L'Italo-Americano

italoamericano-digital-10-09-2014

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da individui colpiti dalla malattia ma sopravvissuti. Sono alla stu- dio metodi estremamente avanza- ti, come la cosiddetta tecnologia antisenso o il farmaco sperimen- tale Zmapp, ma non si hanno ancora risultati confortanti. Attualmente, quando le vitti- me vengono immediatamente idratate, nutrite e curate con far- maci antipiretici, c'è una maggio- re probabilità di sopravvivenza, come è successo a due sanitari a cui è stato somministrato in via eccezionale il farmaco Zmapp, che però sono anche stati curati ad alto livello negli Stati Uniti, all'Emory University Hospital di Atlanta, Georgia, mitigando la sintomatologia della febbre emor- ragica scoperta nel 1976 in Congo e Sud Sudan. Lo Zmapp, sviluppato da una società di San Diego, la Mapp Biopharmaceutical, era stato testato fino ad allora solo sulle scimmie, ma le condizioni dispe- rate del medico missionario ame- ricano, poi ricoverato ad Atlanta, indussero ad accettare il tratta- mento sperimentale. Il siero però, non ha salvato un altro missiona- rio spagnolo. Il medico e l'infermiera ame- ricana invece, sono ora conside- rati immuni dal ceppo Zaire del virus Ebola, quello responsabile di questa epidemia, che ha una mortalità che può arrivare fino al 90%, ovvero uccidere nove pazienti su 10. Il rischio che un malato di Ebola raggiunga l'Italia è attual- mente stimato nel 5-10% dei casi. L'Italia non è ai primi posti, ma è nella lista dei primi 20 Paesi a rischio. Francia, Inghilterra, Belgio, che hanno collegamenti aerei diretti con i Paesi africani dove è in corso l'epidemia, stima- no un rischio più alto, ma nell'ordine del 20%. GIOVEDÌ 16 OTTOBRE 2014 www.italoamericano.com 13 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | LA SCELTA DI ChIARA Chiara, la bella fornarina tra i buddha della Cambogia La Vignetta della Settimana di Renzo Badolisani Chiamatela "la conquistatrice della Cambogia". O, più propria- mente, di Phonm Penh, la capitale, che non è come la City di Londra e non assomiglia agli scorci di Manhattan. È dall'altro capo del mondo, tanto per cominciare, in uno spicchio d'Asia povero, ma orgoglioso. Lo sapete, la tendenza, ormai, è nota: i trentenni italiani, quelli che si laureano, compilano curricula, bussando invano alle porte di aziende o fabbriche, cominciano sempre più ad aprire l'atlan- te, cercando un posto, lontano dal Paese, dove paracadutare sogni e speranze. Da noi – in questi anni infami, dove tenere un lavoro one- sto è impresa sempre più complicata, per via di una crisi economica ben più dura di quella del '29 – il fenomeno sta aumentando: come dargli torto, d'altronde? Chi può emigra. Certo, fino ad oggi, provare a sfondare in Cambogia era aspettati- va di pochi. Chiara De Lucia, invece, non solo è sbarcata a Phonm Penh ma lì sta pure riscuotendo un successo insperato. Come? Caricandosi sulle spalle i gusti della formidabile tradizione culinaria italiana. Facile aprire un ristorante a Beverly Hills, provare a farsi un nome. Oppure una pizzeria, a base di mozzarella e pomodori rigoro- samente italiana, nella baia di San Diego o in quella di San Francisco. Più complicato investire e sperare di sfondare in Cambogia, dove il costo della vita è basso, al pari dell'enorme numero di poveri e dise- redati. Ha scelto uno dei quartieri più in della capitale asiatica, Chiara. Affitta per cinquecento dollari un locale di meno di cento metri qua- dri. Lo ristruttura, scegliendo un design di stampo moderno ed euro- peo. Ingaggia un fornaio francese al quale affida giornalmente di pre- parare pane fragrante. Fa arrivare dall'Italia prodotti tipici delle nostre tavole: mozzarella, salsa di peperoni, funghi, olive, prosciutto, grana. Il resto (soprattutto a livello di verdure) lo acquista nei mercati della capitale, quelli zeppi di colori ed odori, in cui confluiscono cen- tinaia di cambogiani che partono all'alba dalle campagna, con le auto sgangherate piene di sacchi contenenti prodotti della terra, sperando di tornare la sera a casa con qualche soldo in tasca. L'inaugurazione, la speranza di farcela che, giornalmente, cresce. Chi lavora con Chiara nel ristorante, rilevato da una famiglia india- na? Padre, madre e figli di una famiglia della capitale. Pieno a pran- zo, per il lunch, e a cena: sono sempre più i cambogiani che, almeno una volta a settimana, rifuggono il riso e le pietanze ad esso abbinate per farsi conquistare dalle pietanze italiane. L'ultima idea di Chiara? Preparare gli impasti per tranci di pizza: in altre parti del mondo mai hanno tradito, d'altronde. E così la vita di questa trentenne milanese è cambiata: addio alla casetta adiacente una strada polverosa della capitale. L'attività comincia a dare i suoi frutti, pur in un Paese molto povero. Ha vinto la sua inventiva, la sua voglia di affrancarsi da un destino che pareva avverso: studi completati all'Istituto per il design, ottima professionista, ma nessuna offerta. Alla depressione per il lavoro che non arrivava ha prevalso il senso della sfida. Anche a Phnom Penh, lontana migliaia di chilome- tri dall'Italia. Senza alcun timore. Dall'Italia 10,000 dosi da sperimentare in Usa per fermare Ebola È una corsa contro il tempo e le falle dei cordoni sanitari, delle imprudenze e delle superstizioni di Paesi che non sono abituati a profilassi di prevenzione, al rischio altissimo e facilissimo del contagio. Il virus Ebola sta prefigurando scenari apocalittici e i laboratori di tutto il mondo stanno cercando vaccini e cure sperimentali per contenere l'epidemia che dall'Africa sta entrando in Occidente. In prima fila ci sono anche scienziati italiani. L'Istituto di ricerca biologica molecolare Science Park di Pomezia, dove ha sede la Okairos, startup italiana che dopo aver messo a punto un vaccino genetico contro il virus dell'epa- tite C, ha costruito una potenziale arma di difesa contro la febbre emorragica, ha prodotto le prime 10 mila dosi di un possibile vac- cino. Sono tutte destinate alla sperimentazione clinica su pazienti volontari in Usa, Regno Unito e Gambia, dopo i test sugli animali. Realizzato con tecnologia "ibrida" in grado di unire immu- noterapia e terapia genica, il pos- sibile vaccino è stato prodotto dal team di ricerca del professor Riccardo Cortese utilizzando come vettore un adenovirus modificato di scimpanzè: cioè, il virus di un raffreddore modifica- to. Agirebbe provocando la rea- zione del sistema immunitario che di conseguenza non consenti- rebbe all'infezione di diffondersi nel corpo. Dopo 7 anni di ricerche, la sperimentazione sull'uomo è stata accelerata al massimo sotto il controllo dell'Oms, per far fronte all'esplodere dell'emer- genza nella speranza che possa essere l'arma per sconfiggere la devastante epidemia di Ebola. Tra fine dicembre-gennaio si potrà passare dalla prima alla seconda fase di sperimentazione. La fase 2, se tutto andrà per il meglio, potrà essere sperimentata direttamente nelle zone infettate sia per fornire una maggiore pro- tezione al personale sanitario che opera nei focolai di Ebola sia per contrastare il diffondersi di una malattia che ha una trasmissione molto rapida e una percentuale di fatalità del 68% tra le persone colpite. Dopo sintomi come febbre, forte mal di testa, dolore musco- lare, diarrea, vomito, dolori addominali ed emorragie, la morte può essere fulminante e sopraggiunge nello stesso perio- do dell'incubazione (2-21 gior- ni), ovvero dal momento del con- tagio all'insorgenza dei primi sin- tomi. Sono stati isolati finora cinque ceppi diversi del virus, di cui quattro sono letali per l'uomo. Non esistono cure o vaccini, anche se ci sono tentativi in corso, realizzati in particolare iniettando gli anticorpi prodotti BARBARA MINAFRA

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