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L'Italo-Americano GIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2013 www.italoamericano.com 5 Da Reggio Calabria a Los Angeles: immigrazione tra sacrifici e nostalgia coronata da una felice integrazione GIusePPe TRAPANI La scelta di allontanarsi dalla propria città e dagli affetti, a volte non è dettata da uno stato di necessità economica o di tipo formativo. Nel panorama di coloro che sono andati via da Reggio Calabria rientra anche chi, come Alessandro Neto, 32 anni, ha deciso di provare nuove esperienze. "Per me non si è trattata di una vera e propria fuga, poiché, quando sono diventato maggiorenne ho avuto il desiderio di scoprire cosa ci fosse oltre l'uscio di casa. Dopo la laurea in Scienze Politiche con indirizzo politico-internazionale all'Università Cattolica di Milano ed il successivo stage a Bruxelles al Quartiere Generale della Nato, ho deciso di intraprendere, nel 2009, la carriera diplomatica, prestando servizio alla Farnesina all'Unità per i Balcani occidentali". Da luglio di quest'anno Alessandro Neto ricopre l'incarico di Primo segretario nell'ambasciata d'Italia a Belgrado e quello di Console in Serbia. "Le esperienze vissute negli ultimi quindici anni in giro per l'Europa mi hanno arricchito moltissimo, anche grazie al costante contatto con persone e abitudini diverse dalla nostra cultura. Oggi, l'idea di vivere all'estero è più che altro un'abitudine mentale, considerato che i nuovi mezzi di comunicazione hanno ridotto al minimo le distanze. Certo, nessuna tecnologia potrà mai sostituire il piacere di una passeggiata sul Lungomare gustandosi un bel gelato, o di un tramonto nell'incantevole cornice di Scilla. Reggio Calabria - continua Alessandro Neto in un'intervista alla Gazzetta del Sud - avrebbe così tanto da mostrare a tutto il mondo che è un grande dispiacere non poterla ancora vedere al centro dei grandi circuiti turistici mondiali. La spinta per un vero cambiamento in positivo della città, è tutta nella creatività, nella spregiudicatezza ed in una buona dose di ambizione dei giovani reggini. E nel mio piccolo, essere 'ambasciatore' di Reggio nel mondo, sarà sempre più appagante di qualunque altro incarico governativo". C'è chi ha scelto di rappresentare la propria terra all'estero e chi, invece, ha deciso di por-tare con sé una testimonianza delle proprie tradizioni. Angela De Lorenzo, sposatasi giovanissima e trasferitasi a Los Angeles per seguire il marito, ha fatto diversi sacrifici per ambientarsi, ma con ottimi risultati. "Non conoscevo la lingua e mi sentivo come un pesce fuor d'acqua in un mondo nuovo e diverso. Provavo molta nostalgia, mi mancavano i miei familiari, le amiche e la mia terra. Col tempo però, le cose sono cambiate. Professionalmente, ho ricevuto grandi soddisfazioni con l'insegnamento nelle scuole pubbliche". Oggi Angela, insieme ai figli, gestisce un ristorante in America mantenendo salde le tradizioni culinarie calabresi. "Affinché Reggio Calabria sia in grado di offrire opportunità ai giovani, è necessario che le imprese locali facciano qualcosa per loro. Le nuove generazioni sono il futuro del nostro Paese e sono convinta che l'Italia abbia le risorse per consentire tutto questo". Per il figlio maggiore, Joseph, il problema calabrese è di natura politica: "In Italia ho notato una carenza di organizzazione sul piano politico e questo è più evidente in Calabria che in altre parti del Paese. Purtroppo, esistono forti gruppi di interesse a livello locale che badano al proprio tornaconto, impedendo una sana crescita economica. È necessario che la politica cambi mentalità e vada incontro alle vere esigenze dei cittadini, migliorando la sanità, curando il decoro urbano, aiutando le imprese locali e dare opportunità ai laureati. Se gli italiani mettessero nella politica la stessa passione che dedicano da sempre all'arte, alla cucina e alla moda, le cose cambierebbero concretamente". A testimoniare il disagio vissuto dal mondo giovanile è Antonino Arcidiaco, 20 anni, studente di Ingegneria informatica al Politecnico di Milano. "Per quanto ami la mia città sapevo di doverla lasciare. Le opportunità Angela De Lorenzo, qui con il figlio Joseph, si è trasferita da Reggio Calabria a Los Angeles dove gestisce un ristorante e, soprattutto, la qualità della formazione universitaria che a-vrei ottenuto in Calabria, non sarebbero state sufficienti per competere nel mondo del lavoro. Milano è stata la scelta naturale, qui ho conosciuto il significato di meritocrazia. Mi sarebbe pia- ciuto poter avere tutto questo anche nella mia terra, ma, allo stato dei fatti, a Reggio Calabria c'è una mentalità chiusa, diffidente e non ricettiva nei confronti del progresso e dei benefici che esso genera. Le tradizioni - continua il gio- vanissimo Antonino Arcidiaco sono importanti ed è fondamentale preservarle, ma, se la classe dirigente non cambia atteggiamento, a comandare saranno sempre i più furbi, pronti a sfruttare la povera gente per i loro interessi". Italo-canadesi a confronto con il multiculturalismo e l'ecumenismo lungo la Highway to Heaven ANNA MARIA ZAMPIeRI PAN Un'autostrada per il paradiso? In direttissima per il cielo? Highway to Heaven è denominata la Number 5 Road di Richmond, una cittadina del Canada occidentale che sorge a metà strada tra il confine con gli Stati Uniti e la città di Vancouver. Sede tra l'altro dell'aeroporto internazionale e dell'antico villaggio di Steveston, con i suoi circa duecentomila abitanti, Richmond fa parte dell'area metropolitana della Greater Vancouver, costituita a sua volta da ben ventidue municipalità: in totale due milioni e mezzo di residenti, cresciuti dalle poche migliaia di un secolo e mezzo fa. Richmond è al quarto posto per numero di abitanti, dopo Vancouver (circa 600 mila), preceduta da Surrey (470 mila) e Burnaby (230 mila). Ma ciò che la rende particolare, e in parte spiega la presenza dell'autostrada per il cielo, è la composizione etnica della sua popolazione, per il 60% immigrata da paesi asiatici. Metà dei cittadini di Richmond si identifica come cino-canadese: siano essi discendenti dei pionieri arrivati oltre un secolo fa, che quanti lasciarono, nei primi anni Novanta, Hong Kong, Taiwan, e la Cina continentale. Numerosi sono anche gli indo-canadesi, così come i filippino-canadesi. È rilevante sapere che risale al 1800 la prima immigrazione giapponese, la cui antica storia è rintracciabile a Steveston, dove quella comunità fu devastata dopo l'attacco a Pearl Harbor del 1941, quando molti discendenti dei pionieri furono espropriati e trasferiti nei campi di internamento di British Columbia ed Alberta. Richmond, vasta isola sulla foce del fiume Fraser, da cui è abbracciata prima dell'incontro con le acque del Pacifico, è sede dei Il centro culturale indiano Gurdwara Nanak Niwas lungo la Highway to Heaven di Richmond due più importanti templi buddisti nordamericani: l'International Buddhist Temple e il Ling Yen Mountain Temple. Quest'ultimo, costruito qualche anno fa lungo la numero 5, la Highway to Heaven, conta 10 mila aderenti della Greater Vancouver ed è abitato da una dozzina di monaci buddisti. Accanto, confinanti l'uno con l'altro, ci sono templi regionali, chiese cristiane, moschee e varie scuole associate. Una decina di istituzioni che parlano di reciproca cooperazione, di colloquio e tolleranza. Anche questo è un volto del multiculturalismo canadese. E, perchè no, di una forma di ideale ecumenismo. A Richmond, tra la quarantina di chiese di varie denominazioni, ci sono sette chiese cattoliche, aperte anch'esse a quanti stanno camminando su questa terra avendo di mira l'infinità del cielo. Gli italiani? non è rilevante la loro presenza qui, anche se di recente nel modernissimo Aberdeen Centre di questa cittadina ha trovato ospitalità la bella manifestazione Ciao Italia, esposizione di costume, arte, design, turismo e moda. Fra tradizione e modernità, Italia e Cina si sono trovate ancora una volta a braccetto in terra canadese. Anche senza Marco Polo.