L'Italo-Americano

italoamericano-digital-1-7-2016

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GIOVEDÌ 7 GENNAIO 2016 www.italoamericano.org 37 L'Italo-Americano ITALIAN SECTION | CULTURA ARTE LIBRI PERSONAGGI differenze. Nasco ogni mattina e fortunatamente non ho la disgra- zia di dover timbrare un cartelli- no, anche se l'ho fatto nelle cave di marmo dove lavoravo per quindici ore al giorno. Quindi parlo con cognizione di causa. Quando mi alzo se ho voglia, scolpisco, se mi va di scrivere, scrivo. Ogni giorno nasco in modo diverso, non m'impongo nulla. Se ho voglia di camminare s arò un camminatore. S e ho voglia di bere, un bevitore. La cosa importante è imparare a togliere nella vita, non aggiunge- re. Togliere parole, togliere legno, togliere movimenti inutili. La vita è una sintesi, e va vissuta come tale. Purtroppo l'uomo continua ad aggiungere, per avere. I nuovi faraoni, non quelli dell'Egitto, ma quelli cinici che sfruttano qualunque situazione pur di fare soldi, sono quelli che ci hanno reso eroinomani di oggetti. Siamo schiavizzati da questa gente, che ci ha inculcato l'idea che se hai qualcosa sei qualcuno, altrimenti non vali nulla. L'uomo si è fatto prendere dalla droga delle cose. Se non ha l'auto di un certo tipo si sente defraudato della propria personalità. Rudolf Steiner nel 1923 previde che il demonio sarebbe venuto sulla terra non sottoforma di capra, ma in forma di denaro. Ma poi per avere che? Per avere la barca, la villa…! Questo accade perché sono persone vuote e il vuoto non si riempie con il denaro. Quando si riuscirà a insegnare alle nuove generazioni che il denaro serve sì per vivere, ma che è da disprezzare dopo un certo punto, forse ci sarà qualche speranza. Le sue sculture sul maggio- ciondolo, ma anche su altri legn i, en tu s ias man o gen te comune ed esperti per la deli- catezza dei corpi femminili che scaturiscono da un legno tanto duro quasi fosse roccia. Chi ha durezza es terna, ha sempre il cuore tenero. Il mag- giociondolo non è il mio legno preferito, adoro il pino cembro, perché è dolce e profumato. Quando lo lavori ti viene incon- tro con il suo profumo che dura tutta la vita. Il maggiociondolo è un legno diverso ed è fasciato da venature particolari. Il corpo femminile possiede delle dolcez- ze, delle curve, parlando in senso artistico, che si adagiano perfet- tamente al maggiociondolo levi- gato e scolpito. È un legno che rispecchia la vita. Invecchiando si scurisce, come noi. Diventando vecchi si diventa più taciturni, più s curi, più ombrosi e anche più deboli. La stessa cosa accade al maggio- ciondolo. Nel momento in cui lo scolpisci, lo scopri, lo metti a nudo e da quel momento in poi va incontro alla vita. A quel punto prende coscienza di quello che lo circonda e si lascia anda- re. La vita in bella copia di Mauro Corona: nasco ogni mattina " La vita si scrive in brutta copia, dicev a Ernes to Sabato, e ha ragione per- ché non abbiamo il tempo di riscriverla o rettificarla. Hai un'occasione sola e non la devi s precare. Il problema non è invecchiare, ma invecchiare senza aver perso tempo". Cos ì a L'I talo-Amer ican o Mauro Corona, scrittore, alpini- sta e scultore italiano. Alpinista, scultore, scrittore, u omo d i mon tagn a ch e s i è affermato in ogni impresa: da dove scaturisce tanta forza? Scrivere, scolpire e arrampica- re mi servono per vivere e andare avanti nei giorni, negli anni, nel tempo. Sono un nutrimento di cui ho bisogno. Tutto quello che ho fatto, anche se viene superfi- cialmente inteso come una mani- fes tazione di energia, o di volontà di emergere, l'ho voluto per curarmi la malattia del vive- re. Alcuni cercano la salvezza in altre cose: droghe, soldi, succes- so, paradisi artificiali, ville con piscina, attici da 700 mq, auto- mobili e molto altro. Io ho cerca- to rifugio nelle cose che hai elen- cato. Le sue narrazioni portano il lettore a vivere le situazioni in prima persona. In poche paro- le il lettore compie un dialogo con la natura. Come riesce a farlo? Sarebbe arrogante da parte mia se avessi uno scopo preciso. Io racconto storie e siccome cono- sco l'ambiente che descrivo e che ho vissuto in prima persona le situazioni narrate, mi viene facile trasmetterle. Senza alcuna vanità, dico che narro ciò che ho vissuto. Alle volte esterno sensa- zioni che possono essere malin- coniche, altre esuberanti o gioio- s e. S ono tracce ch e res tano profonde dentro di me… non faccio altro che esternarle e por- tare il lettore alla sua primitività. Un tempo l'uomo e la natura vivevano in simbiosi, e vi era una relazione attiva e costante con essa. Oggigiorno questo non avviene più, l'uomo ha perso il contatto con la natura. Io non faccio altro che condur- re il lettore verso quella parte "selvaggia" che è indelebile den- tro di lui, ma che oramai è sepol- ta da mille inutili recite e atteg- giamenti di difesa. Basta solo aprire quella porticina… Ha vissuto la tragedia del Vajont da ragazzo: cosa ha rappresentato nella sua vita quella terribile onda che si è letteralmente mangiata vite e culture? Con il Vajont si sta cavalcando troppo l'onda. È giusto ricordare i morti e bis ogna farlo con serietà e sobrietà. Non voglio ini- ziare una polemica, ma mi per- metto di dire che fare il supersti- te sembra diventata una profes- sione. Non è una cosa dignitosa, il dolore non va sbandierato. A me del Vajont è rimasto come un incanto, e non è una nostalgia di un poeta decadente. Noi erava- mo qui, un popolo tranquillo, ho canta nemmeno più. Tutto è stato sepolto dalla ghiaia, dalla frana. Chi è nato dopo la tragedia si sta lentamente dimenticando di cos'è accaduto. Chi ha vissuto in appare una crisi vera, non come quella che è in atto adesso. Ho scritto un libro in merito a questa faccenda: La fine del mondo storto. Gli esseri umani si com- SOFIA BRIGADOI scritto un libro su questa storia: La voce degli uomini freddi. Il Vajont era un torrente che dava la vita, che faceva girare mulini, segherie, torni… Eravamo un paese di artigiani, perché c'era la forza motrice, l'acqua. Tutto questo era legato da un'amicizia costretta, erava- mo costretti all'amicizia, perché era d'obbligo darsi una mano. C'erano le risse, le diatribe, i dis- s idi ma erano s uperati dalla necessità di essere uniti, perché se toglievi un grano dalla corona del rosario, questa si spezzava. E tutti ne erano consci. L'armonia che regnava a quei tempi in soli tre minuti è scom- parsa. In tre minuti la nostra civiltà che era fatta di mani e di cultura della terra, delle stagioni, della fienagione, del taglio del bosco, si è volatilizzata e non è mai più tornata. Non sono solo morte delle persone, che è dolo- rosissimo, ma si è cancellato un intero patrimonio di conoscenze. Il tessuto sociale si è disfatto. Non ho più visto il Vajont, non quel paradiso terrestre fa fatica a perdonare e rassegnarsi al fatto che tutto ciò che è successo a causa di uomini cinici, assetati di denaro e di ambizioni private. Ma non è cambiato nulla. Si continua s ulla s tes s a s trada: rubano l'acqua, rubano la terra. Anche nelle zone che sono pret- tamente turistiche, si sfrutta la terra, la si strizza, per fare soldi, perché ci hanno insegnato che le persone intelligenti e scaltre sono quelle che fanno fortuna. Se poi va a s capito dell'ambiente, pazienza, purché tutto questo porti al successo, al "benessere". Ci si china al turista, ma è sba- gliato. Noi ci siamo inginocchiati ai prepotenti e abbiamo pagato. P iegars i alla prepotenza del denaro prima o dopo si paga! Più volte si è scagliato contro la gestione di una montagna addomesticata, ridotta a circo, banalizzata. È possibile ripren- dere un percorso culturale e identitario? No, non è possibile. Questo non accadrà mai finché non portano come le cicale: fin che va bene, bene, poi si vedrà. L'uomo non ha la lungimiran- za di guardare avanti e purtroppo nemmeno indietro. Se la gode e non pensa ai danni che può inne- scare con quest'atteggiamento. Negli ultimi anni pervade nel- l'uomo un nichilismo sfrenato, ha capito che la vita è corta e piena d'inciampi, di magagne, di dis grazie, quindi pens a che morto io, morti tutti. Questo è un nichilismo che mi fa paura. Non c'è nemmeno più un freno inibitorio che era la fede, il Cristianesimo. Ora se ne fregano e i primi a farlo sono proprio loro, cardinali e vescovi. Uno pensa: mi hanno messo qui e quindi mangio, bevo, me la godo e quando sono morto chissene- frega di chi viene dopo. Ecco il principio della fine. Quando una persona ragiona così, è finita. Ritorniamo alle espressioni artistiche. Scrivere e scolpire: dove e quando s'incontrano queste arti? Scrivo e scolpisco, non faccio L'alpinista friulano, scultore ligneo, prolifico scrittore e uomo di montagna Mauro Corona

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