L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-19-2014

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GIOVEDÌ 19 GIUGNO 2014 www.italoamericano.com 13 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Il 70° anniversario della Liberazione dell'Aquila tra Resistenza e l'effetto 'dopoguerra' del terremoto di cinque anni fa Questo 70° anniversario della Liberazione dell'Aquila cade in un momento particolare della nostra storia civile, con una città che dopo cinque anni è piena- mente impegnata nella propria ricostruzione. Una ricostruzione - mi si perdoni il paragone irrive- rente - che rappresenta il nostro dopoguerra, visto che per le no- stre generazioni il terremoto è stato la nostra guerra e la nostra Resistenza. In questo contesto di rinascita, la cultura e la Storia possono svolgere un ruolo fonda- mentale nella ricostruzione morale della città, della sua coe- sione sociale, dell'identità da tra- smettere ai nostri figli. Compito arduo, poiché nel dna dell'Aquilano (la cosiddetta Aquilanitas) vi sono molte doti positive (tenacia, fierezza, ironia, capacità di adattamento), ma anche un'innata tendenza al dileggio, alla rissosità interna e alla superficialità di giudizio. Sono questi nostri limiti, ad esempio, che per decenni hanno interpretato la vicenda dei Nove Martiri come "una ragazzata" o un'iniziativa goliardica finita in questo caso, è necessario rico- struire (sia pure per sommi capi) il contesto e restituire all'evento la sua giusta dimensione. È vero, L'Aquila non è stata liberata con una battaglia campa- le o con un lungo assedio (come Firenze o Bologna), ma la ritira- ta tedesca verso Nord non fu spontanea, ma dettata da ben pre- cise ragioni militari. Basti dire che il 6 giugno si era aperto un secondo fronte in Europa con lo sbarco in Nor- mandia e si preparava la battaglia finale per la difesa della Germania. Inoltre sullo scacchie- re italiano, a metà maggio, dopo quattro sanguinose battaglie era crollato il caposaldo di Cassino, si era aperta la strada verso Roma e i tedeschi presenti in Abruzzo rischiavano di essere accerchiati da una manovra di ricongiungimento con l'VIII Ar- mata inglese che risaliva sul ver- sante adriatico. Insomma, a metà '44 quello tedesco era già un esercito sconfitto che non aveva altre alternative alla ritirata. Ma un altro elemento consi- gliava ai tedeschi di affrettare il ripiegamento: la crescente insicu- rezza del retrofronte, reso più I soldati tedeschi si ritirarono da L'Aquila nella notte fra il 12 e il 13 giugno '44 Finalmente il 13 giugno L'A- quila si liberava da tutto questo: dalla guerra, dalla paura, dalla fame. E accoglieva i primi reparti del C.I.L., il Corpo Italiano di Liberazione, e le maggiori bande partigiane che dagli inizi di giu- gno si erano portate sulle alture a ridosso della città: la "Di Vin- cenzo", la "Duchessa", la banda di D'Ascenzo (Arischia). Iniziava così, pur nell'ambito di una seconda occupazione, il lento apprendistato democratico, animato da uomini come Pietro Ventura, Emidio Lopardi, Carlo Chiarizia, Stanislao Pietrostefa- ni. Tuttavia non mancheranno patrioti aquilani che sceglieranno volontariamente di continuare la guerra coi reparti del C.I.L. o con la brigata Maiella, pagando spes- so con la vita questo slancio patriottico (Mario Tradardi, Giorgio Agnetti, Tonino Rauco). Uomini che si ricollegavano idealmente al sacrificio prematu- ro dei Nove Martiri, i cui resti saranno rinvenuti il 14 giugno. Credo che questa commemo- razione sia una occasione per capire e per compiere un atto di giustizia verso tutte quelle donne e quegli uomini che per nove mesi hanno retto il peso dell'oc- cupazione e ne hanno affrettato la conclusione. In questo senso, gli storici hanno fatto la loro parte: la mia esortazione è che facciano la loro parte anche la scuola, il mondo della cultura e dell'informazione, e la politica. Perché la conoscenza e il ricordo del passato sono elementi essen- ziali per plasmare quel che tutti dovrebbero desiderare: una società attenta e consapevole. Partiti i tedeschi, la città accolse il Corpo Italiano di Liberazione wAlteR CAVAlIeRI male. C'è voluto molto tempo e, vi assicuro, molto studio per ripri- stinare la verità. Anche se di "verità storica" non si dovrebbe mai parlare, è tuttavia sempre preferibile un'interpretazione plausibile e documentata piutto- sto che una realtà storica roman- zata e fantasiosa. Oggi abbiamo finalmente capito che la sparato- ria che avvenne il 23 settembre '43 su Monte Castellano è stato uno dei primissimi scontri armati fra civili italiani e militari te- deschi: praticamente l'inizio del- la Resistenza italiana! Ed è grazie a questo lavoro che oggi tutti gli Aquilani si accostano con deferenza e con riconoscenza al cippo posto il 25 aprile all'inizio del sentiero che porta a Madonna Fore e a Collebrincioni. Qualcosa di simi- le vale per la liberazione dell'Aquila, della quale ci si limi- ta spesso a dire che "la città non fu liberata da nessuno", che fu abbandonata spontaneamente dai tedeschi, come se nessuno li abbia spinti ad andare via. Anche infido dalle attività partigiane. È naturale che uno sforzo prolunga- to sulla Linea Gustav poteva essere assicurato solo da una sal- da retrovia capace di ospitare in piena sicurezza la logistica tede- sca: officine, macellerie, panette- rie, magazzini, ospedali militari, 50 depositi come il famoso "Munitionlager Manfred" di Lu- coli. Non è un caso che nei nove mesi di occupazione i tedeschi si preoccuparono principalmente di "tenere calma la piazza", a co- minciare dall'impiego di truppe austriache (quindi di religione cattolica) e di soldati anziani o mandati in licenza. Per gli stessi motivi i comandi tedeschi prov- videro a punire gli abusi com- messi dalla soldataglia, tennero segreta l'avvenuta fucilazione dei Nove Martiri, provvidero alla fucilazione del milite fascista Tonino Ciroli, colpevole dell'o- micidio dei coniugi Berardoni in via San Martino. Nonostante questi accorgi- menti, fin dall'inizio incombeva nelle retrovie la minaccia di migliaia di ex-Pow anglo-ameri- cani che, con grandissimo rischio personale, contadini, cittadini e religiosi nascosero, nutrirono e aiutarono a passare le linee. E poi la minaccia dell'attività partigia- na, sempre sottovalutata: un'atti- vità nata spontaneamente (so- prattutto per spirito di autodifesa, come nel caso dei Nove Martiri o dei primi gappisti di città), ma che dal febbraio '44, con l'arrivo di Giovanni Ricottilli, di Luigi Marrone e altri militari, diventò organizzata e particolarmente aggressiva. Non per niente i tedeschi alle- stirono nel complesso di Colle- maggio il terribile centro di de- tenzione e tortura noto come "la via Tasso aquilana", e impiegaro- no sul nostro territorio reparti dedicati alla lotta antiguerriglia (come il battaglione "Branden- burg"). Faccio notare che a que- sto apparato repressivo mancò anche all'Aquila il sufficiente sostegno neofascista, grazie al rifiuto di riarruolarsi della stra- grande maggioranza dei 600.000 soldati internati in Germania, che costituisce un tassello fondamen- tale della Resistenza, assieme a quello della lotta armata e della diffusa resistenza disarmata. Dunque, pressata dagli eserciti alleati e minacciata alle spalle dagli uomini della Resistenza, la X Armata tedesca di Kesselring non aveva altra possibilità che il ripiegamento. Altro che "miraco- lo di Sant'Antonio"! La liberazio- ne dell'Aquila va intesa unica- mente come il frutto di una lotta senza quartiere al nazifa-scismo. Con la liberazione finivano nove lunghi mesi di occupazione che qui è impossibile rievocare anali- ticamente. Voglio solo evocare dei flash: i passi delle ronde tedesche coi loro scarponi chiodati; il collare metallico della FeldGendarme- rie, il comando della Silvestrel- la, l'obbligo dell'oscuramento, l'a- scolto clandestino di radio Londra, il suono lacerante delle sirene dell'allarme aereo e l'incu- bo degli attacchi aerei alleati (culminati nel bombardamento dell'8 dicembre), i rastrellamenti alla ricerca di Pow, ebrei, parti- giani e renitenti, i civili investiti dai camion tedeschi lungo le stra- de, il mercato nero. Basterebbe leggere i tanti me- moriali di chi ha vissuto quei tempi, come i recenti ricordi per- sonali resi pubblici da Emanuela Medoro (collaboratrice de L'Italo-Americano, ndr). Su tutto dominavano il diffuso senso di paura mascherato sotto una parvenza di normalità, e la percezione dell'incertezza (si sa sempre, come e quando una guer- ra inizia, mai quando e come finisce…). Col forzoso ripiega- mento tedesco, gli Aquilani vedevano dunque partire le pru- denti truppe stanziali di occupa- zione e vedevano transitare re- parti incattiviti dalla sconfitta e nugoli di pericolosissimi guasta- tori. In questo scenario maturaro- no i sanguinosi colpi di coda di Onna e di Filetto, ma anche Capistrello. bile che fin troppo spesso si debbano accettare regole e situazioni disposte da altri. Sicuramente, però, quella Storia, dal momento che l'abbiamo vissuta più o meno consenzienti, la possiamo rac- contare. Sarà la nostra versione dei fatti ma non per questo sarà meno attendibile di altre. La nostra prospettiva avrà comun- que un valore storico e storio- grafico, sarà un dettaglio non meno importante di accadimen- ti più grandi di noi che ci hanno attraversati nei ricordi, nelle sensazioni, nelle emozioni con cui li abbiamo visti e vissuti. Fondamentalmente siamo tutti chiamati ad essere testimo- ni di eventi che poco alla volta si trasformano nel passato, più o meno lontano nel tempo, di cui tutti siamo portatori sani alle generazioni che vengono dopo di noi. La Storia non è solo un suc- cedersi di situazioni, non è fatta solo di date, di cause-effetti. È quella che ci attraversa la strada della quotidianeità e di cui tratteniamo, spesso anche inconsapevolmente, un muc- chio di informazioni, che poi sostanziano le cronologie e le ricostruzioni affidate agli stori- ci. Posto che essendo talmente soggettiva e multiprospettica la storia difficilmente ha una verità attendibile al cento per cento, tanto vale prendere per buoni i nostri ricordi e affidarli alla memoria. Avranno sempre un frammento di attendibilità e soprattutto non disperderanno una parte della Storia. Se disperdiamo questi pezzi, in realtà avremo cancellato una parte di noi stessi e con l'iden- tità, avremo perso un po' di Storia. Ecco perchè la memoria è tanto importante. Nel nostro Focus potrete trovare un esempio di questa Storia al contempo personale e collettiva. Una parte della Storia siamo noi: meglio ricordarci di ricordare Continua da pagina 1

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