L'Italo-Americano

italoamericano-digital-5-14-2015

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GIOVEDÌ 14 MAGGIO 2015 www.italoamericano.org 42 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Dalla pittura informale all'arte no del liquidazionista Agnetti La Galleria Il Ponte, in colla- borazione con lo Studio Visconti d i M i l a n o , h a a l l e s t i t o u n a importante mostra dedicata a Vincenzo Agnetti, un artista che dalla prima personale tenuta nel 1967 alla morte prematura avve- n u t a n e l 1 9 8 1 , s i è d e d i c a t o all'attività artistica ed extra-arti- stica (di scrittore e teorico) con assoluta coerenza e lucidità di pensiero. D o p o e s s e r s i d i p l o m a t o all'Accademia di Brera e aver frequentato il Piccolo Teatro di Milano, dalla fine degli anni Cinquanta si avvicina alla pittu- ra informale nonché alla poesia, per poi intraprendere una colla- borazione con il gruppo milane- se Azimuth, seguita dall'autono- ma formulazione del rifiuto di dipingere attraverso il cosiddet- to "liquidazionismo" o "arte no". Dalla seconda metà degli anni S e s s a n t a , m e d i a n t e l ' u s o d i diversi media (feltro, bachelite, fotografia, testi a stampa, regi- strazioni vocali e performances) Agnetti formula gli assiomi, in apparenza ossimorici, di un'ana- lisi dell'atto stesso del fare arti- s t i c o a n t i c i p a t r i c e d i a l c u n e delle di poco successive ricer- che internazionali. Assioma (luce come ultimo punto dell'oscurità) del 1971, Assioma 4. In principio era la negazione in attesa dello stupore (1971), Il sistema usa gli oggetti come veicolo e le idee come combustibile (1972), Dati due o più istanti lavoro vi sarà sempre una durata-lavoro contenente gli istanti dati (1973), sono soltanto alcune delle asserzioni postulate dall'artista per teorizzare una crisi del linguaggio (1972) dove Chi entra esce (1970/1971) e C h i e s c e e n t r a ( 1 9 7 0 / 1 9 7 1 ) ; ovvero dove le consuete antino- mie tra due elementi o concetti opposti trovano risoluzione in un'unità paradossale ma rigoro- sa, e soprattutto capace di evi- denziare le estensioni così come le contraddizioni intrinseche all'espressione linguistica. Dalla seconda metà degli anni Settanta, questo innescare una m o l t e p l i c i t à i n t e r p r e t a t i v a mediante associazioni apparen- temente prive di senso, condurrà Agnetti ad intraprendere un pro- cedimento analitico sulla foto- grafia, dove l'intervento grafico, la manipolazione combinatoria e l'aggiunta di un vissuto biografi- co-culturale trasformeranno gli scatti anonimi, costituenti la serie Dopo le grandi manovre, in veicoli di memorie personali, di pulsioni mentali e di afflati poe- tici. La mostra propone quindi di ripercorrere la ricca produzione di un artista che ha scelto il rigo- re analitico e la poeticità inquie- ta come complementari parole d'ordine di una ricerca tesa a sostituire l'oggetto con il lin- guaggio, la presenza con l'assen- za, lo scorrere progressivo del t e m p o c o n i l d i m e n t i c a r e a memoria. Nel catalogo testi di Bruno Corà e Ilaria Bernardi, edizione Gli Ori, Pistoia Vincenzo Agnetti, Apocalisse, 1970 Vincenzo Agnetti, "Libro Dimenticato a Memoria", Agnetti, Milano, 1970 "Fiori violenti: fototropismo v e r s o l a f o r m a " d i M a t t i a Bosco". Dopo Tunnel City, di A n d r e a B i a n c o n i , e l e Coordinate Invisibili, tracciate da Carlo Bernardini negli spazi del nuovo centro per l'arte con- temporanea, ricavato da un'anti- ca e affascinante tipografia di fine Ottocento, nel centro di Arzignano, Mattia Bosco son- derà, con la propria esperienza e sensibilità, il tema scelto dai due fondatori Elena Dal Molin e Andrea Bianconi, come linea guida di questa prima stagione. La mostra scultorea, a cura di Elena Dal Molin, nasce da un'o- perazione di recupero di alberi abbattuti all'interno del territorio del Comune di Arzignano, già sostenitore di Atipografia. Un progetto espositivo che si inseri- sce perfettamente nel solco trac- ciato dalle mostre che lo hanno preceduto e che si sono sempre distinte per il loro carattere site specific. Atipografia, infatti, è un vero e proprio laboratorio, che si pone come stimolo e sfida per l'artista. Mattia Bosco si è cimentato con i grandi temi della forma e anni. Le linee spezzate e chiuse formano dei triangoli, un simbo- lo sacro nato da un atto di forza compiuto dall'artista sul legno stesso, liberando la luminosità in esso contenuta e svelando così il "non visibile", la vita che si cela all'interno degli alberi. Come ben ci ricorda Mattia Bosco: "Gli alberi seguono una legge precisa secondo la quale si sviluppano in infiniti modi, ma tutti sono ancorati al suolo, non si può dare un albero senza radi- ci, l'albero è sviluppo verticale a partire da un punto, non può muoversi da lì se non ramifican- dosi, bilanciando i rami che cer- cano la luce con quelli che sono nel buio della terra". Questo fenomeno è descritto d a l l a s c i e n z a p r o p r i o c o m e "Fototropismo" che, prendendo in prestito le parole del grande matematico, filosofo e scienzia- to Charles Sanders Peirce, si può poeticamente riassumere come "un ultimo slancio del legno, come materia viva, slancio cui corrisponde l'uomo con il suo fototropismo verso la verità", un istinto innato dunque, che coin- volge la natura umana. I 'fiori violenti' dello scultore milanese Bosco svelano la vita che si nasconde dentro gli alberi Se poi per Brancusi "la scul- tura è acqua", per Mattia Bosco il gesto compiuto dall'artista che lavora la materia assume una fondamentale e imprescindibile componente temporale. La pietra, che conserva su di sé il passaggio di ogni singolo istante, si rivela agli occhi del- l'artista come "tempo allo stato solido", un libro dalle pagine sedimentate. Secondo l'artista la scultura diventa "un modo di affrontare questa chiusura, di dissigillare il mondo, di scalfire l a s u a c a r n e , d i t e n t a r e u n a riscrittura là dove non possiamo leggere. Si scrive per cercare di leggere, di decifrare". Ed ecco che il tempo dell'uomo scultore si sovrascrive a quello della pie- tra, che lo accoglie, conservando p e r ò i n t a t t a d e n t r o d i s é l a memoria storica del mondo: "Il tempo passato, il tempo presen- te, il tempo futuro: la pietra, l'uomo, il robot. Questi sono gli scalpelli che uso". L'opera proposta da Bosco, vuole insistere su questo parago- n e t r a g e s t o d e l l o s c u l t o r e e movimento dell'acqua che lam- bisce la pietra. NICOLETTA CURRADI della materia, assoluti protago- nisti di questa mostra, nel tenta- tivo di riscontrare una continuità o un contrasto tra la tangibilità delle cose e la nostra stessa cor- poreità. Il materiale principe di questa avvolgente installazione site specific, è stato il legno. Una foresta di tronchi e fusti, c h e p a i o n o q u a s i r e s t i d i u n colonnato greco, come evocato da Disordine corinzio, una delle opere del percorso, ha ricreato all'interno delle antiche sale della tipografia, una cattedrale di ossa vegetali, così come le inten- de Mattia Bosco, "ultimi fiori" che si dischiudono con un gesto violento, quello dello spezzare, mostrando tutto il proprio intimo mistero fatto di luce accumulata da queste travi nel corso degli Lo scultore milanese Mattia Bosco

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