Since 1908 the n.1 source of all things Italian featuring Italian news, culture, business and travel
Issue link: https://italoamericanodigital.uberflip.com/i/558344
GIOVEDÌ 20 AGOSTO 2015 www.italoamericano.org 23 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | N el 1922 il "Chicago Tribune" lanciò un con- corso internazionale per la progettazione della sua nuova, prestigiosa, sede. Per il giornale, fondato nel 1847 e destinato a diventare il principale media del Midwest e l'ottavo quotidiano statunitense per diffusione, fu un'abile mossa pubblicitaria: affermarsi come opinion leader diventando un monumento capa- ce di definire i contorni urbani della metropoli che stava sorgen- do. Per architetti, progettisti e designer la gara accese un inten- so dibattito sulla funzione socia- le dei grattacieli. Parteciparono anche nove italia- ni. Tra loro il barese Saverio Dioguardi, classe 1888. Sarà l'occasione per misurarsi con architetti del calibro di Adolf Loos, lui che nel concorso per il monumento di Alessandro II a Pietroburgo del 1911 aveva rice- vuto, unico italiano in gara, il terzo premio per l'Architettura. Figlio di uno scalpellino, era entrato in contatto con i movi- menti architettonici e culturali di respiro internazionale dell'epoca a Roma, dove arrivò nel 1909 per il servizio militare. L'Italo-Americano ha rico- struito la storia di quel progetto con Francesco Maggiore, inge- gnere e pres idente della F ond azione G ianfranco Dioguardi. Com'era Chicago negli anni V en ti, q u an d o il "C h icago Tribune" indice il concorso a cui partecipa Dioguardi? Negli anni '20 la storia di Chicago è segnata da un forte sviluppo urbano, in particolare le aree centrali, interne e limitrofe al Loop (il grande anello soprae- levato destinato al transito della metro), sono ad alta densità e contraddistinte da uno sviluppo sempre più verticale. Chicago è sottoposta ad una crescita vio- lenta, contando in quegli anni quasi 3.000.000 di abitanti. La mobilità transoceanica determina la trasformazione della popola- zione da pionieri e agricoltori a BARBARA MINAFRA allegoricamente il valore della stampa attraverso metafore e simboli. La commissione, invece, pre- ferirà gli aspetti formali dello stile neo-gotico proposto dalla coppia Hood & Howels, ammi- randone la maestosità e la legge- rezza tipica di un'architettura gotica. Dioguardi propone un'ar- chitettura trionfale, imponen- te: che significato voleva avere il suo palazzo e che contributo avrebbe potuto dare all'archi- tettura americana dell'epoca? Le dimensioni grandiose pon- gono il grattacielo come un vero e proprio faro luminosissimo pensato per produrre sulla città un effetto di grande suggestione. Sembra paradossale vedere, sep- pure con le dovute distanze, come il progetto di Dioguardi e quello di Adolf Loos collimino in una rivendicazione simbolista. Ma mentre il progetto di Loos incarna una volontà anacronisti- ca e ironica, quello di Dioguardi riproduce la glorificazione della stampa in una celebrativa monu- mentalità. Allo stesso concorso è la matrice di scuola europea a inaugurare una riflessione sul grattacielo attraverso l'uso di forme e linguaggi nuovi fondati nella scala del design, ma in grado di stabilire un rapporto con la dimensione urbana. Dioguardi si confronta con la progettazione di un gratta- cielo che dell'America sono un po' il simbolo, ma che in Italia non era poi una costruzione così diffusa e comune, soprat- tutto a quel tempo. In questo, infatti, Dioguardi dà prova di una grande capacità immaginifica confrontandosi con l'idea del grattacielo statuniten- se, in particolare confrontandosi con le tendenze più storicistiche. La sua partecipazione rac- conta, indipendentemente dal risultato, di una personalità ambiziosa: partendo da una piccola e sconosciuta Bari anni Venti, "osa" confrontarsi con il mondo e con l'America che allora era la terra promessa di milioni di emigranti. Saverio Dioguardi si trova in un certo senso ad appartenere e a ereditare lo spirito più rappresen- tativo della cultura ottocentesca e di quella più spregiudicata che caratterizza gli inizi del Novecento. Tuttavia, in questo riferimento anagrafico non pos- sono tralasciarsi i nomi di E. Bas ile, R. D 'O ronco e G . Sommaruga che, direttamente e indirettamente, forniscono le basi morfologiche per una suggestiva visione della tradizione eclettica. Allo stesso modo l'opera di G. Sacconi, riassunta nel Vittoriano, che viene inaugurata nel 1911, riveste un ruolo importante per la comprensione della sua voca- zione rivolta ad una profusa monumentalità, ad una candida neo-archeologia e a una dimen- sione simbolica e scultorea. Quale era il suo concetto di architettura e quali opere ha lasciato a casa sua? Nel suo lavoro si evidenzia il rapporto con la storia, con gli avvenimenti sociali, culturali e politici. Tutto questo consente di riconoscere la figura dell'archi- tetto-imprenditore sia nella sua fragilità sia nella sua autorevo- lezza. Se da un lato, infatti, si scopre una maniera di ragionare s ui temi dell'architettura in forma sommessa e intimistica, dall'altro si sente la volontà di far prevalere la propria compe- tenza con un linguaggio più ambizioso e pieno di personalità. Questa dualità interna all'archi- tetto rappresenta le tensioni più contraddittorie, ma anche più vere in cui il progetto architetto- nico nasce. Tra le opere più emblemati- che e rappresentative realizzate da Dioguardi, il caso del Circolo Canottieri Barion (1930-33) dimostra una possibile eresia all'interno di un establishment spesso inaridito dalle semplici- stiche caratterizzazioni naziona- listiche. Il progetto, infatti, segna le premesse a una poetica della forma in grado di comprendere e risolvere la dimensione spaziale dell'edifico in un'articolazione complessa fatta di frammenti architettonici e stilistici che si sovrappongono al linguaggio metaforico dei riferimenti navali. Il Barion sembra, così, aprirsi a una possibilità espressiva dove l'astratta ideologia cede il posto a un vocabolario più plastico fatto di volumi semplici, ma concatenati da elementi curvili- nei dove la vibrazione della luce si pone in un rapporto di conti- nuità con il nuovo e il moderno. uomini d'affari e industriali. Sono gli albori del capitali- smo, anni caratterizzati da vita- lità e ricchezza ma anche da disordine e criminalità. In que- sto contesto la carta stampata assume un ruolo indispensabile per la società: nascono le inchie- ste sui bassifondi della metropo- li e il giornalismo di denuncia. E in questo scenario il "Chicago Tribune" è la principale testata giornalistica del Midwest degli Stati Uniti. Oggi partecipare a un con- corso internazionale è facile: i bandi si trovano su internet. Ma allora? Come Dioguardi è venuto a conoscenza del con- corso? Q uello per il "Chicago Tribune" è tra i concorsi più importanti nella storia dell'ar- chitettura. In particolare rappre- senta il primo concorso a premi, aperto a tutto il mondo, bandito per un edificio privato. La cono- scenza del bando è certamente nota a Dioguardi attraverso le riviste di architettura: il bando viene, infatti, pubblicato in più lingue, sulle maggiori testate specializzate dell'epoca. Delle oltre 2000 domande di ammis- sione, vengono selezionati 263 progettisti su scala mondiale, tra questi, nove sono italiani. Quali erano le caratteristi- che del progetto presentato e quale invece ha vinto? Il progetto presentato per la sede del "Chicago Tribune", si caratterizza per una vocazione "eminentemente monumentale" e per una carica simbolica che punta alla glorificazione della stampa e in particolare del gior- nale che l'edificio intende rap- presentare. Il progetto si compo- ne di tre parti: la parte basamen- tale, segnata da un grande porta- le di accesso sormontato da una quadriga guidata da una statua simboleggiante la stampa; il grande arco trionfale; il globo terrestre in cristallo sorretto da quattro gruppi scultori simbo- leggianti le quattro parti del mondo. Una marcata carica celebrati- va determina l'impatto visivo. L'idea è quella di rappresentare Francesco Maggiore, presidente della Fondazione Dioguardi Il progetto per il Chicago Tribune dell'architetto barese Saverio Dioguardi Sfida architettonica made in Italy al 'Chicago Tribune'