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GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE 2014 www.italoamericano.com 20 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | ELISABETTA MANCINELLI Gli abruzzesi, per secoli, per curarsi hanno fatto ricorso alla cosiddetta "farmacia del buon Dio" cioè alle erbe e ad altri prodotti naturali. Si trattava di ricette molto diffuse tra il popolo e alla portata di tutti a base di sambuco, rosmarino, sal- via, menta, camomilla, vino, pro- dotti naturali che venivano usati come veri e propri medicamen- ti. Per ogni malattia c'erano almeno cinque erbe a curarla. L'acqua del fiore di sambuco era considerata un rinfrescante, l'in- fuso di rosmarino misto a vino fermentato era usato per puri- ficare le gengive e profumare l'alito, il succo delle rose veniva ritenuto un ottimo aperitivo, mentre quello delle viole un effi- cace purgativo. I distillati di fiori di sambuco, di finocchio e di salvia servivano per lenire il male agli occhi, mentre il mal d'orecchi si curava con succo di zucca unito ad olio di miglio, mentre l'impasto di fari- na di fave serviva a curare le pia- ghe. Per lenire gli arrossamenti dei lattanti si spalmava olio d'oli- va talvolta mescolato con cipria. Il male alle ginocchia si curava applicando stoppa imbevuta di vino nero. Il singhiozzo si debel- lava sorseggiando lentamente uno sciroppo di papaveri misto ad orzo, il succo di ciclamino serviva invece ad arrestare un'e- morragia nasale, infine le piume di pioppo, raccolte a suo tempo, sostituivano il cotone idrofilo. Con lo stessto criterio si pro- ducevano i saponi e i detersivi di un tempo. Le casalinghe che portavano a lavare lenzuola, federe e tovaglie al fiume le sbattevano contro i sassi e poi le stendevano al sole sui prati finchè non acquistavano il candore ed il profumo caratte- ristico del bucato di un tempo. Il sapone per lavare la biancheria si ricavava da lunghi e pazienti pro- cedimenti. Si mettevano in un sacco appeso ad un chiodo della cucina o del fondaco, cenere, legna e calce miste ad acqua che si aggiungeva di tanto in tanto. Il liquido che da esso goccio- lava, che aveva forti proprietà detergenti, veniva raccolto in un recipiente e poi mescolato ad olio d'oliva di scarto e a grassi di maiale: veniva fatto bollire fino ad ottenerne un miscuglio pasto- so e sodo. Una volta raffreddato veniva tagliato in pezzi di sapo- ne. La liscivia veniva ricavata dalla decantazione della cenere di legna nell'acqua bollente e poi usata in dosi misurate per mette- re in ammollo la biancheria spor- ca. Un altro lavoro che richiede- va fatica e pazienza alle massaie di un tempo era la lucidatura dei recipienti di rame: conche, pen- tole, tegami, bracieri e scaldini. Specialmente in prossimità delle feste le donne di casa toglievano a questi recipienti la patina scura strofinandoli con sabbia bagnata e poi con aceto e sale risciac- quando alla fine con acqua e sapone. La sabbia, il sale e l'ace- to erano usati quotidianamente dopo ogni pasto nel lavaggio di pentole e posate per farle tornare nitide e terse. Per pulire le pentole di rame si strofinavano con sabbia bagnata, aceto e sale A quasi un secolo dal devastante terremoto che sconvolse la Marsica e l'Abruzzo Il terremoto del gennaio 1915 provocò l'effetto di un bombardamento Alla 'farmacia del buon Dio': i rimedi naturali dei nostri nonni edita nel 2005 e andata subito esaurita, segna una ripresa d'in- teresse nei confronti della scuola d'arte danese, frequentata da pit- tori svedesi, norvegesi e finlan- desi. Nella sua nota di saluto inse- rita nel volume, l'ambasciatore Birger Riis Jørgensen scrive: "Per il pittore danese Kristian Zahrtmann e i suoi tanti allievi e a m i c i a r t i s t i n o r d i c i , C i v i t a d'Antino ha rappresentato per molti anni un rifugio meraviglio- so, dove crescere artisticamente, essere sfidati dalla luce e dai motivi, seguire la vita del paesi- no nel quotidiano e durante le festività, instaurare amicizie con i cittadini e scoprire una cultura tanto differente da quella dei propri paesi d'origine. Quest'età d'oro è durata per circa 30 anni, las ciando tante tracce s ia in Italia che nei paesi nordici. Il t e r r i b i l e t e r r e m o t o d e l 1 9 1 5 segnò la fine di questa avventura e fu devastante per i migliaia di uomini che ne furono colpiti. Il terremoto dell'Abruzzo è stato descritto come una delle cata- strofi più tragiche della storia italiana". E in effetti Civita d'Antino, p e r o p e r a d e l p i t t o r e d a n e s e Kristian Zahrtmann, era diventa- ta un vero e proprio cenacolo per centinaia di artisti scandinavi. L'artista vi era giunto nel giugno del 1883. Quel paese di monta- gna, la sua gente semplice e schiva, i ritmi della vita cadenza- ti dal lavoro nei campi, furono per Zahrtmann una scoperta che gli avrebbe cambiato l'esistenza. Fatto sta che egli elesse proprio quello sperduto borgo come sua seconda patria, trascorrendovi ogni anno l'estate, fino al 1911. Entrò presto in comunione con quella gente, nella sua semplicità ricca di gentilezza e di valori dal sapore antico. A Civita d'Antino fece nascere una vera e propria scuola estiva per artisti scandina- vi. Da quel momento quel borgo d e l l a V a l l e R o v e t o d i v e n n e punto di riferimento per centi- naia d'artisti dal nord Europa. Uguale folgorazione aveva subì- to nel 1877 il pittore danese Enrik Olrik e prima ancora - scrive Antonio Bini - nel 1843 Edward Lear, inglese di nascita ma di genitori danesi, "landscape painter" com'egli si definiva. Per ogni malattia c'erano almeno cinque erbe medicinali alla portata di tutti per curarla A un secolo di distanza dal catastrofico terremoto che scon- volse l'Abruzzo, e in particolare Avezzano e la Marsica, l'editore D'Abruzzo-Menabò presenta l'edizione in lingua italiana del racconto "Civita d'Antino", una straordinaria testimonianza di quella tragedia del poeta e scrit- tore danese Johannes Jørgensen. Quel tragico 13 gennaio 1915 Jørgensen si trovava in Italia, a Siena. Appresa la notizia del ter- remoto che devastò tragicamente la Marsica, egli volle immediata- mente raggiungere l'area colpita, e in modo particolare Civita d'Antino, per conoscere di per- sona le conseguenze del sisma nel borgo della Valle Roveto così caro a molti danesi, da oltre trent'anni sede estiva della scuo- la d'arte del maestro Kristian Zahrtmann. Da Siena arrivò a Roma, poi con un'auto presa a noleggio, seguì l'itinerario per Tivoli, Tagliacozzo, Cappelle d e i M a r s i , A v e z z a n o , Capistrello, Civitella Roveto, la stazione ferroviaria di Morino Civita d'Antino, per poi raggiun- gere finalmente Civita, erta sul colle, dolorosa tappa finale del suo viaggio in Abruzzo. Quella di Jørgensen, grande biografo di San Francesco d'Assisi, costitui- sce un'eccezionale testimonian- z a , l u c i d a e a l t e m p o s t e s s o intensa e commovente, del dram- ma vissuto dalle popolazioni della Marsica, della devastazione provocata dal sisma, dei morti e feriti, ma anche della generosa opera di volontari e militari. Drammatica e prolungata la descrizione di Avezzano, intera- mente distrutta. Scriverà riferen- do icasticamente d'aver avuto l'impressione d'essere tornato da un campo di battaglia. Il suo racconto, pubblicato a Copenaghen nel 1915, aveva in particolare l'obiettivo d'infor- mare i tanti danesi che conosce- vano molto bene Civita d'Antino attraverso le tante opere dipinte da decine di artisti, amici o allie- v i d i Z a h r t m a n n . O l t r e a l l e migliaia di vittime, il terremoto segnò la fine d'una straordinaria stagione artistica, poi scivolata lentamente nell'oblio. La nuova edizione è curata da Antonio Bini, come la prima d'altronde, GOFFREDO PALMERINI