L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-19-2014

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GIOVEDÌ 19 GIUGNO 2014 www.italoamericano.com 20 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | FRANCesCo BuCCARo "Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non mi ha mai parlato della pizza, e non mi ha mai suonato il mandolino. O Massimino, io ti tengo in serbo fra ciò che il mondo dona di più caro, ha fatto più miracoli il tuo verbo di quello dell'amato San Gennaro". Sono i versi della struggente poesia scritta dal premio Oscar, come miglior attore protagonista (1999), Roberto Benigni al suo amico e collega Massimo Troisi, uno degli attori più celebri del teatro e del cinema napoletano, scomparso il 4 giugno del 1994 a causa di un improvviso attacco cardiaco. A Troisi forse non sarebbe piaciuto tutto questo parlar di lui, perché era una persona umile, semplice e schietta. Il segreto del suo successo è stato quello di saper trasportare tutta la sua semplicità sul set cinematografico. Lui, nato a San Giorgio a Cre-mano e cresciuto tra Napoli e provincia, trascorre la sua infanzia in una famiglia di 17 persone dalla quale prenderà molti spunti per i suoi sketch insieme ai problemi legati a Napoli, alla sua timidezza, alla religione e alla passione sportiva per il calcio. Massimo Troisi veniva dal po-polo e capiva bene le sue esi- genze, il suo bisogno di ridere anche in presenza delle ingiusti- zie e delle difficoltà della vita. È difficile raccontare chi era. Per comprenderlo bene a fondo bisognerebbe vedere i suoi film: allegri, spensierati, diretti, ma al contempo pieni di significato. Inizia la sua carriera nel tea- tro con il trio "La smorfia" e diventa presto attore e regista in numerosi film con personaggi di caratura internazionale come Roberto Benigni, Marcello Mastroianni, Ornella Muti, Francesca Neri, Ciccio Ingrassia, Philippe Noi-ret, ecc. Rappresenta una comicità na- poletana travolgente e controcor- rente dettata da una parlata di- vertente, a tratti singhiozzante, rigorosamente napoletana. È stato un attore spontaneo capace di infrangere tutti i classici ste- reotipi su Napoli ed i napoletani, risaltando la cultura e la verità della sua terra. Il suo genio era sconfinato ed era tale da impri- mere originalità e improvvisa- zione alle sue performance, ren- dendole uniche. A tal riguardo, l'allora assi- stente alla regia Marina Spada, oggi regista, lo ricorda così: "Nel film "Non ci resta che pian- gere", non esisteva sceneggiatu- ra, Troisi e Benigni si inventava- no i dialoghi all'improvviso e bisognava riscriverli di sana pianta". Poi arriva "Il postino", la pel- licola diretta dall'inglese Michael Radford, dietro suggeri- mento dell'attore napoletano. Fu così che Troisi e Radford si incontrarono a Los Angeles dove scrissero il testo del film in sole tre settimane per poi iniziare subito dopo le riprese in Italia. Dati i problemi cardiaci di Troisi, l'attore napoletano non poteva recitare più di un'ora al giorno. A testimonianza di tali difficoltà, Renato Scarpa com- mentò: "È stata un'esperienza umana grandissima, perché lui stava male e ha voluto fare que- sto film a tutti i costi: tutti gli dicevano "ma dai, fai il trapianto e poi lo farai", e lui diceva "No, questo film lo voglio fare con il mio cuore". [...] E poi questo film è il suo testamento morale". Qualche ora dopo il termine delle riprese, morì. Il successo del film fu tale che l'umile postino di Neruda conquistò quattro nomination all'Oscar ed una statuetta per l'indimenticabile colonna sono- ra di Luis Bacalov. Negli Stati Uniti colpì molto la storia di quest'uomo e del suo sacrificio per il cinema e per il personaggio che stava interpre- tando; la passione dell'attore fu tale da fargli dimenticare i suoi problemi fisici dandogli la forza per completare il suo capolavo- ro. Oggi, Massimo Troisi ci la- scia un'eredità preziosissima, un mondo di comicità in un contor- no di mille significati. Nono- stante la sua malattia e le diffi- coltà, riusciva a sdrammatizza- re, a sorridere e lavorare con in- finita passione e dedizione. "Non ci resta che ridere", rivedendo una delle sue meravi- gliose pellicole, e ricordarlo con un sorriso. Massimo Troisi: comicità trav olgente e rigorosamente napoletana Massimo Troisi ne Il Postino. Il suo ultimo film si rivelò un testamento umano, morale e non solo cinematografico Il modello di anfiteatro su cui fu costruito il Colosseo è a Santa Maria Capua Vetere: capolavoro dell'antichità da scoprire L'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere è il secondo in ordine di grandezza dopo il Colosseo. Meravigliosa eredità dell'Italia antica è un monumen- to poco conosciuto che raramen- te entra negli itinerari turistici, anche nazionali. Eppure meriterebbe, con la sua magnifica area archeologica, di essere scoperto e ammirato. Un passo in avanti verso la fruizione lo ha finalmente fatto la Soprintendenza per i Beni Ar- cheologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta dotandolo di un'area attrezzata per i visita- tori. Fu innalzato tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. per sostituire una precedente arena Dall'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere il gladiatore Spar- taco guidò nel 73 a.C. la rivolta che per due anni tenne sotto scacco Roma Tutta la bellezza di Napoli si capisce con Massimo Troisi meno capiente. L'edificio adi- bito agli spettacoli gladiatori, presentava in origine quattro or- dini di spalti, accessibili attra- verso scale interne ed esterne, impostati su altrettanti livelli di gallerie e si apriva sulla facciata con ottanta arcate realizzate in blocchi di calcare di uguale am- piezza ad eccezione di quelle poste in corrispondenza dei quat- tro punti cardinali, coincidenti con gli ingressi principali. I pri- mi due ordini di archi della fac- ciata erano arricchiti da 240 bu- sti a rilievo di divinità: se ne conservano solo 20 in loco, po- chi altri al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed al Museo Provinciale Campano, mentre la gran parte, come altre parti orna- Vista dall'alto dell'anfiteatro mentali, furono riutilizzate come materiali di spoglio. Parzialmente scavato tra il 1811 ed il 1860, fu liberato dagli enormi ammassi di terra tra il 1920 ed il 1930, con numerosi successivi interventi di restauro conservativo nel tempo.

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