L'Italo-Americano

italoamericano-digital-1-8-2015

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GIOVEDÌ 8 GENNAIO 2015 www.italoamericano.com 15 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Meglio ripassare bene la storia nazionale per ricacciare indietro i fantasmi del passato La prima volta che sono venu- to a Faenza il mio amico Gino mi ha chiesto di portargli un cappel- lo tipico dell'esercito australiano, quello col fianco alzato. Quando gliel'ho consegnato mi ha spie- gato che aveva ricordi dei soldati che l'indossavano alla liberazio- ne di Faenza alla fine del 1944. Ora che in questa città, come in altre citta e paesini della zona dove si organizzano le comme- morazioni della loro liberazione, Gino non c'è più, mi dispiace perché avrebbe potuto aggiunge- re un'altra testimonianza a un'e- poca storica importante e diffici- le. Queste commemorazioni si svolgono in un periodo economi- co difficile che ha creato l'oppor- tunità di far risorgere fantasmi dal passato. Un mese fa ho sentito una ragazza giovane dire che la tico che, con le decisioni di far entrare l'Italia in tre guerre, fu direttamente responsabile della morte di più italiani di qualsiasi altro personaggio della Storia del paese. Come dimostra questo episo- dio, i fomentatori di questo pas- sato ignorano cosa voleva dire veramente il ventennio. Settant'anni sono tanti e i testimoni diretti degli episodi importanti di quei due decenni non ci sono più per dire cosa veramente è successo. Non rimane più nessuno di quelli che non potevano trovare lavoro perché non avevano la tes- sera al partito. Non rimane più nessuno che fu soggetto di minacce, violenza, castighi e peggio perché osava criticare un fascista semplice, tanto meno il duce stesso. Non rimane nessuno che fu costretto all'esilio per evi- tare carcere, o morte e in alcuni casi la morte li seguí anche all'e- stero. Non rimane più nessuno che fu costretto al matrimonio per poter avere una promozione al lavoro, oppure doveva pagare tasse più alte perché ancora sca- polo. Ci vuole poco per trovare pagine sui social media che loda- no gli anni sotto Mussolini, ma chi li gestisce non dice le verità nascosto dietro le frasi propagan- distiche. Dicono di un periodo senza reati e delitti, ma non dico- no che non esistevano pubblica- mente perché era proibito ai gior- nali pubblicarli. Parlano in queste pagine del vanto fascista d'aver domato la mafia in Sicilia, ma non dicono che Cesare Mori, il Prefetto di Ferro, responsabile, fu rimosso dall'incarico perché si avvicinava dalla guerra, formare un governo capace di decidere leggi senza bisogno di compromessi nocivi al Paese. La soluzione vera è dare al Paese un governo democratico. Abito a pochi chilometri da Bagnacavallo dove nacque Leo Longanesi. Fu fascista di prima fila e fece parte della Marcia su Roma. Fu lui a scrivere il Decalogo Fascista che finiva con la frase celebre "Il Duce ha sem- pre ragione". Malgrado questo appoggio apparentemente incon- dizionato Longanesi si rese conto che la strada presa dal suo capo era sbagliata e faceva male al paese. Nel 1944, dopo avere visto il destino crudele del suo paese e prima ancora di sapere la fine del suo ormai ex capo disse le parole che solo l'esperienza poteva insegnare e che tanti oggi hanno scordato, "Soltanto sotto la ditta- tura riesco a credere nella Democrazia". GIANNI PEZZANO troppo a personaggi di spicco nel partito e dunque intoccabili. Basta guardare cosa succedes- se con l'arrivo degli alleati a Napoli e in Sicilia per capire che la criminalità organizzata non era mai stata domata del tutto. Nel suo libro "La Pelle" Curzio Malaparte svelò la realtà crimina- le scomoda di Napoli che i decenni dopo hanno soltanto con- fermato. Infine questi siti non dicono che non furono gli alleati a rimuovere Mussolini come capo del governo, ma i gerarchi del suo stesso partito perché lui non era più capace di far uscire il paese dall'alleanza con Hitler e la guerra. Questi sogni del ritorno a un passato glorioso si basano su un passato impossibile perché il mondo che descrivono non è mai esistito. La nascita di questi gruppi dimostra lo sbaglio di non aver voluto mettere sotto processo i responsabili dei reati commessi in quegli anni. Con i processi di Norimberga i cittadini della Germania furono costretti ad affrontare le responsabilità dei loro capi e i delitti contro l'uma- nità commessi nel nome di Hitler e della Germania. Purtroppo non possiamo dire la stessa cosa in Italia. La concessione di un'am- nistia, anche per coprire i reati del dopo guerra, non fece altro che aiutare a creare il mito di un Paese che non commise mai reati. Purtroppo non era vero. Alfio Caruso scoprí l'uso del gas da parte dei militari italiani durante le guerre coloniali. Come ci sono prove della complicità italiana in stragi e non soltanto durante il periodo di Salò. Ma per motivi di politica internazionale, per la Guerra Fredda e il ruolo chiave che assunse l'Italia a causa della sua geografia, si decise di non perse- guire i processi ai criminali di guerra. Il tempo ha mostrato che questa mancanza non fece altro che creare problemi. Con l'arrivo del settantesimo anniversario della disfatta italia- na, il Paese ha l'obbligo di affrontare questi fantasmi e non solo per onestà storica. La soluzione ai problemi dell'Italia non è nel ritorno al passato impossible. Non si trova nella forma di un uomo forte, come speravano i seguaci di Berlusconi prima e una parte dei seguaci di Renzi ora. Si trova nella democrazia, nella soluzione di quelle clausole che bloccano la creazione di un sistema di gover- no efficace. La soluzione si trova in un Parlamento forte ed effica- ce e in un sistema elettorale capa- ce di fare quel che nessuna ele- zione italiana è riuscita a fare La politica bellica di Mussolini comportò morti e distruzione migliore cosa per il Paese sareb- be il ritorno di Mussolini. A me è sembrato strano evocare un poli- Bambini inquadrati militarmente in epoca fascista Non solo l'Italia è la quinta d e s t i n a z i o n e t u r i s t i c a a l mondo, ma quel che esporta è ricercato, apprezzato, compra- to. I prodotti a marchio tricolo- re, nonostante la fase recessiva c h e s t a s o l o a u m e n t a n d o i numeri della disoccupazione e peggiorando il welfare sociale impoverendo sempre più ampie fasce della popolazione, hanno o t t e n u t o u n f a t t u r a t o c h e è addirittura aumentato del 30% tra il 2009 e il 2013. Come dire che questo è sostanzialmente l'unico settore che funziona davvero nell'economia italiana. Ma il punto è che non sap- piamo usare al meglio tanta ricchezza. N o n s o l o n o n a t t r a i a m o i n v e s t i m e n t i e s t e r i ( e a n z i rispetto al 2007, l'anno prece- dente l'inizio della crisi, i capi- tali che potrebbero rilanciare la crescita e favorire l'occupazio- ne sono diminuiti del 58%) ma fuori casa non sappiamo sfrut- tare tutto l'interesse che c'è per l'Italia. Manca una cabina di regia, mancano politiche adeguate, manca la capacità di fare siste- m a , c o m e d i r e c h e t u t t o è lasciato all'iniziativa dei singo- li. Certo, soffriamo di una cat- tiva reputazione se occupiamo il 65° posto nella graduatoria mondiale dei fattori che deter- minano la capacità attrattiva di un Paese, ma questo non signi- fica che non possiamo reagire e cambiare le cose. Dal rapporto Censis risulta che siamo un Paese che attrae persone. Dopo Francia, Usa, Cina e Spagna abbiamo più di 77 milioni di stranieri che var- cano ogni anno le nostre fron- tiere (+4,1% tra il 2010 e il 2013). Basterebbe puntare con maggiore convinzione su que- sto per rinascere, basterebbe sfruttare le pietre preziose a cielo aperto che ricoprono le nostre città per iniziare a risali- re la china. Ma bisogna farlo. Il made in Italy non conosce crisi ma l'Italia non lo sfrutta al meglio Continua da pagina 1

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