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GIOVEDÌ 11 DICEMBRE 2014 www.italoamericano.com 36 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Il mercato italiano è aperto alla concorrenza? Poco se siamo all'11° posto su 15 Paesi I contribuenti italiani hanno lavorato per pagare tasse e tributi 158 giorni in un anno U ndices ima s u quindici: davanti soltanto alla Grecia e Lussemburgo, e a "pari merito" con Francia e Danimarca. L'Indice delle liberalizzazioni 2014 elaborato dall'Is tituto Bruno Leoni, centro studi che ha sede a Milano e Torino e che promuove le idee liberali in Italia ed Europa, traccia un qua- dro decisamente negativo del grado di liberalità del mercato economico italiano. L'indice, pres entato all' Istituto Don Luigi Sturzo di Roma alla presenza del Ministro per lo S viluppo Economico Federica Guidi, misura il grado di apertura liberale di 15 Stati dell'Unione europea prendendo in considerazione dieci differenti settori della loro economia (mer- cato del gas naturale, del lavoro, mercato elettrico, poste, teleco- municazioni, televisione, tra- sporto aereo, trasporto ferrovia- rio e assicurazioni). "Capire quanto un Paese sia liberalizzato e in quali settori – si legge nel report annuale che approfondisce i risultati delle ricerche – è importante perché la promozione della concorrenza è una delle leve attraverso le quali un governo può stimolare la cre- scita economica". Avere un punteggio basso sul totale dei mercati presi in consi- derazione significa, quindi, esse- re contraddistinti da un mercato fortemente limitato dal punto di vista della concorrenza. E se gli Stati in cima alla classifica sono di norma aperti alla pluralità di voci all'interno del loro mercato (qualcuno lo è in diversi settori, qualcun altro soltanto in alcuni), quelli che chiudono la classifica tendono ad aver un atteggiamen- to maggiormente "protezionista". In base all'Indice dell'Istituto Bruno Leoni, il mercato mag- giormente liberale risulta essere quello inglese, con un punteggio totale di 94 punti percentuali su 100, cioè il massimo grado di liberalità totalizzabile secondo i parametri presi in esame. Seguono Paesi Bassi, Spagna e S vezia con 79 per cento; Germania con 76; Portogallo (73); Austria (72); Belgio (70); Finlandia e Irlanda (69); Italia, F rancia e D animarca (66); Lussemburgo (65) e Grecia con 58. E anche se nel 2013 l'Italia ha sì guadagnato tre posizioni rispetto al ranking 2012, come precisa il report questo è dovuto "più per il peggioramento altrui che per propria virtù, in quanto nel nostro Paese non si registra- no grandi cambiamenti, anche se si colgono pienamente gli effetti delle timide aperture operate nel 2012". Il Regno Unito, più nel dettaglio, conferma la propria Il Ministro per lo Sviluppo Economico Francesca Guidi leadership grazie a una diffusa adozione di regole di mercato liberali, mentre la Grecia occupa l'ultima posizione a causa di una regolamentazione che limita il libero mercato. L'Italia, invece, anche se si posiziona quinta nei trasporti aerei e sesta nelle telecomunica- zioni (87 punti percentuali su 100) e nelle assicurazioni, occu- pa tuttavia l'ultima posizione nel settore televisioni e la penultima in quello dei carburanti, del lavo- ro e delle poste. Inoltre, se si prende come riferimento il ranking Doing Business 2015 elaborato dalla Banca Mondiale per valutare la facilità di fare impresa nei diffe- renti stati a livello mondiale, il confronto con gli altri Stati risul- ta ancora una volta negativo nei confronti del Belpaes e. Singapore è il mercato ideale dove fare business (gli Stati Uniti sono il settimo totale dopo N uova Zelanda, H ong K ong, D animarca, Corea del S ud e Norvegia) mentre per trovare l'Italia, che per la cronaca ha perso 4 posizioni rispetto a quello del 2014, bisogna scendere fino alla 56° pos izione, dietro a Turchia, Ungheria e Bahrain. "Crescita e occupazione – ha detto il Ministro Guidi durante la presentazione dell'Indice Bruno Leoni – sono i pilastri fondamen- tali sui quali lavora questo gover- no. In ambito economico, il nostro obiettivo è quello di libe- ralizzare il mercato per riuscire ad attrarre investimenti e aprire alla concorrenza, arrivare a un abbassamento dei prezzi e, di conseguenza, dare la possibilità a più soggetti di accedere al merca- to e ai suoi servizi. Contiamo di fare ciò con una serie di provve- dimenti di semplificazione e di riduzione della pressione fiscale che verranno approvati già nelle prossime settimane". La presentazione del rapporto sulle liberalizzazioni all'Istituto don Luigi Sturzo di Roma lavoro per onorare le tasse, i tri- buti, i contributi e le imposte pre- viste dal nostro fisco. Record sto- rico già uguagliato nel 2012. Nell'area dell'euro solo i france- si, con 174 giorni, i belgi, con 172 e i finlandesi, con 161, hanno sopportato uno sforzo fiscale superiore al nostro. La media dell'area dell'euro si è sta- bilizzata a 149 giorni, mentre quella relativa ai 28 Paesi dell'Ue è stata di 145 giorni". Nel 2013 i contribuenti italia- ni hanno lavorato per il fisco fino al 7 giugno, vale a dire 9 giorni in più rispetto alla media regi- strata nei Paesi dell'area dell'eu- ro e ben 13 se, invece, il confron- to viene realizzato con la media dei 28 Paesi che compongono l'Ue. "In altre parole – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – nel 2013 gli italiani hanno dedicato 158 giorni di Solo francesi, belgi e finlandesi fanno peggio di noi nell'area Euro Tra i nostri più diretti concor- renti solo la Francia presenta un dato peggiore del nostro (174 giorni), mentre in Germania il cosiddetto "tax freedom day" scatta dopo 144 giorni, in Olanda dopo 136 giorni e in Spagna dopo 123 giorni. In Italia è possibile ridurre i giorni di lavoro necessari per pagare le tasse? "Ad esclusione del Belgio – dice Giuseppe Bortolussi dell'Associazione Artigiani e Piccole imprese – tutti i paesi federali presentano una pressione fiscale molto inferiore alla nostra, con una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità. Pertanto, è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale, definire ed applicare i costi stan- dard per abbassare gli sprechi e gli sperperi e, nel contempo, ridurre le tasse di pari importo". L'ufficio studi ha riscostruito la serie storica del giorno di libe- razione fiscale in Italia dal 1995 al 2013. Ebbene, se dalla metà degli anni '90 (147 giorni) fino al 2005 (143 giorni) i giorni di lavoro necessari per onorare il fisco hanno subito una progressi- va riduzione, successivamente sono aumentati sino a toccare il record storico nel 2012 (158 gior- ni), poi bissato anche nel 2013. NICOLA BUSCA