L'Italo-Americano

italoamericano-digital-7-3-2014

Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel

Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/340535

Contents of this Issue

Navigation

Page 12 of 27

GIOVEDÌ 3 LUGLIO 2014 www.italoamericano.com 13 La diaspora dei 250.000 italiani di Fiume, Pola e Zara che persero casa e radici per diventare profughi anche in patria L'esodo istriano, conosciuto anche come esodo giuliano-dal- mata, è un evento storico consi- stito nella diaspora forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana, che si verificò a partire dalla Seconda Guerra Mondiale e negli anni successivi dai territori occupati dall'Armata Popolare del mare- sciallo Josip Broz Tito e in seguito annessi dalla Jugoslavia. Il fenomeno, susseguente agli eccidi noti come massacri delle foibe, fu particolarmente rile- vante in Istria, dove si svuotaro- no intere città, ma coinvolse anche i territori ceduti dall'Italia con il trattato di Parigi e, in misura minore, alcune aree lito- ranee della Dalmazia occupate dall'Italia nel corso della guerra. L'Istria era divenuta parte del Regno d'Italia a seguito della vittoria nella Prima Guerra Mondiale, con il trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) e il trattato di Rapallo (1920). nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica". Per dovere di informazione segnaliamo che alcuni storici negano che l'esodo e le persecu- zioni siano state la conseguenza di una sistematica pulizia etnica attuata dagli jugoslavi ai danni della comunità italiana, ma, l'intento era quello di catturare, perseguire e punire i responsabi- li e i complici dei crimini di guerra. Nel giugno 1945 Gorizia, Trieste e Pola furono tolte dal controllo delle forze di Tito e poste sotto il controllo delle truppe anglo-americane che ave- vano varcato l'Isonzo il 3 mag- gio. Si concluse così la cosiddet- ta crisi di Trieste; Fiume, inve- ce, restò definitivamente sotto il controllo jugoslavo. Tali azioni spinsero gran parte della popolazione di lingua ita- liana a lasciare la regione nel- l'immediato dopoguerra. In que- sto contesto si inserisce la strage della spiaggia di Vergarolla (18 L'esodo di massa si verificò quando fu chiaro che i territori istriani non sarebbero più tornati in possesso dell'Italia rimpianto il cantautore istriano parla dell'esodo da Pola, com- piuto insieme alla sua famiglia: "Da quella volta non l'ho rivista più, cosa sarà della mia città, ho visto il mondo e mi domando se, sarei lo stesso se fossi ancora là... come vorrei essere un albe- ro che sa, dove nasce e dove morirà". Citiamo, inoltre, quanto dichiarato dal regista istriano Luka Krizanac, durante una recente intervista: "Per quanto riguarda le ragioni storiche dell'Istria cito una cosa che mi diceva mia nonna - sono nata austriaca, mi sono sposata italia- na, sono andata in pensione come jugoslava, e morirò croa- ta...". E stiamo parlando soltanto del ventesimo secolo. Molti profughi istriani optarono per Usa e Canada wIllIAM MolduCCI In totale, dopo la firma del trattato di Parigi del 1947 e del memorandum di Londra del 1954, furono circa 250.000 le persone che abbandonarono tutti i loro beni e preferirono andare in Italia. Il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, in occasione della Giornata del Ricordo del 10 febbraio 2007 - citando autorevoli storici - ha così descritto le caratteristiche dell'esodo: "Nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quel- le terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono giustizialismo sommario e tumultuoso, parossi- smo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguina- ria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto agosto 1946), di cui ancora, a distanza di tanti anni, non si conoscono mandanti e responsa- bili. L'esodo di massa iniziò quando apparve chiaro che le speranze del ritorno di queste città all'Italia erano nulle: in questa occasione l'abbandono si svolse in modo ordinato, sotto gli occhi delle autorità anglo- americane e di alcuni rappresen- tanti del governo italiano. L'esodo era stato organizzato già prima della strage di Vergarolla (detta anche Vergarola), subito dopo che, nel maggio del 1946, trapelarono notizie in merito all'orientamen- to delle grandi potenze riunite a Parigi a favore della cosiddetta "linea francese", che prevedeva l'assegnazione di Pola alla Jugoslavia. Il 3 luglio 1946 si costituì il "Comitato Esodo di Pola", punto di riferimento per gli esuli, che rappresentavano tutte le classi sociali, dai profes- sionisti agli impiegati pubblici ai molti artigiani e operai dell'indu- stria. Il 10 febbraio 1947 il trattato di Parigi assegnò l'Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia quindi s'intensificò, coinvolgendo anche le zone precedentemente salvaguardate dalla linea Morgan, l'esodo di massa già iniziato. Quello stesso giorno, per pro- testa, Maria Pasquinelli uccise R. W. de Winton, il comandante della guarnigione britannica di Pola. Numerosi profughi si stabiliro- no oltre il nuovo confine, nel territorio rimasto italiano, soprattutto a Trieste e nel nord- est. Altri decisero di seguire le tradizionali rotte dell'emigrazio- ne transoceanica, scegliendo come meta finale il Canada (Vancouver) e gli Stati Uniti d'America, che, con l'emenda- mento al Displaced Persons Act del 1948 riaprirono, a partire dal 1950, le porte all'emigrazione riservando 2.000 posti ai cittadi- ni del Venezia-Giulia. La maggior parte delle persone che se ne andarono, dopo aver stazionato per tempi più o meno lunghi in uno dei 109 campi pro- fughi allestiti dal governo italia- no, si sistemò nelle varie parti d'Italia, mentre circa 80.000 emigrarono in altre nazioni. Come sempre avviene in queste situazioni, l'economia dell'Istria e degli altri territori coinvolti risentì per numerosi anni del contraccolpo causato dall'esodo. Il trattato di Osimo, firmato il 10 novembre 1975, sancì lo stato di fatto di separazione territoria- le venutosi a creare nel Territorio Libero di Trieste a seguito del Memorandum di Londra, rendendo definitive le frontiere fra l'Italia e la Jugoslavia. "1947" è il brano che Sergio Endrigo ha dedicato a Pola, sua città natale. Si tratta di un brano struggente, dove tra nostalgia e negli errori? In realtà, un po' come per tutte le cose, se si conoscono ci tornano in qualche modo utili. In caso contrario, sottolineano solo la nostra igno- ranza. Cicerone, il grande orato- re romano sinonimo della mas- sima espressione della cultura latina, lo diceva così: "I popoli che si disinteressano della loro storia si condannano a essere sempre fanciulli". Come dire a restar piccoli, a non ambire a crescere e raggiungere la matu- rità. Un discorso valido sia per le persone sia per i popoli. Fare un viaggio nel passato toccando, come turisti all'indie- tro, tappe che hanno segnato la nostra eredità culturale serve a capire chi siamo oggi. Cioè a scegliere con cognizione di causa il nostro essere italiani, soprattutto se vogliamo esserlo a migliaia di chilometri di distanza. Non è un cognome o una discendenza che ci rende automaticamente appartenenti al Belpaese. Che sia importante conosce- re il passato lo dimostrano colo- ro che dalla loro storia sono stati strappati via, chi cioè ha subito una frattura "fisica", che porta ancora i segni di un taglio netto la cui cicatrice non si è ancora rimarginata. Per costoro la storia è la loro stessa identità. Come la scorsa settimana ci eravamo occupati dei "supersti- ti" italiani in Crimea, così in questa edizione dedichiamo il nostro Focus agli esuli istriani e dalmati. Molti di loro scelsero le Americhe per rifarsi una vita. Chi è stato costretto a lascia- re per cause di forza maggiore la propria terra e a cambiare lo spazio vitale, la "sua" storia non se, la dimentica, la porta dentro sè ovunque vada. Cosa significa questo? Che sebbene non sembri toccarci, segnarci, interessarci, tutti noi siamo parte integrante di quella Storia che spesso dimentichia- mo o non conosciamo, ma che tuttavia ci ha definiti. Essere italiani è anche una scelta di consapevolezza storica Continua da pagina 1 Molti profughi scelsero Trieste e il Nordest per vivere da italiani L'Italo-Americano ITALIAN SECTION |

Articles in this issue

Links on this page

Archives of this issue

view archives of L'Italo-Americano - italoamericano-digital-7-3-2014