Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel
Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/207873
GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE 2013 La Vignetta della Settimana Il cimitero dei senza nome di Renzo Badolisani TOMBE SENZA LAPIDI In Sicilia fa ancora caldo. Uno di quei caldi irreali per essere i primi di novembre, ma che gli abitanti dell'isola conoscono. Il cielo è terso, l'aria afosa. Capita che qualche anziana, nelle prime ore del pomeriggio, soprattutto in questi giorni dedicati alla commemorazione dei defunti, si avvii verso i camposanti della Sicilia, un mazzo di fiori sotto il braccio. Non hanno solo i propri cari da salutare: ci sono vecchietti che, spinti dalla compassione, si fermano qualche minuto davanti a tombe senza lapidi. Sono i loculi che custodiscono i resti degli oltre trecento sventurati, annegati – un mese fa – nel Canale di Sicilia, a poche miglia dall'isola di Lampedusa, in quella che doveva essere la loro terra promessa. Impossibile pensare di poter dare degna sepoltura a un numero così consistente di morti nel piccolo cimitero dell'isola, baciato dal sole del Mediterraneo. E così gli annegati del barcone, andato prima a fuoco e poi inabissatosi, sono stati sepolti – in tombe anonime, un semplice numero sulla bara, ignorando giocoforza i loro nomi e cognomi – in tanti, piccoli o grandi, cimiteri della Sicilia. Decine di camion hanno trasportato le bare: alcune di colore marrone, altre, peggio ancora, bianche, a testimoniare che custodivano i resti di bambini. Per giorni interi, in molti cimiteri, da Agrigento ai piccoli paesi sulle colline, è stato un andirivieni di inservienti, muratori. Morire a migliaia di chilometri di distanza, seppelliti in loculi senza nome: così sono stati azzerati i sogni di riscatto di centinaia di sfortunati immigrati. Gente che sognava di affrancarsi da un destino infame: fuggendo da dittatori, guerre intestine, fratricide, faide, scorribande di banditi. Avessero saputo cosa avrebbe riservato loro il destino chissà se si sarebbero ugualmente imbarcati. Non avevano un nome, solo qualche tratto esteriore. Li hanno semplicemente numerati: senza documenti, ovviamente. Nazionalità ignota: pelle scura e basta. Sono saliti su un barcone fatiscente, si sono stretti, nella stiva o sotto al sole. Avevano fame, sete. Qualcuno – i più piccoli o i più stanchi – hanno cessato di vivere quando ancora il barcone, seppure ansimante, viaggiava sulle onde del Mediterraneo. Li hanno gettati in mare, senza alcun scrupolo, gli "scafisti della morte", pasto per i pesci. Gli altri sono annegati perché non sapevano nuotare: molti di loro neanche avevano mai visto il mare. Ignoravano come fosse fatto, i pericoli che custodiva. Abituati magari solo a qualche oasi del deserto africano. Hanno dato loro sepoltura in forma anonima: nessuno, transitando nei piccoli cimiteri di paese, potrà recitare una preghiera mettendoci un nome davanti. L'odissea dei profughi chissà quando finirà: pure qualche giorno fa le navi della Marina hanno soccorso (stavolta con successo) diversi barconi di immigrati. Un flusso senza fine, ingiusto. Rischiando di morire e di finire dentro una bara senza nome per tombe ignote. L'Italo-Americano www.italoamericano.com 3 In Italia 15 milioni di persone non hanno un conto corrente in banca Una buona parte degli italiani preferisce tenere i propri risparmi sotto il materasso, anziché depositarli in banca. Quasi 15 milioni di persone, infatti, non tengono i risparmi in un istituto di credito. In Europa, nessun altro Paese conta un numero così elevato. "Questo record europeo è riconducibile a ragioni storiche e culturali ancora molto diffuse in alcune aree e fasce sociali del nostro Paese. Non possiamo disconoscere – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre, associazione che raggruppa gli artigiani - che molte persone di una certa età e con un livello di scolarizzazione molto basso preferiscono ancora adesso tenere i soldi in casa, anziché affidarli ad una banca. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che moltissimi pensionati tengono i soldi nei libretti di risparmio postale o, come risulta da una recente indagine condotta dalla Commissione Europea, utilizzano in misura maggiore, rispetto ai cittadini di qualsiasi altro Paese dell'Ue, il conto corrente di un familiare. Nonostante ciò, il problema rimane: per molte fasce sociali l'eventuale introduzione dell'obbligo dei pagamenti solo con carte di credito, ad esempio, darebbe luogo a pro- Il 29% della popolazione ov er 15 non deposita i propri risparmi blemi non trascurabili". In fondo, con quasi 15 milioni di unbanked, introdurre l'obbligo della tracciabilità dei pagamenti potrebbe dar luogo a parecchi problemi. Inoltre, non dimentichiamo che l'approvazione di questa operazione rallenterebbe la velocità di circolazione della moneta, creando non pochi problemi di natura economica. Ritornando ai dati, l'elaborazione della Cgia è stata realizzata su una statistica della Commissione europea che monitora quanti cittadini europei con più di 15 anni di età non dispongono di un contro corrente bancario. In Italia sono senza un conto il 29% degli italiani over 15. Se- guono Paesi come la Romania, con poco più di 9.860.000 persone (55% del totale dei romeni over 15) e la Polonia, con poco meno di 9.700.000 cittadini (30% del totale della popolazione). Il divario con i competitor è abissale: in Francia e nel Regno Unito i cosiddetti "unbanked" sono in entrambi i casi poco più di un milione e mezzo (pari al 3% della popolazione con più di 15 anni). In Germania, invece, la soglia di coloro che non detengono un conto corrente si abbassa a poco più di un milione e quattrocentomila persone (pari al 2% del totale degli over 15 tedeschi). Ingorgo fiscale di fine anno: le imprese devono pagare 76 miliardi di tasse allo Stato In arrivo l'ingorgo fiscale di fine anno. Tra novembre e dicembre le imprese dovranno onorare ben 28 scadenze fiscali e contributive che costeranno almeno 76 miliardi di euro. Un esborso notevole se si considera che le imprese sono già sfiancate dalla crisi e sempre più a corto di liquidità. C'è il pericolo che molte piccole e micro imprese non riescano a superare questo vero e proprio stress test fiscale. L'imposta che richiederà lo "sforzo" finanziario più importante è l'Iva: le imprese dovranno versare all'Erario 26,5 miliar- di di euro. L'acconto Ires, vale a dire l'imposta sul reddito delle società di capitali, garantirà alle casse dello Stato 16,9 miliardi di euro, mentre il pagamento dell'acconto Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) porterà altri 11,6 miliardi di euro di gettito. Le altre scadenze che gli imprenditori dovranno onorare sono le ritenute Irpef dei lavoratori dipendenti del settore privato e quelle riferite ai lavoratori autonomi (pari a 12 miliardi di euro), gli acconti Irpef (4,8 miliardi) e il pagamento dell'Imu (4,4 miliardi). Calcolati anche gli effetti che queste scadenze avranno sulle micro imprese. La spesa, per una società con 12 addetti, supererà i 54.500 euro.