L'Italo-Americano

italoamericano-digital-6-25-2015

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di Trieste". Con Feltrinelli ha pubblicato numerosi romanzi tra i q u a l i A n n i b a l e , L ' I t a l i a i n seconda classe, Trans Europa E x p r e s s , M o r i m o n d o , C o m e cavalli che dormono in piedi. A breve uscirà anche negli Stati Uniti il romanzo Trans Europa Express. Vive a Trieste. Viaggiare per capire, che contrasta con l'attuale deside- rio di molti turisti di viaggiare per arrivare. Una filosofia che l'ha portata a scrivere nume- rosi romanzi e reportage gior- nalistici. Da cosa è scaturita questa sua iniziativa? La voglia di viaggiare e sco- prire l'ho avuta sin da bambino e nasce dal nomade insito in me… ogni tanto vuole uscire e pretende degli spazi. Anche la volontà di scrivere fa parte della mia infanzia. Poi ho avuto la fortuna di fare il giornalista e di scrivere per professione. Il fatto d i c o m b i n a r e i l v i a g g i o a l l a scrittura è nato per caso. Ogni tanto la vita ti offre delle occa- sioni per realizzare i tuoi sogni. GIOVEDÌ 25 GIUGNO 2015 www.italoamericano.org 37 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | Paolo Rumiz, scrittore della memoria che fa del viaggiare la sua meta I suoi racconti ti entrano nella memoria e nel cuore. La finezza narrativa e le minuziose descri- zioni di luoghi e personaggi a s s u m o n o m a n m a n o c h e l e parole scorrono, sembianze con- crete, palpabili. Paolo Rumiz sa appassionare e portare alla luce con chiarezza e disincanto temi eterni quali l'a- more, l'amicizia, il dolore, la gioia, la guerra. L o a b b i a m o i n c o n t r a t o a l T e a t r o N a v a l g e d i M o e n a , durante la serata culturale che chiudeva il calendario d'incontri d e d i c a t i a l C e n t e n a r i o d e l l a G r a n d e G u e r r a . È s t a t o u n a p p u n t a m e n t o s p e c i a l e , n e l quale abbiamo accolto dalla sua voce un disgiunto realistico di ciò che quell'immane conflitto lasciò nella generazione che lo subì e delle conseguenze che segnano, tuttora, la nostra vita. Paolo Rumiz è giornalista de "la Repubblica" e del "Piccolo Questa sensazione l'ho avuta in Polonia, in un magnifico ottobre dello scorso anno. Una terra di cavalli, che ho visto dormire con g l i z o c c o l i a f f o n d a t i n e l l e brume. Mi sono parsi fortemente rappresentativi di questa metafo- ra. Il passaggio che più mi ha commosso è stato quando ho tro- vato un piccolo cimitero nel mezzo dei Carpazi, i cui nomi sulle croci sembravano l'elenco telefonico di Trieste. Nel crepu- scolo abbiamo acceso una cin- quantina di lumini dei morti, che credo si saranno visti a chilome- tri di distanza. Il 27 luglio 2014, anniversa- rio dell'ultimo giorno di pace in Europa prima dello scoppio della Grande Guerra, in tutto il mondo si sono propagate le n o t e d e l S i l e n z i o . R o m a , Mosca, Washington…, hanno r e s o o n o r e a i c a d u t i e a l l e famiglie che hanno vissuto un conflitto straziante. L'idea è partita da lei. È partita da me perché ho sentito la presenza evocativa delle trombe del silenzio sul fronte occidentale. È stata un'e- mozione tale che ho pensato si potesse riprodurre a tutti i Paesi europei coinvolti nel conflitto. Ho avuto un entusiastico appog- gio dal Governo italiano e anche da numerosi trombettisti a parti- re da Paolo Fresu. C'è chi, però, si è tirato indietro: gli austriaci e i tedeschi perché hanno perso la guerra, i francesi perché non si sentivano abbastanza al centro dell'attenzione. Però si sono aggiunte molte nazioni che non avrei mai immaginato: la Russia, l'America, l'Inghilterra, i Paesi Balcanici, ovviamente l'Italia, e Paesi belligeranti esterni come il Brasile per esempio, che hanno partecipato solo alla fine della guerra che però la considera come un evento centrale. Questa piccola polifonia, ha segnalato anche le differenze che ancora esistono soprattutto in Europa i n m e r i t o a q u e s t a m e m o r i a . Rimane però l'amarezza che non sia stato un concerto più vasto. SOFIA BRIGADOI L'ho colta al volo e sfruttata in pieno. È avvenuto circa quindici anni fa, in occasione del mio primo viaggio a Istanbul. Da quel momento la mia vita è cam- biata. È stata un'esperienza tal- mente ben riuscita che da allora sono "condannato" a ripeterla. In un suo romanzo raccon- ta il viaggio e l'avventura di A n n i b a l e a l l a c o n q u i s t a d i Roma: dalle Alpi lungo la dor- sale dell'Appennino. Cosa l'ha colpita dell'animo inquieto di un viaggiatore-condottiero vis- suto oltre 1900 anni fa? Mi ha stimolato che fosse ricordato anche nei luoghi dove non era mai stato, e che fosse stato lui a cercare me. Spiego meglio: ovunque viaggiassi mi trovavo sempre di fronte la sua ombra. Mi sentivo perseguitato d a l l a s u a c o s t a n t e p r e s e n z a . Quindi ho pensato che forse era un richiamo e l'ho seguito. È s t a t o u n v i a g g i o c h e m i h a profondamente cambiato, perché era la prima volta che mi con- frontavo con qualcosa d'invisibi- le e nel frattempo così potente. Annibale è un mito allo stato puro. Non è stato eretto alcun m o n u m e n t o i n s u a m e m o r i a , eppure è un personaggio che ha costruito intorno a sé una popo- larità unica. Ne sono rimasto affascinato, quindi il mio deside- rio è stato raccontare il mio viag- gio alla sua ricerca. Il Po, il fiume italiano che h a d a t o e t o l t o l a v i t a a migliaia di persone. Nel suo libro l'ha definito abbandona- to, sconfitto dall'incuria. Pensa che in Italia ci sia chi ha la volontà/conoscenza per rivalu- tare questa grande risorsa? Il Po è circondato da persone che lo adorano, ma sono una massoneria, personaggi nascosti c h e s p e s s o n o n s a n n o l ' u n o dell'altro. Quindi è complesso capire se c'è questa volontà. Mi rammarica dire che l'Italia ha una cultura idrofoba nei con- fronti dei fiumi. Li considera come un pericolo, non una risor- sa. Una "scusa" che consente agli speculatori del cemento di imprigionarli sempre più, tra- sformandoli in killer. Forse non è chiaro che la salute dei nostri fiumi è inseparabilmente legata al nostro futuro. Grande Guerra: lei ha un nonno che ha vestito la divisa dell'esercito austro-ungarico durante il conflitto. Quali emo- zioni ha vissuto nel percorrere il fronte a cent'anni di distan- za? C'è una grande discrepanza di volontà nel ricordare e rende- re onore ai caduti tra i territori che facevano parte del fronte occidentale e quelli del fronte orientale. In quello occidentale la guerra è molto riconosciuta, come lo è del resto per il fronte italiano (Piave, Carso...), e quasi totalmente assente per il fronte orientale, dove pare si sia prefe- rito "dimenticare". È stato un percorso impegnativo ma per m o l t i a s p e t t i a p p a s s i o n a n t e . Riportare alla luce le vicende di soldati che nel solo primo mese di conflitto sono morti in oltre un milione, mi ha dato la carica necessaria. Poi c'è la questione persona- le. Mi sono sentito in dovere di ricostruire la figura del nonno, di cui non sapevo in pratica nulla (mia nonna ne parlava poco). S o n o d o v u t o r i c o r r e r e a parenti e amici che lo avevano conosciuto, che ora sono ultraot- tantenni. Seguendo questa strada sono riuscito a ricostruire la sua immagine, anche in modo un po' fantasioso, ma va bene così. "Come cavalli che dormono in piedi". Una raccolta di voci e di testimonianze di una guer- ra che ha cambiato le sorti dell'Europa, affinché restino i n d e l e b i l i a l l o s c o r r e r e d e l tempo. Qual è il passaggio che l'ha più commossa? Tengo a precisare che il titolo nasce dal fatto che i caduti in realtà non sono morti, ma che dormicchino come fanno i caval- l i q u a n d o r i p o s a n o i n p i e d i . Paolo Rumiz, giornalista e scrittore triestino. I suoi lavori sono spesso centrati sul tema del viaggio "Trans Europa Express", seimila chilometri dalla Finlandia all'Ucraina tra l'Europa occidentale e quella orientale. Sarà a breve pubblicato in Usa "Come cavalli che dormono in piedi" racconta dei centomila trentini e giu- liani che nel 1914 combatterono per l'Impero austroungarico

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