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LA COMUNITÀ DI LOS ANGELES 31 GIOVEDÌ 21 AGOSTO 2025 www.italoamericano.org L'Italo-Americano IN ITALIANO | M a r t i n a R o s a z z a è piemonte- s e , m a l a sua infan- zia è stata un viaggio tra cul- ture: nata e cresciuta in Afri- ca per il lavoro dei genitori, ha respirato arte e libertà fin d a p i c c o l a . B r a v i s s i m a a s c u o l a m a a n n o i a t a d a i numeri, ha scoperto presto che la vera energia veniva dai colori, dai disegni e dalle storie. Oggi, a cinque anni dal suo arrivo in California, continua a trasformare quel- l a p a s s i o n e i n r e a l t à a l l a Disney Studios a Los Ange- les, dove dà vita a personag- gi, costumi e racconti che mescolano magia, poesia e p r o f o n d i t à e m o t i v a . " L a D i s n e y è l a m i a a n i m a gemella lavorativa", confessa Martina. Il suo percorso l'ha porta- ta oltre il semplice disegno: oggi Martina è anche creati- ve developer, un ruolo in cui a c c o m p a g n a i t e a m n e l l a c o s t r u z i o n e d e l l e s t o r i e , nello sviluppo dei personaggi e nella definizione dei loro archi narrativi. Dalle idee iniziali fino alla fase di pro- duzione, si assicura che ogni dettaglio visivo sostenga il cuore della storia. In questo modo, la sua passione per l'illustrazione e per l'arte della narrazione, nata tra libri e schizzi da bambina, trova finalmente spazio in mondi animati. Martina, com'è stato il tuo percorso di studi e di carriera? I l m i o p e r c o r s o n o n è stato lineare. A scuola ero molto brava, e per tutti, inse- gnanti in primis, era sconta- t o c h e s c e g l i e s s i i l l i c e o scientifico. Le mie sorelle invece avevano seguito l'in- dole artistica della nostra famiglia, entrambe al liceo a r t i s t i c o . I o a v r e i v o l u t o farlo, ma mi sono lasciata influenzare dal giudizio degli altri: sembrava quasi un pec- cato scegliere quella strada. Così ho fatto lo scientifico. Andavo bene, ma dentro di me sapevo che non era la mia strada. Quando hai capito che l'arte era davvero ciò che volevi? Già all'università. Mi ero iscritta a Lingua e Letteratu- ra, una via di mezzo tra il desiderio artistico e una for- mazione più "seria". Intanto aiutavo mia sorella, che lavo- rava come illustratrice, e lì ho capito che non potevo s c a p p a r e : m i p i a c e v a n o i libri illustrati. Ho tentato diverse scuole, anche a Los A n g e l e s , m a a l l a f i n e h o vinto una borsa di studio per una scuola di animazione a Tokyo. Com'è stata l'esperien- za in Giappone? Bellissima e durissima. La borsa copriva la scuola, ma per mantenermi ho insegna- to inglese per quattro anni. Ho imparato che non posso fare un lavoro che non mi interessa, il compromesso sarebbe troppo grande. Alla fine ho fatto uno stage alla Disney di Tokyo come cha- racter artist. Un sogno. P e r c h é h a i l a s c i a t o Tokyo? Per motivi di visto: non avevo abbastanza credenziali per un permesso artistico. Mi hanno offerto la stessa p o s i z i o n e a M o n a c o d i Baviera e ho accettato. Dise- gnavo sempre personaggi Disney, usati poi per poster, pubblicità, prodotti. Ma lì ho capito che mi mancava lo storytelling. Volevo lavorare sull'arte legata alle storie, non solo al marketing. Ed è per questo che sei arrivata a Los Angeles? Esatto. Ho lavorato prima alla Disney Publishing, poi a Skydance Animation per Ray Gunn, un film di Brad Bird. Dopo sono passata a Disney TV, sempre in produzione artistica. E cosa ti ha fatto cam- biare direzione? H o c a p i t o c h e n o n m i basta fare arte in sé. Io mi sono innamorata dei film Disney da bambina, ma non erano solo i disegni: era la storia a emozionarmi. Se lo script non mi coinvolge, io mi spengo. Alcuni miei colle- ghi vivono per disegnare: quello è il loro talento. Io invece ho bisogno che ci sia significato, che ci sia un mes- saggio. Per questo ho iniziato a scrivere note sulle sceneg- giature e in studio mi hanno detto: "Forse il tuo posto è nel creative development". E ora sei lì? Sì. Lavoro nello sviluppo creativo: valutiamo la pre- sentazione iniziale, analizzia- mo la sceneggiatura, cerchia- m o d i c a p i r e c o m e funzionano le storie. Faccio ancora artwork, ma la parte centrale è la narrazione. E f i n a l m e n t e m i s e n t o n e l posto giusto. Come funziona il pro- c e s s o d i s v i l u p p o d e i progetti in Disney? L e p e r s o n e c h e h a n n o un'idea devono preparare un pitch deck: dentro ci sono la storia, una parte di script, dell'arte, insomma l'intero c o n c e t t o d e l p r o g e t t o . I o aiuto i team in questa fase: l e g g o l e s t o r i e , p r o p o n g o modifiche, faccio notare se l'arco di un personaggio può essere rafforzato, se manca un emotional payoff o se qualcosa ricorda troppo un film già esistente. Poi prepa- riamo l'arte e ripresentiamo il pitch. Finché non viene scelto nulla è annunciato, perché tutto resta in fase di valutazione. In pratica, come fun- ziona il lavoro sul costu- me design? S i p a r t e s e m p r e d a l l o script: bisogna capire se la storia è ambientata in un'e- poca reale o in un mondo inventato. Se, per esempio, si tratta degli anni '20, non hai molta libertà: devi fare ricer- ca storica su tessuti, tagli, accessori. Dopo la ricerca ti vengono assegnati i perso- naggi: se uno è un soldato, una segretaria o un principe, c r e i c o s t u m i c h e a b b i a n o senso per il ruolo e proponi u n a s e r i e d i a l t e r n a t i v e , anche dieci o quindici. E poi come si proce- de? Mostri le proposte al regi- sta. Lui sceglie quello che gli p i a c e e s p e s s o t i c h i e d e varianti: cambi di colore, pattern, accessori. Quindi rifai lo stesso costume in dieci colori diversi, oppure proponi pettinature e gioielli differenti. Una volta appro- vato il design, passa al team 3D, che lo modella digital- mente. A quel punto io con- trollo che corrisponda all'i- d e a o r i g i n a l e : s i f a n n o aggiustamenti finché il per- sonaggio in 3D non funzio- na. Di tutto questo lavoro, q u a l è l a p a r t e c h e t i piace di più? Il visual development. È bellissimo perché, in pratica, significa trovare soluzioni a r t i s t i c h e a c i ò c h e n e l l o script è solo scritto a parole. Se nel copione leggi "la scim- mia diventa trasparente", s u l l o s c h e r m o n o n p u o i mostrare il nulla: devi inven- tare un modo perché il pub- blico capisca cosa sta acca- dendo. Quindi: diventa gialla e luminosa? Ha un bagliore magico? Si dissolve a tratti? Il nostro compito è tradurre i n i m m a g i n i q u e s t e i d e e , perché gli sceneggiatori pen- sano alla storia, ma sta a noi renderla visibile. E se dovessi citare un artista che ammiri parti- colarmente? Glen Keane, senza dubbio. È uno dei più grandi anima- tori Disney. Se vedi i suoi disegni, li riconosci subito: h a f a t t o T a r z a n , A r i e l , e tanto altro. Il suo stile è dise- g n o p u r o , a n i m a z i o n e espressiva. Guardando indietro, come leggi il tuo percor- so? Penso che non siano stati "cambi di idea", ma evolu- z i o n i . O g n i s c e l t a , a n c h e quelle che sembravano lon- tane dalla mia indole, mi ha insegnato qualcosa di essen- ziale. La società tende a giu- d i c a r e c h i c a m b i a s t r a d a come insoddisfatto, ma non è così: spesso è l'unico modo per scoprire davvero chi sei e cosa vuoi fare. Il percorso creativo di Martina Rosazza: sviluppo di personaggi e storie alla Disney Martina Rosazza al lavoro (Photo courtesy of Martina Rosazza)