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L'Italo-Americano GIOVEDÌ 13 MARZO 2014 www.italoamericano.com 14 Gambettola, comune dell'Emilia-Romagna di 10.421 abitanti della provincia di Forlì-Cesena. Di Gambettola non si hanno grandi notizie; i primi scritti sono del 1200 e non ci sono grosse tracce degli uomini che abitarono in queste zone nel periodo antecedente. Inoltre non è perve- nuta nemmeno troppa "storia" dagli edifici, visto che gran parte dei palazzi antichi di Gambettola o del Bosco sono stati abbattuti dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale durante il passaggio della Linea Gotica (che in Romagna vide le battaglie più sanguinose e cruenti) o per far spazio a costruzioni moderne. Il 15 ottobre 1944 fu liberata dalle truppe alleate e negli anni a seguire conobbe un grosso impulso economico, che ha portato un forte aumento della popolazione residente e un notevole sviluppo dell'abitato. Tracce di insediamenti romani sono state ritrovate durante scavi post-bellici effettuati nelle zone limitrofe, ma, poiché il Rubicone dista solo pochi chilometri, non esistono tracce certe di insediamento nel territorio occupato dall'attuale comune. Qualche ipotesi inoltre afferma che l'attuale torrente che prende il nome di Rigoncello sia stato in passato il corso del fiume Rubicone. Si hanno notizie certe solo dal XIII secolo e fanno riferimento ad un Castrum Boschi. L'etimologia del nome deriva probabilmente dall'esten- dersi dell'ultima propaggine della Selva Litana, ovvero del "bosco sacro", che si estendeva dal fiume Po fino alla parte più meridionale, che doveva essere proprio questa zona di Romagna. Di Selva Litana si parla in Emilia tanto che se ne hanno notizie in zone della provincia di Reggio Emilia e questo avvalora l'ipotesi della presenza di un immenso bosco nella Pianura Padana che fu raso al suolo in parte per la costruzione della Via Emilia e in parte dalle profonde ed intense opere di bonifica che i Romani intrapresero. Per certo si sa che nel 1371 a Castrum Boschi v'erano 26 focolari (ovvero una popolazione di circa 130 unità) e che faceva parte del contado riminese. Labìco, comune laziale di 6.071 abitanti della provin- cia di Roma. Anche se la localizzazione di "Labicum" non è probabile, si ritiene che nel posto dove oggi sorge l'abitato fosse localizzata l'antica Bola, la città latina con- quistata successivamente dagli Equi e in lotta con Roma verso il V secolo a.C. Il comune si è chiamato Lugnano fino al 1872, anno in cui venne chiamato Labicano, nome mutato nel 1880 nell'attuale Labico. Il vecchio nome di Lugnano derivava da "Fundus Longianus", dal nome della famiglia dei "Longus" che vi possedeva delle pro- prietà terriere. La prima attestazione storica certa riguar- dante Labico risale all'VIII secolo proprio con la denomi- nazione di Fundum Longoienianum. Tale proprietà ap- partenne inizialmente alla Chiesa Romana e poi nei secoli ai Conti Tuscolani, ai Conti di Segni, agli Sforza San- tafiora, ai Barberini ed infine al Pamphili. Nel XVII seco- lo diede i natali a Francesco de Ficoroni, celebre per la "Cista Ficoronis" conservata nel museo di Villa Giulia in Roma. Nel 1880 il paese prese definitivamente il nome di Labico dalla Via Consolare Labicana di epoca Romana che lo attraversa. È stato un luogo molto ambito a livello strategico fin già dal periodo delle guerre dei Volsci con- tro Roma per la sua posizione sul quadrivio formato dal- l'unica via di transumanza che dai Monti Prenestini porta- va al mare, tramite il passaggio naturale che esiste tra i Monti Lepini ed i Colli Albani, e la Via Labicana, il cui percorso, seguendo il Savio, la Valle del Sacco, e succes- sivamente la Valle del Liri-Garigliano ricalca il tracciato preistorico e protostorico che dall'Etruria portava in Campania. A labico c'era, quasi sicuramente, l'antica "Statio ad Pictas", una delle antiche stazioni di posta lungo il tracciato della Via Labicana. Il piccolo paese è un centro d'importanza storica: oltre allo stanziamento delle popolazioni antiche (sono stati rinvenuti materiali che vanno dall'età del bronzo, fino al V-VI secolo d.C.), vi è stato quello dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, e nel dopo guerra, quello di alcuni americani rimasti in presidio per qualche tempo. Mammola, comune calabrese di 3.040 abitanti della provincia di Reggio Calabria. Posto sul versante ionico della Calabria, tra l'Aspromonte e le Serre calabresi, in passato era un paese di contadini, che allevavano bestia- me e producevano formaggio e ricotte, salame, frumento, olio, vino, ortaggi. A partire dagli anni dopo la Seconda Guerra Mondiale c'è stata una massiccia emigrazione, verso Canada, Stati Uniti, Argentina, Australia, Francia, Belgio, Lussemburgo, Genova, Torino e Milano e tanti altri paesi, esportando il culto di San Nicodemo in moltis- sime città estere e italiane. Le origini di Mammola risal- gono al IV–V sec. a.C.; l'insediamento sorse sulle rovine di Malea, colonia locrese ricordata da Tucidide. Ai piedi scorre il fiume Chiaro, affluente del rinomato Torbido. Nei pressi di quest'ultimo, un tempo detto Sagra, si sareb- be svolta nel VI secolo a.C. la cosiddetta battaglia del Sagra che vide i Crotoniati sconfitti dai Locresi alleati con i Reggini. Il nucleo di Mammola si sviluppò ulterior- mente alla fine del X secolo d.C. Tra il 950 e il 986 sorse un villaggio stabile, abitato dalle popolazioni che aveva- no abbandonato il litorale ionico per sfuggire alle incur- sioni saracene. Nel corso degli anni i Monasteri divenne- ro centro di elevazione spirituale e di cultura umanistica. I monaci si dedicavano alla miniatura, al mosaico, all'in- nografia, allo studio degli antichi testi e delle scienze. Nello scriptorium, luogo destinato alla copiatura a mano, venivano trascritti codici, testi e trattati. Grazie a quest'o- pera di divulgazione del sapere si diffusero tra il popolo conoscenza ed istruzione, migliorarono i sistemi di alle- vamento del bestiame e le tecniche di produzione in agri- coltura e il modo di vivere degli abitanti. Il paese conser- va l'impianto medievale contraddistinto da abitazioni rac- colte attorno a numerose piazzette. I palazzi edificati dal XV secolo in poi, riprendono lo stile architettonico che va dal classico al barocco. Un cenno a parte merita la Casa Tarantino risalente al XIV secolo, e le chiese, veri capolavori dell'arte architettonica e pittorica. Il centro abitato di Labico Il Municipio di Gambettola Scorcio panoramico del borgo di Mammola Palazzo Strozzi a Firenze cele- bra, con una grande mostra, i due massimi protagonisti della "ma- niera moderna" che hanno reso sfolgorante la prima metà del '500, con la mostra "Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della "maniera" Un evento irripetibile, unico, che vede riuniti per la prima vol- ta i capolavori dei due artisti, provenienti dall'Italia e dall'es- tero, molti dei quali restaurati per l'occasione. Fino al 20 luglio Palazzo Strozzi ospiterà un'esposizione dedicata all'opera di Pontormo e di Rosso Fiorentino, i pittori più anticonformisti e spregiudicati fra i protagonisti del nuovo mo- do di intendere l'arte in quella stagione del Cinquecento italiano che Giorgio Vasari chiama 'ma- niera moderna'. Una rassegna che rappresenta anche un viaggio attraverso le vite parallele di que- sti artisti "gemelli diversi" che alla fine del loro percorso arri- veranno a un riavvicinamento. Firenze è sicuramente un luogo privilegiato per una simile espo- sizione, dato che molte delle principali opere di pittura, che la critica novecentesca ha indicato come i capolavori del 'manieri- smo' sono conservate in città e in Toscana. Tuttavia, un percorso come quello proposto nella mostra di Palazzo Strozzi è stato reso possibile solo grazie alla collaborazione di importanti isti- tuzioni italiane come la Galleria Palatina, gli Uffizi e il Museo di Capodimonte, ma anche straniere come la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Louvre e il Kun- NIColETTA CuRRAdI A Firenze i maestri della 'maniera moderna' Pontormo e Rosso Fiorentino sthistorisches Museum di Vien- na, senza le quali sarebbe stato impossibile offrire un panorama così completo del lavoro dei due artisti. La rassegna, che comprende più di 80 opere, potrà offrire al visitatore la possibilità di ammi- rare circa 50 dipinti (tavole, tele ed affreschi staccati) dei due artisti, un insieme che rappresen- ta il 70% della loro produzione. Inoltre disegni, arazzi e incisioni, affiancati da tavole dei loro maestri: Andrea del Sarto e Fra' Bartolomeo. Curata da Antonio Natali, di- rettore della Galleria degli Uffizi e da Carlo Falciani, docente di storia dell'arte, la mostra è pro- mossa e organizzata da Fon- dazione Palazzo Strozzi, Mini- stero per i Beni e le Attività Cul- turali, Soprintendenza Psae e per il Polo Museale della città di Fi- renze, con Comune di Firenze, Provincia di Firenze, Camera di Commercio di Firenze, Asso- ciazione Partners Palazzo Strozzi e Regione Toscana. Con il con- tributo di Ente Cassa di Rispar- mio di Firenze. Pontormo, Doppio ritratto di amici, 1523-1524. Venezia, Fondazione Cini Rosso Fiorentino, Morte di Cleopatra (1525-27). Museum Braunschweig