L'Italo-Americano

italoamericano-digital-3-27-2014

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GIOVEDÌ 27 MARZO 2014 www.italoamericano.com 18 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Naturno, comune di 5.553 abitanti della provincia autonoma di Bolzano. A poca distanza dal confine con l'Austria e la Svizzera, situato a soli 13 km dalla città di cura di Merano, lungo l'antica strada romana chiamata Via Claudia Augusta, rappresenta uno dei paesi più gran- di della valle e della zona Merano e dintorni. Geografica- mente fa parte della Val Venosta, amministrativamente del Burgraviato. Gli abitanti (il 97% appartiene al gruppo linguistico tedesco, il 3% a quello italiano oltre a una pic- cola minoranza ladina) vivono oltre che nel paese, nelle sue tre frazioni di Cirlano, Tablà e Stava e tra le due pen- dici della valle delimitata dal Monte Sole e dal Monte Tramontana. L'odierno paese è sorto in un fondovalle caratterizzato da una zona paludosa che è stata bonificata solo nel XX secolo. La sua economia si base prevalente- mente su agricoltura e turismo. Il paesaggio è dominato dai tipici masi contadini che rappresentano l'immagine agricola e paesaggistica tipica dell'Alto Adige e della Val Venosta. I 315 giorni di sole all'anno ed il clima partico- larmente mite che raggiunge Naturno dalla conca di Merano, arricchiscono il paesaggio alpino di contrasti mediterranei. Qui crescono, ad esempio, palme e cipressi. Il paese sorge in una zona di insediamento che presenta tracce di antropizzazione sin dall'età del bronzo, come dimostrano i rinvenimenti in zona Schnalserhof. Esistono poi tracce di insiediamenti che risalgono al periodo dell'Impero romano, al tardo antico e al primo medioevo. Il toponimo è attestato come Nocturnis nel 1158, come Naturnes nel 1182 e come Naturns nel 1290 e probabil- mente è di origine preromana. Lo stemma del Comune mostra un triangolo d'oro su sfondo azzurro. È ripreso da quello della vecchia dinastia dei Signori di Nals che vis- sero nel villaggio fino al 1380. Luoghi di interesse sono la chiesa di San Procolo con i suoi affreschi del 720 - 770 d.C. ca., il museo di San Procolo e le "Wallburgen", resi- denze gentilizie sul Monte Sole oppure il Castel Juval. Olévano Romano, comune laziale di 6.914 abitanti della provincia di Roma. Dista circa 50 km dalla capitale e lo stemma del municipio, costituito da tre piccole colli- ne con una pianta d'ulivo su quella centrale, reca il segno di S.P.Q.R. (Senatus populusque romanus), accordato nei primi anni della dominazione romana. Il centro di Ole- vano Romano risale almeno all'epoca romana. Ne è testi- monianza un'archeologia monumentale di rilievo: i resti della cinta muraria in opera poligonale, realizzata in gros- si blocchi rozzamente squadrati in pietra locale, di epoca anteriore alla romanizzazione del territorio. Diviene "castrum" nel medioevo: compare con tale appellativo in un atto di vendita, stipulato nel 1232 fra Oddone Co- lonna, nuovo signore di Olevano, e Papa Gregorio IX (1227-1241). Risale a questo periodo la costruzione del Castello, edificato sull'alto sperone di roccia calcarea a difesa del borgo. Dopo i Colonna il feudo passò al Comune di Roma, che nel 1364 emanò gli Statuti della città, poi agli Orsini per concessione di Papa Bonifacio IX. L'ultimo signore di Olevano fu il principe Camillo Borghese (1775-1832), marito di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone. Olevano Romano ospitò nel sec. XIX importanti pittori tedeschi, danesi e francesi e di altri Paesi europei, pittori che lo hanno scelto come meta del loro "viaggio in Italia". Tale esperienza veniva allora considerata indispensabile per acquisire l'abilità nella riproduzione di paesaggi caratterizzati dalla luce, dal colore e da una natura ricca di rocce e querce. Tra i primi ad arrivare il pittore tirolese Joseph Anton Koch, Jean- Baptiste Camille Corot, che ha immortalato in splendide opere la campagna olevanese, di Friedrich von Olivier e di Franz Theobald Horny, morto giovanissimo, sepolto nella Chiesa di S. Rocco. Non lontano dal centro c'è il Museo-Centro Studi sulla pittura europea di paesaggio del Lazio, aperto sabato e domenica. Vi si trovano esposti disegni dell'800 e del '900, serigrafie, la donazione del- l'artista Heinz Hindorf e la collezione delle stampe delle Vedute Romane di Joseph Anton Koch. Pagliara, comune siciliano di 1.253 abitanti della pro- vincia di Messina. L'odierno centro abitato si estende a mezza collina, sui monti peloritani, dominato da U Pizzu Tunnu, un monte dalle caratteristiche morfologiche così aspre che ne rendono difficile la scalata, sulla sponda sinistra dell'omonimo torrente. Alcuni studiosi sostengo- no che nell'ampio letto del torrente nel periodo di fine estate del 36 a.C., trovò riparo l'esercito di Sesto Pompeo, che di lì a poco si sarebbe scontrato con Ottaviano, futuro primo imperatore romano. Pare inoltre che intorno all'an- no 1000 dei pastori provenienti dall'allora casale di Nisi (Fiumedinisi), alla ricerca di una zona dal clima più mite, si stabilirono nell'alveo dell'allora torrente Santa Caterina (oggi torrente Pagliara) dove costruirono delle case fatte di paglia e rami, le cosiddette "pagliare". Da qui inizial- mente la denominazione di "Casale Tuguriorum". La prima citazione risale tuttavia al 1134, quando Ruggero II d'Altavilla, assegnò questo villaggio all'abate basiliano Luca I, Archimandrita di Messina e Barone di Savoca. Nel 1700 Pagliara raggiunse la massima prosperità artisti- ca ed economica grazie alla coltivazione e lavorazione in vari mulini del baco da seta. Nel XX secolo, la crisi per- durò fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, seguito da un fecondo periodo (1921-1940) caratterizzato da un notevole incremento demografico e sviluppo edilizio. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la vallata del tor- rente Pagliara fu teatro di una cruenta battaglia tra le forze nazi-fasciste sconfitte e quelle anglo-americane. Qui fu fermata la ritirata tedesca e furono fatti prigionieri due loro battaglioni, grazie all'ostacolo naturale che le colline della zona presentano. A Pagliara si trova un pino maritti- mo alto 25 metri e con un imponente tronco della circon- ferenza di 4,70 metri ed un diametro dell'ombra proiettata di almeno 30 metri, per il quale è stato richiesto l'inseri- mento nel Guinness dei primati, Il pino si trova in mezzo ad una distesa di alberi d'ulivo di cui l'intera vallata è tanto ricca da essere stata ribattezzata "Valle degli ulivi". Il centro storico di Olevano Romano Chiesetta alpina a Naturno Abitazioni arroccate nel piccolo comune di Pagliara È aperta fino al 3 aprile, al Circolo degli artisti Casa di Dan- te, la mostra "Paola de Gregorio e Firenze. Le radici di una artista italiana. Sculture, disegni e altre parole", realizzata con il Patroci- nio del Comune di Firenze. La mostra comprende una ses- santina di opere tra sculture a tutto tondo, bassorilievi e disegni in diversi materiali ed è suddi- visa fra le sale dello spazio es- positivo secondo i settori che contraddistinguono il percorso e il lavoro dell'artista in questi ultimi anni: la ritrattistica, i temi sociali, il rinnovamento icono- grafico dell'arte sacra. Nata a Roma, Paola de Gre- gorio ha frequentato lo studio di Pericle Fazzini e, più tardi, l'Accademia di Belle Arti di Roma, nella sezione scultura, laureandosi poi anche in Biolo- gia. Fin da giovane ha realizzato sculture con varie tecniche, dal bassorilievo al tuttotondo, in le- gno, bronzo, cemento, terracotta, materiali riciclati. Lavora molto sulla ritrattistica e i temi sociali, su opere per l'architettura civile e soprattutto sul rinnovamento del- l'iconografia religiosa. È con- sulente artistico di gruppi di la- voro per la ristrutturazione delle chiese italiane. Ha esposto in numerose mostre personali, sia in Italia che all'estero, con il con- tributo del Ministero degli Esteri. Sue opere si trovano presso collezioni pubbliche e private (Museo Dantesco di Ravenna, Università Gregoriana di Roma, Castello de L'Aquila, Museo Gulbenkian di Lisbona). È una scultura tutta "al fem- minile", quella di Paola de Gre- NICOLETTA CURRAdI Parole e immagini nella scultura tutta al femminile di Paola De Gregorio a Firenze gorio. Non è un caso che l'inau- gurazione sia caduta nel giorno della festa della donna. L'artista crea forme concave anziché con- vesse, sia perché la concavità è caratteristica della psiche fem- minile, sia perché è espressione diretta della sua azione sulla ma- teria: il carving. Ci sono sculture a tutto tondo, disegni, ma soprattutto basso- rilievi: lo stiacciato di Donatello è il riferimento più immediato che si possa trovare. Il bassorilie- vo da Paola de Gregorio è privi- legiato perché unisce la scultura al disegno. Con la sua esperien- za, questa artista riesce a espri- mere la profondità e il volume di un corpo a grandezza naturale con un rilievo di pochi millime- tri. Altra particolarità di tutte le sue opere è la simbiosi stretta tra parole e immagini: resasi conto che la parola evoca l'immagine e l'immagine evoca la parola, la de Gregorio ha usato sempre queste due forme di linguaggio inseren- dole nella costruzione di un'ope- ra, suscitando così un maggiore coinvolgimento emotivo nell'os- servatore. Scultura e disegno unite in un bassorilievo di Paola De Gregorio La scultrice romana Paola de Gregorio davanti a una delle sue opere

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