglio ingre- dienti semplici, spesso avan- zati. Ogni regione ha le sue varianti, ma la logica è la stessa ovunque: il pane del giorno prima non viene mai sprecato; diventa pappa al pomodoro o ribollita in Toscana, pancotto in Puglia o acquasale in Campania. I tagli di carne meno nobili vengono trasformati in stufa- ti, brasati o prelibatezze cotte a fuoco lento, sfruttando ogni briciolo di nutrimento da ciò che era disponibile. Anche i s u g h i p e r l a p a s t a s p e s s o nascevano dalla necessità: piatti come l'iconica cacio e pepe, fatta solo con pasta, formaggio e pepe nero, o la pasta aglio e olio, che usa solo aglio, olio d'oliva e pepe- roncino, sono capolavori di semplicità e, beh... di econo- micità. Naturalmente, la nostra capacità nazionale di adatta- mento si estende oltre il cibo. Nel XIX secolo, la scarsità di cacao portò a una delle i n v e n z i o n i c u l i n a r i e p i ù famose d'Italia. Durante le guerre napoleoniche, il bloc- co britannico dell'Europa continentale rese il cioccolato proibitivamente costoso. A Torino, un cioccolatiere di n o m e M i c h e l e P r o c h e t decise di allungare la sua scorta di cacao mescolandolo con nocciole finemente maci- nate, un prodotto locale. Il risultato fu il gianduia, che in seguito avrebbe ispirato la creazione della Nutella. L'arte di arrangiarsi, e l'a- more per l'improvvisazione e la reinvenzione, è così impor- tante in Italia che abbiamo persino dei film sull'argo- mento: in L'Arte di Arran- giarsi, un film del 1954 con Alberto Sordi, il protagoni- sta è un uomo che si reinven- ta costantemente per adattar- s i a l m u t e v o l e p a n o r a m a politico e sociale, cambiando alleanze, lavori e identità a seconda delle circostanze. È una satira tagliente ma anche un riflesso di una realtà fami- liare a molti italiani: la capa- cità di adattarsi, di reinven- tarsi, di trarre il meglio da ogni situazione. Lo stesso tema attraversa molte delle grandi commedie italiane della metà del XX secolo (un potenziale candidato a diven- tare presto Patrimonio del- l'UNESCO, come abbiamo scritto nella nostra ultima edizione), film che ritraggono le lotte e le piccole vittorie di persone comuni che vivono in un mondo spesso assurdo. Questo spirito di adat- tabilità è ancora vivo e vegeto oggi, in particolare nel mondo degli affari. Molti artigiani e imprenditori ita- liani continuano a trovare modi per unire tradizione e innovazione in quello che, forse, è più impegno per una v i s i o n e c h e u n s e m p l i c e "arrangiarsi". A Venezia, ad esempio, l'ultimo tessitore di velluto rimasto, Bevilacqua, è r i u s c i t o a s o p r a v v i v e r e adattando le sue tecniche secolari ai moderni mercati del lusso, dimostrando così come le industrie artigianali tradizionali possano conti- nuare a prosperare, quando t r o v a n o n u o v i m o d i p e r attrarre i consumatori con- temporanei. Questa adattabilità è evi- dente anche nell'approccio dell'Italia alle sfide ambienta- li: a Parma, una delle città italiane più attente al cibo, una rigorosa campagna con- tro gli sprechi ha trasformato i l m o d o i n c u i i r e s i d e n t i smaltiscono i rifiuti. La città ha introdotto un sistema di r i c i c l a g g i o a v a n z a t o , c o n m u l t e s e v e r e p e r l a n o n conformità e persino sorve- glianza per garantire il cor- retto smaltimento dei rifiuti. Questo approccio ha reso Parma una delle città più pulite d'Italia, un esempio di come l'arte di arrangiarsi possa applicarsi non solo alla sopravvivenza individuale ma anche all'innovazione civica. Nel corso della storia, gli i t a l i a n i h a n n o t r o v a t o i l modo di aggirare le sfide, che si trattasse della capacità della Repubblica di Venezia d i p r o d u r r e i n s e r i e n a v i nell'Arsenale secoli prima dell'industrializzazione, o degli imprenditori moderni che reinventano le aziende familiari per il mercato glo- bale. È una mentalità che valorizza l'intelligenza e la flessibilità, ma anche il rico- noscimento che a volte le regole devono essere piegate o reinterpretate e che una soluzione imperfetta è, spes- so, meglio di non avere pro- prio una soluzione. Ma l'arte di arrangiarsi, è importante ammetterlo, è per molti versi una filosofia di vita, una fede nella creatività rispetto alla rigidità, nell'a- zione rispetto all'esitazione. È ciò che consente a una tratto- ria a conduzione familiare di sopravvivere alle catene mul- tinazionali, ciò che mantiene le botteghe storiche di Firen- ze a produrre pelletteria nello stesso modo in cui hanno fatto per secoli, mentre con- quistano con successo nuovi clienti. È anche, se si guarda da vicino, ciò che alimenta l'infinita ingegnosità del desi- gn italiano, dalle automobili all'arredamento alla moda. Per chi non è cresciuto vedendola in prima persona, l'arte di arrangiarsi potreb- be sembrare improvvisazio- n e , u n m o d o d e l l ' u l t i m o minuto per risolvere un pro- blema. Ma per chi di noi ha visto i propri nonni ricucire i bottoni sulle camicie invece di comprarne di nuovi, che ha mangiato i migliori pasti della propria vita fatti con ciò che era rimasto in cucina, che ha visto intere comunità tro- vare il modo di prosperare di fronte all'incertezza, sappia- mo che è molto più di questo. È un modo di pensare, un modo di vivere, un'abilità istintiva di trarre il meglio da ogni situazione. E mentre l'Italia è cambia- ta e si è modernizzata, l'arte di arrangiarsi rimane al cen- tro di ciò che rende il Paese e la sua gente così straordina- riamente resilienti. Sapersi arrangiare: l'arte italiana di trasformare il poco in molto SOCIETÀ & CULTURA PERSONAGGI PATRIMONIO TERRITORIO La pappa al pomodoro e gli spaghetti aglio e olio: l'arte di arrangiarsi in cucina (Photo: Fanfo/Shutterstock; Sylvia Wendorf/Dreamstime)